Approfondimento giuridico dei diritti-doveri dei genitori e figli nella normativa italiana
GARANTIRE E TUTELARE UNA CRESCITA ARMONIOSA DELLA PROLE
La lettura di alcuni articoli apparsi sulla stampa hanno fatto scalpore: figli strappati ai genitori perché essi versavano in condizioni economiche precarie, per non dire di povertà, che non garantivano di poter allevare la numerosa prole, oppure genitori troppo anziani per accudire “adeguatamente” la propria figlioletta. Sono stati interventi e provvedimenti pesanti che inducono a soffermarsi sulla portata dei diritti dei genitori nei confronti dei propri figli, soprattutto con riguardo alla libertà di educarli.
È innanzitutto necessario ricordare che la normativa italiana – al pari delle legislazioni europee e di quelle più evolute -, nella stessa rubricazione degli articoli e nella sostanza del dispositivo di legge, antepone ai diritti dei genitori i loro doveri. Questo è sicuramente un punto di partenza per le successive riflessioni poiché non vi sono diritti senza correlativi doveri.
La “responsabilità genitoriale”
Partendo dal principio dettato dall’art. 30 della Costituzione, il Codice Civile agli articoli 147 e 315 bis regolamenta i diritti e doveri dei genitori nei confronti dei figli – siano essi nati nel matrimonio o al di fuori di esso – riconoscendo agli stessi il diritto di essere mantenuti, assistiti, educati ed istruiti «nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis» norma che, a sua volta, nel riconoscere i diritti dei figli, evidenzia come gli stessi abbiano il «diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti», oltreché il diritto di essere ascoltati in tutte le questioni e le procedure che li riguardano qualora abbiano compiuto gli anni 12, ovvero siano di età inferiore ma abbiano maturato un’apprezzabile capacità di discernimento.
Già la semplice lettura delle norme del Codice Civile dimostra che il legislatore più che preoccuparsi di regolamentare i diritti dei genitori ha avuto cura, giustamente, di stabilire quali sono i diritti dei figli, cui corrispondono precisi doveri dei genitori. I figli, infatti, non chiedono di nascere e la procreazione deve essere un atto consapevole e responsabile che, anche quando inaspettato e non ricercato, impone ai genitori di fornire al figlio quanto necessario per una crescita armoniosa sia in senso affettivo/morale sia in termini economici e non a caso il legislatore ha di recente sostituito il concetto di “potestà genitoriale” con quello di “responsabilità genitoriale”, focalizzando appunto l’attenzione sull’importante compito che ogni genitore è chiamato a svolgere.
Situazioni pregiudizievoli per il minore
Ma che succede quando uno o entrambi i genitori non è in grado o omette di svolgere i propri doveri verso la prole?
Il Giudice nei casi più gravi, ovverosia quando il genitore viola o trascura i doveri inerenti la responsabilità genitoriale o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio, può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale. In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore. Trattasi in ogni caso, di provvedimenti atipici ed eccezionali, cui l’Autorità Giudiziaria ricorre (o dovrebbe ricorrere) solo laddove nessun’altra soluzione meno radicale si prospetti efficace per la tutela del minore.
Quando la condotta dei genitori non è così grave da dar luogo ad una pronuncia di decadenza ma è comunque pregiudizievole per il figlio, il Giudice può adottare provvedimenti “convenienti” ai sensi dell’art. 333 del c.c. e ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.
Se, da una parte, è piuttosto facile individuare situazioni pregiudizievoli per il minore quando nell’ambito familiare accadono fatti di gravità tale da far temere per l’incolumità fisica e psichica del minore, quali violenze psico-fisiche, abusi sessuali, tossicodipendenze, alcolismo etc., vi sono altri casi in cui l’ingerenza esterna rispetto al ruolo genitoriale può destare quanto meno forti perplessità, se non addirittura rivelarsi dannosa per lo sviluppo psico-fisico del minore.
Evidentemente in questi casi l’interpretazione della legge e l’applicazione delle norme è “fluida” poiché il Giudice deve adattare le proprie pronunce sulla base di parametri usualmente accettabili nella società odierna (il c.d. comune sentire), ma sempre nell’interesse materiale e morale della prole.
Ruolo dei servizi sociali
Occorre evidenziare che in simili fattispecie un ruolo assolutamente fondamentale (e talvolta persino determinante) è attribuito ai Servizi Sociali: si pensi, infatti, al potere riconosciuto dall’art. 403 del c.c. alla Pubblica Autorità – in primis ai Servizi Sociali – di allontanare d’urgenza il minore «quando è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui», prima ancora che quel caso arrivi sul tavolo del Giudice. O ancora, al ruolo che i Servizi Sociali rivestono nell’ambito dei procedimenti concernenti la responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli minori, nell’ambito dei quali i servizi hanno il potere – di fatto – di decidere addirittura la collocazione abitativa del minore e i suoi rapporti con la famiglia d’origine, anche se tali aspetti dovrebbero essere decisi esclusivamente da un Giudice nell’ambito di un procedimento che garantisca appieno il diritto di tutte le parti coinvolte.
Senza voler criticare un organo che in moltissimi casi tutela e garantisce i diritti dei minori e supporta le loro famiglie e ribadita la delicatezza e la complessità degli interventi in alcune vicende familiari, tuttavia, non può tacersi come in alcuni casi si verifichino “eccessi di potere” estremamente pericolosi per i genitori, ma soprattutto per i minori nel cui preminente interesse si dovrebbe agire.
Sul punto appare alquanto significativa la pronuncia della Corte di Cassazione n. 20928/2015, con la quale il Supremo Collegio ha censurato l’“imperizia” degli operatori dei Servizi Sociali che avevano allontanato d’urgenza una bambina di soli due anni dai suoi genitori sulla base della mera segnalazione di possibili molestie sessuali perpetrate dai genitori ai danni della figlia, decisione ratificata senza alcuna istruttoria dal Tribunale per i Minorenni ma poi rivelatasi assolutamente infondata. In tal caso, il Comune è stato condannato al risarcimento del danno in favore dei genitori ai sensi dell’art. 2049 c.c.
Ne consegue evidentemente che ogni decisione in punto esercizio della responsabilità genitoriale dovrebbe essere assunta, soprattutto nei casi dubbi o privi di prove evidenti circa la situazione di pericolo/pregiudizio del minore, solo ed esclusivamente a fronte di un’indagine approfondita sulla situazione familiare, sulle condizioni psicofisiche del minore e sull’effettiva capacità genitoriale dei genitori, mentre purtroppo talvolta si assiste a decisioni invasive della sfera familiare adottate senza i dovuti rigorosi approfondimenti.
Tutela del minore
e compressione dei diritti dei genitori
Infatti, oggi si rileva una maggiore attività di intervento da parte dei servizi sociali, allertati dalla scuola, dai vicini di casa, da chiunque sia a conoscenza di fatti potenzialmente compromettenti per lo sviluppo psicofisico del minore il che se da un lato costituisce maggiore tutela per i bambini, talvolta può tradursi nella compressione dei diritti dei genitori di allevare istruire ed educare i figli secondo i propri dettami, oltreché in esperienze drammatiche per i minori, i quali sono i primi a soffrire gli “errori” di un sistema i cui obiettivi di garanzia e di protezione del minore sono senz’altro nobili e giusti, ma non sempre vengono raggiunti.
Tale atteggiamento di interventismo sussiste anche nei riguardi di soggetti anziani che, al pari dei bambini, costituiscono quella fascia di persone “deboli” bisognose di maggiore tutela. L’istituto dell’amministrazione di sostegno attivata d’ufficio è prassi costante e talvolta – al di là delle giuste cautele imposte per assicurare una vita dignitosa, cure mediche adeguate e stile di vita economicamente equilibrato dell’anziano – impone limitazioni a diritti individuali elementari nei confronti di soggetti che, pur essendo molto anziani, sono perfettamente lucidi e – a dir il vero – avrebbero tutto il diritto di vivere gli ultimi anni o mesi come credono, anche se parenti famelici e desiderosi di lasciti ed eredità potrebbero restare a bocca asciutta
Non sempre, dunque, i provvedimenti appaiono tutelare l’interesse dei minori perché l’ablazione di diritti elementari quali quello di crescere i propri figli potrebbe anche creare più danni che benefici. Eccettuati i casi palesi in cui il minore subisce grave pregiudizio a causa della condotta commissiva ovvero omissiva dei genitori, è giusto che un figlio venga strappato dalle loro braccia per essere dato in affido familiare o collocato presso una comunità di accoglienza solo perché i genitori non appaiono in grado di educarlo e mantenerlo “adeguatamente” secondo canoni standard ovvero quando vi è il mero sospetto che il minore possa subire pregiudizio nel suo sviluppo permanendo nella sua famiglia d’origine?
Necessità di misure di supporto alla famiglia
Lungi dal voler fornire una risposta risolutiva a queste domande controverse, per le quali non si può prescindere da una valutazione caso per caso, questo intervento vuole semplicemente fornire uno spunto di riflessione su questo delicato tema, pur rimarcando con convinzione che l’habitat naturale di un figlio è la sua famiglia ed egli ha il diritto di pretendere – mediante gli organismi di tutela a ciò preposti e laddove ciò sia effettivamente possibile – che siano i suoi genitori a prendersi cura di lui, assumendosi l’obbligo di adempiere a quei diritti-doveri che costituiscono la responsabilità genitoriale nel senso più ampio di questo concetto.
A parere di chi scrive, infatti, la tutela dei minori nel loro status di figli dovrebbe avvenire in primo luogo mediante la previsione di misure di supporto ed aiuto morale ed economico ai genitori che versino in condizioni di difficoltà tali da poter – seppur involontariamente – arrecare pregiudizio alla prole, eventualmente anche con l’adozione di provvedimenti che attenuino ma non eludano del tutto i diritti ed i doveri dei genitori verso i figli.
Solo in ultima istanza, laddove soluzioni più morbide non siano praticabili ovvero non abbiano dato l’esito sperato, allora sarà necessario ed opportuno un intervento ablativo da parte dall’Autorità competente, seppur obbligatoriamente preceduto da un’approfondita indagine sulla singola realtà famigliare nella quale lo Stato è chiamato ad intervenire a tutela dei soggetti più deboli.
Martina Bossi e Daniela Subani
Avvocati del Foro di Trieste
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