“Arriva nelle scuole lo spettacolo sul bambino/bambina. Ma continueranno a dire che il gender non esiste”




Nei prossimi mesi migliaia di alunni italiani dagli 8 ai 16 anni saranno condotti dalle loro scuole a teatro per assistere allo spettacolo “Fa’afafine – Mi chiamo Alex e sono un dinosauro”. La parola Fa’afafine, dicono gli organizzatori dello spettacolo, in lingua Samoa definisce “coloro che sin da bambini non amano identificarsi in un sesso o nell’altro”. Un terzo sesso, dunque. Lo spettacolo teatrale ha ricevuto un forte sostegno a livello istituzionale e sembra pronto a sbarcare nelle scuole italiane. Per impedirlo Generazione Famiglia ha lanciata una petizione online su CitizenGO. Ne parliamo con Filippo Savarese, portavoce di Generazione Famiglia.

Ma che cos’è un “gender creative child”?

Nel mondo reale, ancora composto normalmente di bambini e bambine, niente. Mentre nel mondo guardato sotto l’effetto gravemente allucinogeno dell’ideologia gender sarebbe un adolescente che non intende vivere in modo definito né da maschio né da femmina, variando e rimodulando più o meno a piacimento la sua identità sessuale in modo fluido. È una delle infinite ridicole categorie inventate dai fautori della sessualità fluida per incatenare anche i bambini e le bambine nel loro perverso sistema di riscrittura dell’antropologia naturale: un’operazione criminale visto che sfrutta – se non induce – disagi psichici o relazionali in minori che andrebbero affrontati seriamente in modo clinico e terapeutico.

Ecco il perché del tanto clamore per uno spettacolo teatrale destinato ad alunni tra gli 8 e i 16 anni. Di cosa parla “Fa’afafine”?

Fa’afafine parla appunto di un adolescente che si sente maschio nei giorni pari e femmina nei giorni dispari, e non sa se dichiarare il suo amore per il suo compagno quando veste i panni di bambino o quando quelli di bambina. Insomma, un micidiale mix di confusione totalmente antipedagogica su temi delicatissimi che toccano l’asse portante del sano sviluppo psicoaffettivo degli adolescenti, cioè l’identità sessuale e la relazione affettiva. Che la scuola pubblica porti i nostri figli e nipoti a teatro a bersi un tale veleno per la mente e per l’anima è da rivolta popolare. E infatti in queste ore come Generazione Famiglia siamo riusciti a portare l’attenzione della stampa, della politica e della società su questo scandalo.

Avete lanciato anche una petizione

Sì, tramite la piattaforma web CitizenGO Italia, con cui Generazione Famiglia ha avviato una collaborazione generale su diversi temi. In soli tre giorni abbiamo raccolto quasi 80.000 firme, e quando arriveremo a 100.000 le stamperemo e le porteremo tutte al Ministro Fedeli perché si renda conto del ‘peso’ dell’allarme che stiamo denunciando. Per questo invito tutti a continuare a firmare e diffondere la petizione e ringrazio il Movimento Idea per averlo fatto sin dalle prime ore.

Molti ritengono che sia compito della scuola insegnare ai ragazzi che tipo di uomini e donne diventare. Voi pensate sia giusto?

Assolutamente no, questo appartiene alla vocazione personale di ciascuno. La scuola deve fornire innanzitutto gli strumenti di metodo per attivare nel giovane l’attitudine costante a voler conoscere e apprendere, a interessarsi della realtà usando la ragione e i propri talenti. E questo lo fa concretamente applicandolo su tutto un patrimonio di cultura che si suddivide nelle diverse discipline scolastiche. Ma la scuola non deve dare un imprinting culturale, filosofico, ideologico o religioso alla persona che sta, per così dire, ‘dietro’ allo studente. Anche perché non sarebbe nemmeno opera della scuola come istituzione, ma del singolo docente sulla base delle sue personali convinzioni. Si ridurrebbe insomma a un’opera di puro indottrinamento fondata su un rapporto di forza. Un qualcosa di tipico dei regimi totalitari. Il diritto di priorità educativa sui minori spetta alla loro famiglia.

Sembra tanto ci sia qualcuno dietro l’affermazione della teoria del gender, a vedere l’insistenza con cui viene promossa e diffusa

Ci sono diversi tipi d’interessi. Innanzitutto un interesse ideologico e culturale, propugnato dai movimenti Lgbt in tutto il mondo per mettere a soqquadro l’antropologia su cui si fonda il diritto di famiglia e poter conquistare leggi come quelle sul matrimonio e le adozioni gay e sull’utero in affitto. E poi interessi economici, visto che quello Lgbt è ormai un vero e proprio nuovo settore di mercato in cui girano miliardi di dollari tra turismo, moda, media e spettacolo e molto altro.

In qualsiasi società a noi nota, in qualsiasi epoca della storia, la sessualità è appartenuta allo spazio protetto dell’intimità dell’uomo. Perché oggi la “democrazia sessuale” nel nome degli alti valori della libertà, della tolleranza, dei diritti umani e dell’antidiscriminazione si dà tanto da fare?

Per ultimare il processo di riscrittura dell’antropologia naturale iniziato negli ultimi secoli e che ha visto negli ultimi decenni un’accelerata spaventosa. Un nuovo progetto di umanità in cui le persone siano monadi senza identità salda e radicata e senza possibilità di unirsi tramite relazioni comunitarie solide e stabili. Gruppi di singoli solitari che comprano, leggono, pensano e votano a comando. Per questo si distrugge la famiglia, per questo si distruggono i corpi intermedi come le associazioni di categoria e altri enti sociali. La guerra all’identità sessuale naturale, maschile o femminile per nascita, è l’ultima battaglia di questa guerra antropologica. Vogliono farci credere che possiamo essere quel che vogliamo, perché in quel giorno non saremo più niente per davvero.

di Lorenza Formicola

Fonte: https://www.loccidentale.it

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