Si è conclusa venerdì 27 settembre, con un incontro dal titolo “Siamo alla fine di un’epoca: i cattolici e l’Italia di oggi”, la festa di Vita Nuova. Per l’occasione è stato invitato a parlare Luigi Amicone, giornalista e direttore del settimanale Tempi. Il senso del tema proposto lo spiega subito, in apertura dell’incontro, il direttore di Vita Nuova Stefano Fontana: l’epoca che finisce è questo ventennio inconcludente. Il giudizio sul momento politico è contrassegnato da una doppia preoccupazione: da un lato non si sono risolti i problemi dell’Italia (la stasi su riforme istituzionali ed economiche è totale), dall’altra la secolarizzazione sul fronte dei temi etici avanza. Perfino nei momenti “tecnici”, o comunque “neutri” dal punto di vista delle scelte politiche (governi Monti e Letta), la secolarizzazione ha fatto i suoi passi. D’altra parte il momento elettorale — aggiunge Fontana — viene affrontato dai cattolici senza una vera cultura politica. Dunque la dissociazione fra fede e politica aumenta. Da questo punto di vista la formula «marciare separati, per colpire uniti — dice Fontana — non ha funzionato molto».
In effetti — conferma Amicone — la situazione è preoccupante: «È un’onda di conformismo che diventa sempre più rieducazione». In particolare per il direttore di Tempi il vero nemico sul fronte etico e antropologico è la cosiddetta agenda Lgbt (o ideologia del gender che dir si voglia). «Questo è lo scontro del secolo — dice Amicone —, lo scontro contro l’ideologia Lgbt che pretende di sconvolgere tutti i fondamentali. È il tema della produzione di nuova umanità: è un altro mondo che si tende a costruire, con la buona fede delle utopie». In una situazione del genere si è chiamati tutti a rimanere vigili, come la sentinella nella notte di biblica memoria, cercando di testimoniare la possibilità di una umanità diversa. Infatti, continua Amicone: «Io sono cattolico perché ho incontrato delle persone, un uomo in particolare (don Giussani), che ha cercato di essere uomo fino in fondo». E ancora: «Il Cristianesimo è questa cosa qui: una umanità diversa nel mondo che ha creato una civiltà». Questa civiltà oggi viene messa in discussione. L’uomo è sempre meno libero e sempre più pilotato dagli Stati, che giocano con le masse come fossero pezzi di un domino, in funzione del potere e dei consumi che le varie ideologie veicolano. Di solito gli input partono dall’America (quella “obamiana” in modo particolare), e come un vento inarrestabile arrivano in Europa (vedi leggi su matrimonio gay in Francia). Quando nel 2011 la rockstar Lady Gaga viene a cantare a Roma per sostenere l’agenda Lgbt è chiaro a tutti che il nuovo corso è stato lanciato, e promana dagli Stati Uniti. Questo il quadro preoccupante delineato da Amicone. Che fare allora? Il punto di opposizione sta nell’educazione: è necessario che la Chiesa ritorni a educare gli uomini. Una educazione alla fede e all’umanità vera, non il vacuo moralismo che ha stufato la gente. Da questo punto di vista come cattolici si è stati carenti: «dovevamo batterci per la libertà di educazione: non abbiamo fatto l’unica cosa che dovevamo fare». E così «l’istupidimento va avanti da decenni», senza che nessuno abbia fatto nulla. Sembrerebbe un quadro molto pessimistico, e in parte lo è, però la Chiesa nella sua storia ha sempre affrontato epoche buie, dalle quali è uscita grazie a «uomini che hanno portato nel mondo un contagio che non è il moralismo, e che spalanca il cuore». Poi c’è la situazione politica e istituzionale complicatissima in cui ci troviamo. È il lascito di vent’anni di lotta civile tra i poteri dello Stato, con una magistratura che, secondo Amicone, ha «fatto saltare il patto costituzionale». In altre parole c’è in Italia uno squilibrio tra i poteri, se è vero che «nei fatti un pm può chiudere l’Ilva, può fermare qualsiasi azienda, mentre la politica non ha lo stesso potere». Di carne al fuoco ce n’è abbastanza, del resto Amicone è un tipo frizzante e senza peli sulla lingua.
La conclusione, però, dopo un breve momento di dibattito col pubblico, è di Mons. Crepaldi: «Le sfide oggi — conferma l’Arcivescovo — sono particolarmente acute sul fronte dell’umano». La Chiesa ha un grande compito, che è anche una grande responsabilità: quella di prendersi cura dell’umano. «Spesso si sente ripetere in giro la domanda preoccupata: quale terra lasceremo ai nostri giovani?; io — ha concluso mons. Crepaldi — invece mi chiedo: quali giovani lasceremo alla nostra terra?».
(foto di Francesco La Bella)
Lascia un commento