La Commissione lavoro della Diocesi è contraria all'apertura domenicale dei negozi che impedisce di vivere la Festa della Domenica alle famiglie.

Aperture domenicali dei negozi: i cattolici non se ne avvalgano




Rinunciare agli acquisti della domenica: è l’unica arma rimasta ai fedeli per ostacolare un’abitudine consolidata che ha declassato la domenica a un comune giorno lavorativo, svuotandola di ogni significato. È il messaggio lanciato su Vita Nuova della scorsa settimana da Gianfranco Zanolla, presidente della Commissione diocesana per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, e la custodia del creato. L’occasione per riaffermare quanto espresso già nel 2012, è stata l’imminente entrata in vigore della legge regionale sul commercio approvata ad aprile. Una legge che impone a tutti gli esercizi la chiusura in 10 giorni all’anno (1 novembre, 25 e 26 dicembre, 1 gennaio, 25 aprile, 2 giugno, 1 maggio, Pasqua, Pasquetta e 15 agosto). Tantissimi gli esercenti che hanno protestato in sede regionale attraverso i rappresentanti dei Consigli delle autonomie locali, mentre il Comune, per aggirare direttamente l’ostacolo, ha chiesto che la città sia riconosciuta “località turistica”.

«Contrariamente a quanto sta accadendo, la Commissione diocesana per i problemi sociali e il lavoro apprezza la legge regionale sulla regolamentazione della chiusura obbligatoria degli esercizi commerciali», precisa Zanolla, «e non si trova affatto d’accordo con chi richiede l’apertura delle attività sette giorni su sette, salvo quei servizi necessari alla tutela dei cittadini (sanità, polizia, vigili del fuoco,… ndr)».

Una questione di significato

Per i cattolici la domenica è festa perché è il giorno della Resurrezione di Cristo, come ha anche richiamato San Giovanni Paolo II nella lettera apostolica “Dies Domini”. È anche quel giorno di riposo che consente alla persona di investire nella sua crescita personale e della sua famiglia. «Negli ultimi anni — si legge nella Nota del 2012 scritta dalla Commissione diocesana per il lavoro, in occasione del Sinodo diocesano — si è aggiunto il lavoro domenicale sia nel commercio, sia nell’industria, al fine di mantenere quote di mercato e di guadagnare di più a scapito dell’essere di più».

«Capisco che molti gestori scelgano l’apertura domenicale per far fronte alle spese — prosegue il presidente della commissione diocesana — ma non è nemmeno possibile privare le persone della propria vita, facendo indirettamente soffrire le loro famiglie. Mi ha molto colpito, ad esempio, la lettera in cui una donna costretta a lavorare la domenica raccontava di come il rapporto con sua figlia si fosse deteriorato proprio a causa del suo impiego».

Non siamo soli

Ad opporsi alle aperture sette giorni su sette, però, non sono solo i cattolici: «Tutte le organizzazioni sindacali sono, in linea di massima, contrarie alle aperture domenicali», spiega Gianfranco Zanolla. «C’era anche stata, tempo fa, l’iniziativa condivisa dei panificatori triestini per non produrre più il pane la domenica: una scelta a cui molti supermercati recentemente hanno risposto, purtroppo, ricorrendo al pane sloveno, che costa meno, grazie anche a un sistema fiscale decisamente più leggero». «Due o tre anni fa, infine, la Confcommercio aveva presentato in Parlamento una proposta di legge su iniziativa popolare per tenere chiusi gli esercizi la domenica. Peccato che il documento sia stato accantonato e continui a dormire in qualche cassetto, in attesa di essere preso in considerazione». Di fronte alla legislazione europea sul libero commercio e alle pressioni dei grandi venditori, insomma, sembra non si possa fare nulla.

L’appello ai commercianti e alla comunità

E invece qualcosa si può fare: «Come Commissione invitiamo ad essere solidali con chi è chiamato a lavorare nel commercio nei giorni festivi, rinunciando agli acquisti, non indispensabili, in quelle giornate e adottando stili di vita meno consumistici», conclude il presidente. «Ma invitiamo la comunità diocesana soprattutto a riscoprire il significato della festa e il senso di viverla. Abbiamo riscontrato una certa carenza nella formazione di chi vive la Chiesa, sia nel rispetto dei precetti che nella partecipazione alla messa, che non è più gioiosa come un tempo».

Adoperarsi per riaffermare l’importanza del giorno di festa, insomma, significa anche adoperarsi per ridare priorità alle Celebrazioni domenicali, per riscoprire il significato della domenica, per ricreare occasioni di gioia comunitaria, per formare i giovani al senso del lavoro come vocazione e non come costrizione.

Resta fermo l’appello ai commercianti e agli imprenditori cristiani affinché riconsiderino la scelta di far lavorare i dipendenti nei giorni di Festa, adottando politiche e strategie produttive diverse.

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