Cento anni dalla “Recherche” di Proust




Cento anni fa veniva pubblicata la prima edizione della “Ricerca del tempo perduto – Dalla parte di Swann”, prologo di quella straordinaria e ammaliante saga della memoria che avrebbe impegnato fino alla morte lo scrittore francese Marcel Proust (Parigi 1871-1922).

Per dare risalto a questo anniversario l’Alliance Française, unitamente al Comune e all’Università di Trieste, ha organizzato una serie di iniziative volte sia a ricordare lo scrittore, che con la sua opera rivoluzionò non solo forme e contenuti della letteratura ma le strutture stesse del pensiero e della conoscenza della realtà, sia ad indagare le sottili congiunzioni che legano Proust alla produzione letteraria triestina, in particolare quella sveviana.

Ricordo che all’epoca dell’università dovetti leggere tutta la Recherche per un esame di Estetica. L’impresa iniziò con qualche difficoltà: frasi lunghissime, con un periodare complesso fatto di continui incisi e subordinate incastonate le une nelle altre; una colata lavica di pensieri, emozioni e impressioni che incendiava dall’interno le parole trasformandole in comete oscillanti nella notte. Ma proprio questa traboccante ricchezza di espressioni e contenuti, specchio di una vita esteriore ed interiore vasta e profonda come un oceano, poco a poco mi conquistò, catturandomi in un’avventura indimenticabile.

Superate le barriere iniziali, entrai poco a poco in quel libro-cattedrale che conteneva, nel suo slancio grandioso, innumerevoli mondi sovrapposti gli uni agli altri come guglie ed archi di alabastro slanciati in tutte le direzioni, universi ripiegati come tappeti magici che la mano sapiente dello scrittore ripetutamente srotolava e riavvolgeva sotto gli occhi incantati del lettore.

C’erano i salotti parigini, le case aristocratiche, i caffè, i teatri, il paesaggio, l’amore, la sofferenza, l’estasi, la musica, la vita mondana e la vita interiore, le diverse età della vita e i numi tutelari dell’infanzia, fino ai demoni del disincanto, della decadenza e della morte. Questa galassia in continua espansione non cessava mai di crescere, di sbocciare in fantastiche e sempre nuove efflorescenze che ora profumavano di primavera, nostalgia e dolcezza, ora effondevano l’aroma acre e struggente dell’autunno e dell’inverno colti dentro il sonno greve della natura, la musica della pioggia e il silenzio incantato delle nevi. La mia lettura continuava anche quando avevo chiuso il libro: il suo respiro infatti era così vasto da protrarsi oltre le sue pagine, animando ogni istante della mia giornata. Guardavo tutto con occhi nuovi, più affinati, più profondi, più accoglienti.

Quando arrivai alla fine ebbi l’impressione di aver concluso un lungo viaggio in terre remote e di dovermi congedare per sempre da un mondo e da un’umanità che mai avrei rivisto, anche se fossi tornata a visitarli dentro le pagine del libro. Capolavori come la Recherche si leggono una volta sola, poiché l’esperienza che se ne trae è così unica e irripetibile da scoraggiare qualsiasi tentativo di ripeterla, come accade anche nella vita quando ci guardiamo bene dal replicare una bella avventura per evitare di distruggerne l’incanto.

Proust, dopo la morte dell’amatissima madre, si chiuse nel suo appartamento di Parigi, fece tappezzare le pareti di sughero per non sentire più alcun rumore del mondo esterno, cominciò a vivere – e di sola creatività e scrittura – durante la notte, dormendo di giorno nella quiete assoluta della sua stanza popolata di rimpianti e di malinconici fantasmi.

Il suo corpo e la sua anima si consumarono al fuoco ardente di questa energia creativa, sublimandosi in un secondo corpo e in una seconda anima duttili e trasparenti, simili a un vetro liquido della stessa consistenza dell’etere.

Spesso ho la tentazione di rileggere la Recherche e forse prima o poi cederò a questo richiamo. Ma a chi non ha ancora fatto questa esperienza, suggerisco di provare e soprattutto di prepararsi bene al viaggio. Non serviranno tante cose, perché sarà l’opera stessa a provvedervi di tutto e a dotarvi, lungo il cammino, con una generosità d’altri tempi, di una sensibilità alla bellezza e alla vastità di significati della nostra vita quale mai prima avreste sognato di possedere. 

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