Associazione Idea: 10 anni di attività




Nell’antichità la chiamavano malinconia. I suoi effetti, noti anche con l’evocativo nome di “vapori”, erano attribuiti ai malefici influssi di un pianeta infelice come Saturno. Tra i diversi umori, che per primo Ippocrate classificò in sangue, flemma, bile gialla e bile nera – ciascuno a sua volta legato ad un determinato temperamento -, la bile nera, o atrabile, venne ritenuta la causa della tetra malinconia.

Oggi la chiamano “depressione”, o male oscuro. Si dice che sia in preoccupante aumento. Di qui le più diverse iniziative per aiutare chi ne è vittima. L’associazione Idea, nata a Trieste nel 2004, è un Istituto per la ricerca e la prevenzione dell’ansia. In questi giorni ha festeggiato i suoi dieci anni di attività con una serie di incontri, occasione per conoscere in modo chiaro e obiettivo questa malattia così diffusa eppure ancora così sconosciuta.

Dicono che Trieste sia una città di malinconici e lunatici, forse a causa della bora, vento aggressivo che certe notti d’inverno urla come una schiera di baccanti. Può darsi che sia vero, il che non deve rattristarci. Fin dall’antichità infatti, questa misteriosa condizione dell’anima si è manifestata con una fisionomia ambivalente: male oscuro che divora tutte le forze vitali, ma anche momento forte di conoscenza delle profonde e misteriose dinamiche della vita e della natura.

Non a caso gli artisti sono sempre stati dei figli di Saturno: creativi eppure oziosi, lucidi ma trasognati, sapienti e tuttavia incapaci di una vita tranquilla e “normale”. Così la malinconia e i suoi effetti a volte devastanti sono spesso finiti sotto lo stigma dell’anormalità, della pazzia e perfino della malvagità. Tutta colpa di Saturno, scriveva Baudelaire, il re dei malinconici. Il poeta francese, che coltivò nella serra della sua infelice anima i “fiori del male”, scrisse le parole più toccanti e vere sui sintomi di questa “malattia”. Tra tutte, le parole con cui racconta il lato più oscuro dell’oscurità: il venir meno, all’improvviso e senza un apparente perché, della luce che illumina tutte le cose, dei colori, delle forme, della pienezza di ogni visione, su cui cala funesta una caligine nera che cancella il mondo. I primi segni che il male è passato sono simili all’aurora e al ritorno del sole e del cielo limpido dopo una giornata di pioggia e nebbia: Baudelaire paragona la vista risanata del malinconico alla ritrovata capacità di vedere nelle cose quello smalto brillante che prima era appannato.

Le cose ci sono di nuovo, i colori guizzano come pesci variopinti in un’acqua chiarissima, le forme sono piene, morbide, tutte da esplorare e riconoscere. Ma da questo viaggio di andata e ritorno dagli Inferi l’uomo non riemerge mai uguale a prima: sempre riporta dall’abisso un piccolo tesoro di nuova saggezza. Perché il dolore è simile anche a una macina che schiaccia il grano per trasformarlo in farina e poi in pane. È simile al torchio che spreme i grappoli per farne del buon vino. Fuor di metafora, vino e pane sono la quintessenza del nostro cibo spirituale, la sostanza profonda della vita.

Questa potenzialità conoscitiva del male oscuro ci rende anche più sensibili al dolore degli altri, ai loro errori e alle loro debolezze. Ci riaccorda ogni volta con noi stessi a livelli via via più elevati di coscienza e ci stringe agli altri nell’abbraccio di un’esperienza condivisa. L’abbraccio forte che si crea quando si vive insieme un’avventura, come la navigazione in un mare tempestoso. C’è il naufragio, poi la paura, lo sconforto. Ma insieme ci si fa compagnia e ci si sostiene. La notte trascorre più veloce. Poi ritorna il sole e in lontananza si vede la linea sinuosa di una riva a cui tendere con il cuore confortato.

Un’associazione come Idea Trieste, con tutte le sue attività che mirano a coinvolgere i famigliari, le istituzioni, l’opinione pubblica e gli operatori dei più vari settori nel percorso di cura di questa malattia, aiuta a sfatare idee errate sul male oscuro, pregiudizi e false prospettive. Soprattutto incoraggia chi soffre ad avere fiducia. I percorsi di guarigione sono sempre più numerosi e articolati.

E poi siamo tutti un po’ figli di Saturno. Tutti malinconici e “biliosi”, a volte. Ricordiamoci che quanto si impara in un minuto di malinconia non si impara neanche in cento giorni di gioia. Specie se la gioia viene confusa con il piacere dell’attimo. Se siamo capaci di soffrire, diventiamo anche più capaci di gioire veramente!

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