Mala tempora currunt se il boy scout cattolico Renzi e il democristiano Alfano ci fanno rimpiangere Peppone e i trinariciuti dei tempi di Togliatti.

Almeno con i comunisti si poteva parlare. Triste la realtà se si rimpiange Togliatti




Appassionato cultore di Giovannino Guareschi e del suo mondo piccolo, ho sempre trovato la figura del comunista Peppone non meno affascinante di quella del rude ma mistico (ricordiamo il dialogo quotidiano con il Crocifisso) parroco don Camillo. In fondo l’animo di Peppone, bolscevico e mangiapreti, è animo cristiano, ricco di calda umanità e buon senso paesano. Molte volte mi sono detto che il comunista Peppone potrebbe dar lezioni di umanità e di cristianesimo a tanti (troppi) cattolici adulti dei nostri giorni, laici e chierici. E il passare degli anni me ne dà ogni giorno conferma, oggi come non mai!
Ultima, in ordine di tempo, il dibattito attuale sul ddl Cirinnà che vede molti cattolici (anche chierici, purtroppo anche vescovi), praticamente tutti i così detti cattolici presenti in Parlamento, favorevoli al riconoscimento civile delle unioni concubinarie e, persino, di quelle omosessuali. Non mancano e non sono mancati neppure i cattolici così “adulti” da essere favorevoli alle stesse adozioni gay. Mi sono immaginato il sindaco Giuseppe Bottazzi, nome di battaglia Peppone, a celebrare un simil matrimonio gay … impossibile. La figura umana di Peppone è incompatibile con una simile follia. E Peppone, con i suoi compagni della Bassa, è figura del comunista anni ’50, di quel P.C.I. che, confrontato non con la Sinistra di Vendola ma persino con gli Alfano, appare quasi un gruppo di bigotti bacchettoni.

Viene così quasi da rimpiangere il trinariciutismo ruspante della rossa provincia italiana. Ma allora mala tempora currunt se, da cattolici, siamo costretti a provare nostalgia per i vecchi comunisti.
Mala tempora, veramente, con una cultura dominante conformata al dogma radicale, un relativismo morale trionfante, un’Europa lanciata a corsa verso il baratro del nichilismo.
Qualche giorno fa, conversando a tavola con il vescovo ausiliare di Roma delegato alla pastorale universitaria quella sera ospite del convento nel quale risiedo, ho scoperto che questa mia paradossale nostalgia per il vecchio P.C.I. non è solo mia. L’illustre prelato, parlando del Family day e della relativa discussione sui media e in Parlamento, ha chiosato la narrazione con un: “Quanto erano più ragionevoli i comunisti di una volta, con loro si riusciva almeno a discutere”. E così, nel clima conviviale del refettorio, siamo finiti a parlare della deriva nichilista della Sinistra europea e del degrado della cultura politica.
È bene precisare che il P.C.I. non è certo esente da colpe rispetto a tale deriva nichilista e che i Peppone degli anni ’50 non erano più cristiani di molti cattolici adulti di oggi grazie al loro essere comunisti ma, piuttosto, nonostante il loro essere comunisti. Bisogna allora distinguere l’ideologia marxista dalla cultura popolare comunista dell’Italia d’allora, la prima intrinsecamente perversa (per usare le parole di papa Pio XI), la seconda nutrita di buon senso contadino, di educazione cattolica, molte volte anche di genuina fede, un miscuglio chimerico di leninismo, gramscismo, cattolicesimo, ragione naturale e tradizione popolare.
Si deve così denunciare l’impossibilità logica di una coerenza tra il marxismo professato e il buon senso cristiano-naturale vissuto ma anche riconoscere che di fatto i vecchi comunisti erano generalmente molto più vicini all’ordine naturale, alla morale cristiana della stragrande maggioranza dei così detti cattolici d’oggi. Peppone, veramente, potrebbe dar lezioni di morale pratica (e apparire un bacchettone) a molti laici e chierici emancipati dei nostri giorni, essere invitato nelle parrocchie a parlare di famiglia e genitorialità. E sono certo che per alcuni parroci il buon vecchio Peppone sarebbe fin troppo cattolico per essere invitato, troppo moralista, divisivo, non aperto alle novità, non politicamente corretto!
Questa deriva radical-libertaria, relativista e nichilista della cultura occidentale e della Sinistra in particolare ha trovato rari critici tra il mondo ex-P.C.I. solitamente convertitosi entusiasticamente alla nuova dottrina. Proprio per questo destano particolare interesse le parole dell’onorevole Marco Rizzo, orgogliosamente marxista-leninista di scuola sovietica, che, intervistato dall’agenzia Zenit, ha così commentato il ddl Cirinnà:
«Già l’idea di “comprarsi” un bimbo, per giunta sottraendolo alla donna che lo porta in grembo per nove mesi, mi sembra una follia. Ma la questione è ancora più grave se si pensa che alcune coppie persino scelgono le caratteristiche fisiche del bambino: il colore degli occhi, dei capelli, l’altezza… Così si arriva all’eugenetica, alle teorie del dottor Mengele. Trovo tutto ciò abominevole prima ancora che una forma di sfruttamento del ricco sul povero». A domanda su Vendola (fondatore di Sinistra-Ecologia-Libertà, Sel), risponde: «Nichi Vendola se ne va Oltreoceano a comprarsi un figlio? Lui che è ricco potrà continuare a concedersi simili lussi, mentre le donne proletarie d’Italia dovranno rinunciare anche al diritto alla reversibilità».
Ancora più interessante la presa di posizione del professor Giuseppe Vacca, storico dirigente e deputato del P.C.I. ora presidente dell’Istituto Gramsci, che intervistato da Massimo Rebotti per il Corriere della Sera ha denunciato la miopia della politica occidentale e la deriva nichilista della Sinistra.
«È un’epoca – risponde Vacca all’intervistatore – in cui ci sentiamo sottoposti a varie minacce, il discrimine tra il naturale e l’artificiale si mescola, non ci sono solo “magnifiche sorti e progressive”. È una deriva per cui, come diceva la signora Thatcher, la società non esiste ma esistono solo gli individui».
C’entra con le unioni civili? – Incalza Rebotti e risponde Vacca- «Come si fa a dire, per esempio, che avere un figlio è un diritto? Come si può pensare di declinare tutto nella chiave della libertà individuale, come se ciò che accade prescindesse dal modo in cui si compongono le volontà e le coscienze dei gruppi umani?».
Sbaglia la sinistra a fare dei diritti individuali il fulcro della sua azione politica?
«Assolutamente sì. La sinistra subisce una deriva nichilista, in termini marxisti la definiremmo spontaneista».
Cioè?
«Non è più capace di grandi visioni sul mondo, dalle guerre ai conflitti economici. Assolve mediamente i suoi compiti nazionali, ma sui grandi scenari mostra un impoverimento culturale che genera analisi povere. Negli anni 70 laici e cattolici hanno fatto la più bella riforma del diritto di famiglia. E dopo? Di fronte a quello che cambia su questi temi, la sinistra non ha più niente da dire? Penso al referendum sulla fecondazione assistita quando tutto è stato ridotto a uno scontro tra fede e scienza. Insomma, il professor Veronesi è un grande medico, ma non è uno statista…».
La piazza cattolica le è sembrata più consapevole dei «grandi scenari»?
«Lì si è manifestato un denominatore comune, la nostra civiltà cristiana. È una grande eredità».
La deriva nichilista, che colpisce non solo la Sinistra ma l’intera cultura occidentale e che suscita il rimprovero del marxista Vacca, da dove origina? Qui certo l’analisi diverge tra chi, come Rizzo e Vacca, vede in ciò un tradimento dello spirito originario del social-comunismo e chi come ad esempio il grande filosofo cattolico Augusto Del Noce vi vede invece la logica conseguenza. Del Noce, in anni non sospetti, descrisse con spirito profetico la deriva relativista e libertaria della Sinistra pronosticando che il P.C.I. si sarebbe convertito in un partito radicale di massa. E così è stato. Oggi tutta la Sinistra ha come propria agenda politico-culturale il programma del partito radicale: libertà di aborto e di divorzio, unioni gay, liberalizzazione delle droghe, diritto all’eutanasia, etc.
Certo il vecchio Peppone avrebbe preso a cazzotti chi avesse proposto in consiglio comunale matrimoni gay, testamenti biologici, fecondazioni artificiali a spese della sanità pubblica, insegnamento gender nelle scuole, spinello libero, etc. e lo avrebbe fatto in nome degli “ideali rivoluzionari del popolo lavoratore e del glorioso esempio dello stato socialista sovietico”. Ma noi oggi, di fronte al baratro morale cui siamo giunti, ci dobbiamo chiedere: il buon senso dei vecchi comunisti alla Peppone era buon senso comunista o piuttosto buon senso cristiano assorbito col latte materno in una società tutta cristiana che impregnava di Vangelo anche chi poi si diceva bolscevico? Sarebbe interessante parlarne con gente intelligente come il marxista Giuseppe Vacca.
In ogni caso mala tempora currunt se il boy scout cattolico Renzi e il democristiano Alfano ci fanno rimpiangere Peppone e i trinariciuti dei tempi di Togliatti.

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