Prima il degrado del parco di Miramare, poi la chiusura del sentiero Rilke e a seguire la notizia del Teatro romano ridotto ad un acquitrino popolato da rane e girini. Adesso è la volta della libreria “La Fenice”, una delle più amate e frequentate dai triestini.

Anche la libreria “La Fenice” chiude




Prima il degrado del parco di Miramare, poi la chiusura del sentiero Rilke e a seguire la notizia del Teatro romano ridotto ad un acquitrino popolato da rane e girini. Adesso è la volta della libreria “La Fenice”, una delle più amate e frequentate dai triestini: è di qualche giorno addietro la notizia della sua chiusura per fallimento, con 500.000 libri destinati ad un magazzino di via Caboto e che forse l’intervento delle istituzioni salveranno dal macero.

Al di là delle tante possibili spiegazioni di questo fallimento, a noi interessa esplorare il suo significato culturale. Io ricordo il periodo in cui la libreria portava il nome del nostro Italo Svevo ed era sempre affollata da una clientela molto eclettica: il lettore medio alla ricerca delle ultime novità narrative, il lettore amante dei classici, lo specialista esploratore degli scaffali per “iniziati” — storia, filosofia, scienze umane, mistica e spiritualità — e lo studente attratto dai prezzi scontati dei libri universitari.

Dopo il trasloco e il cambiamento di nome, la libreria si è ulteriormente estesa ed arricchita di libri triestini e di libri antichi di ogni genere, senza contare le pubblicazioni curate dalla casa editrice “Italo Svevo” guidata dallo stesso proprietario della libreria. Tutti questi movimenti all’inizio sono stati letti come il segno di una progressiva crescita dell’attività. Tuttavia, con il passare del tempo e l’avanzare della crisi, anche i locali traboccanti di libri della “Fenice” si sono lentamente svuotati, registrando un’affluenza più nutrita di clienti più che altro in occasione delle festività natalizie. Perché tutto questo? Forse solo a causa della crisi economica? Questa spiegazione farebbe della chiusura di questa libreria uno dei tanti epifenomeni della generale scarsità di risorse e della conseguente contrazione dei guadagni in tutte le attività. Ma qui sembra esserci di più: il retroscena è lo stesso che si intravede quando si pensa a Miramare, al Rilke e al Teatro romano. La letteratura e la cultura stanno andando alla deriva, nessuno è più disposto ad investire, i gusti e i desideri dell’uomo stanno andando in una direzione completamente diversa: svago, superficialità, piaceri, oblio e beata ignoranza. Sono questi i nuovi “barbari” della nostra pur evolutissima ed “onorata” società.

Come tante antiche e preziose biblioteche dell’Occidente vennero distrutte e bruciate dai barbari nel Medioevo, così ora una nuova orda di “barbari” sta travolgendo le forme più alte della nostra letteratura e cultura: si tratta dell’ignoranza, del vuoto interiore, della cecità spirituale, dell’edonismo e della vanità. Non si legge più, se non le idiozie del divo del momento, le ultime trovate dei nutrizionisti per essere sempre “sani e belli” e i “nuovi” ricettari tratti da qualche programma televisivo di cucina, i quali fanno il paio con le diete nell’eterno gioco dello yo-yo (ingrassa e poi dimagrisci e così di seguito). Del resto molti dei classici antichi e moderni che hanno nutrito il pensiero, il cuore e lo spirito di noi europei, appaiono sempre più di rado negli scaffali delle librerie o sono ormai introvabili perfino nei magazzini.

Quale sorte attende chi crede ancora che letteratura e cultura — quelle vere, che ti trapassano l’anima e ti scuotono fino alle radici, rendendo il tuo sguardo sempre più acuto, lungimirante e profondo — siano un nutrimento di cui l’uomo non può e non deve fare a meno, pena il totale fallimento della propria vocazione? Con ciò non si vuole togliere dignità e valore alle menti semplici, che preferiscono leggere la vita direttamente, senza il filtro dei libri. Essere semplici non significa essere ignoranti: la vita in fondo è un grande libro che si può leggere direttamente oppure decantato e filtrato dall’intuizione di altri grandi ingegni a noi affini. Spesso le due vie procedono insieme. L’ignorante è colui che non legge più, in nessun senso, colui che non ha più la consapevolezza che esiste questo libro della vita, questa matrice prima che funge da prototipo per tutti gli altri libri. Dimenticata l’esistenza di questo grande testo ricco di simboli e significati, piano piano l’uomo non saprà più leggere non solo i grandi libri della letteratura, ma la stessa vita intorno a sé e dentro di sé. Si dimenticherà di pensare e quindi di esistere. 

 

Una risposta a “Anche la libreria “La Fenice” chiude”

  1. fg ha detto:

    gentile signora

    credo che la libreria Fenice, ma non solo quella, sia finita proprio perché le cause da lei giustamente lamentate sono state abbracciate in toto da chi doveva preservarla e condurla in porto. Spesso i librai uccidono le loro stesse creature per ignoranza, rincorrono le ultime mode, agognano speculazioni mondane, si dimenticano che cultura e moralità vanno sulla stessa barca, specie quando le onde si increspano. Che cinquecentomila volumi poi finiscano al macero le assicuro non sarà un gran danno di fronte allo scempio quotidiano che si fa della memoria e della cultura di questa città. finirebbero in un magazzino a marcire, così come finirono altri e pessimi, tempo addietro per una simile vicenda, pagati dai soldi di tutti per la misera ricchezza di pochi.
    grazie

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