Al Te Deum di ringraziamento al Signore della storia per l'anno trascorso, il Vescovo ricorda i drammi di un anno difficile eppure pervaso della speranza cristiana.

Un altro anno e’ passato nella vita della Chiesa e del mondo




 

DIOCESI DI TRIESTE
TE DEUM
+ Giampaolo Crepaldi
Cattedrale di San Giusto, 31 dicembre 2014

Distinte autorità, carissimi fratelli e sorelle,
1.​Con la celebrazione odierna di fine anno, dedicata a ringraziare il Signore con il canto del Te Deum, siamo invitati a interrogarci sul significato del tempo e, in fondo, della vita stessa. Quando alla fine di un anno procediamo verso una qualche forma di bilancio ci accorgiamo subito che la vita è inesorabilmente segnata dai tratti temporali della brevità e della fugacità. Questi tratti ci spingono a domandarci: quale senso possiamo dare alla nostra vita, dato che, in genere, essa è impregnata di fatica, di oscurità e di dolore? Chiediamoci ancora: a questa domanda che interessa ogni persona sensata, c’è una risposta? Per noi cristiani la risposta è venuta direttamente da Dio che ha inviato il Figlio suo nella terra. La risposta cristiana è tutta racchiusa nel volto di Gesù Bambino che duemila anni fa è nato a Betlemme e che oggi è il Vivente, risorto per sempre da morte. L’angosciante prospettiva di un mondo in balia del non senso delle cose, del peccato personale e sociale e segnato da tremende ingiustizie, cattiverie e violenze, è interrotta dalla novità gioiosa e liberatrice di Cristo Salvatore, che nel mistero della sua Incarnazione e della sua Nascita ci fa contemplare la bontà e la tenerezza di Dio. Quando ci soffermiamo a guardare un presepio – qualcuno nella nostra città, con insipienza incivile, non ha avuto scrupoli a imbrattare quello che lodevolmente l’Amministrazione comunale ha allestito a Piazza dell’Unità – ci accorgiamo subito che nel Bambino deposto nella mangiatoia sono racchiuse tutte le ragioni della nostra consolazione e della nostra speranza: Dio eterno è entrato nella nostra storia e rimane presente in modo unico nella persona di Gesù, venuto sulla terra per rinnovare radicalmente l’umanità e liberarla dal peccato e dalla morte e per elevare l’uomo alla dignità di figlio di Dio.
2.​Carissimi fratelli e sorelle, l’anno che abbiamo trascorso ha visto tutta la Chiesa impegnata ad affrontare – con un Sinodo speciale a cui farà seguito nel 2015 un Sinodo ordinario – i molteplici problemi che riguardano la famiglia. “La famiglia ha ricevuto da Dio questa missione, di essere la prima e vitale cellula della società”, afferma il Concilio Vaticano II (Apostolicam Actuositatem, 11). Con la famiglia, infatti, sono collegati valori fondamentali, che non si possono violare senza danni incalcolabili di natura morale. Di quali valori si tratta? Nell’economia di questa omelia ne richiamo il valore della persona. Esso trova espressione nella reciproca e assoluta fedeltà fino alla morte: fedeltà del marito nei confronti della moglie e della moglie nei confronti del marito. La conseguenza di questa affermazione del valore della persona, che si esprime nella reciproca relazione tra marito e moglie, implica anche il rispetto del valore personale di ogni nuova vita, cioè di ogni bambino, dal primo momento del suo concepimento. San Giovanni Paolo II scrisse: “La Chiesa non può mai dispensarsi dall’obbligo di custodire questi valori fondamentali, collegati con la vocazione della famiglia. La custodia di essi è stata affidata alla Chiesa da Cristo, in modo tale che non lascia alcun dubbio. Allo stesso tempo, l’evidenza… di questi valori fa sì che la Chiesa, difendendoli, vede se stessa come portavoce della autentica dignità dell’uomo: del bene della persona, della famiglia, delle nazioni”.

3.​Carissimi fratelli e sorelle, l’anno che abbiamo trascorso è stato un anno drammatico per i cristiani che sono stati fatti oggetto di violente persecuzioni. Le notizie che sono pervenute dall’Iraq, dalla Nigeria e da tante altre parti del mondo sono lì a dirci, con drammatica eloquenza, che nel mondo si sta realizzando uno sconvolgente genocidio di cristiani soprattutto da parte di movimenti islamici. Il nostro amato Santo Padre Francesco, nel suo ancor breve pontificato, è già intervenuto moltissime volte per denunciare con forza questo dramma che si sta consumando nell’indifferenza generale e nel silenzio dei circuiti massmediali. Mai un Papa era intervenuto con tanta forza e tante volte e in poco tempo come Papa Francesco sul tema della persecuzione dei cristiani. E a dargli ragione ci sono accurati studi, tra i quali spiccano quelli prodotti dal Center for Study of Global Christianity. Qualcuno afferma che si tratta di eventi lontani legati all’emergere di un Islam violento e aggressivo. E’ vero, ma solo in parte, perché anche in Europa e anche in Italia sta crescendo in maniera esponenziale la persecuzione contro i cristiani. Basta prendersi un po’ di tempo e leggersi l’ultimo Rapporto pubblicato – quello relativo al 2013 – da parte dell’Observatory on Intolerance and discrimination against Christians in Europe per avere un quadro assai preoccupante di quello che succede nei civilissimi Paesi europei. La solidarietà con i fratelli perseguitati è il punto di partenza, ma il punto di arrivo dovrà essere la critica delle ideologie, anche religiose, che li mettono a morte. Queste posizioni religiose e ideologiche costituiscono un attacco ai fondamenti della civiltà, della dignità umana e dei suoi diritti. Di fronte a questo l’Occidente non può continuare a volgere lo sguardo altrove, illudendosi di poter ignorare una tragedia che distrugge i valori che l’hanno forgiato.

4.​Carissimi fratelli e sorelle, in questo 2014 la nostra Chiesa diocesana è stata impegnata a portare a termine il secondo anno sinodale, quella dedicato alla liturgia. Con la liturgia si giunge sempre al cuore del mistero cristiano; essa ci offre, infatti, la possibilità di entrare in contatto con Dio, di accogliere la sua presenza e di ricevere i frutti della salvezza, conquistata per noi da Cristo sulla croce. La liturgia comporta l’accettazione di Dio e della sua maestà nella nostra vita, accettazione che si esprime nell’adorazione contemplativa e nell’obbedienza operativa, come nell’ora et labora dei monaci benedettini. Sappiamo tutti e bene che adorazione contemplativa e obbedienza operativa sono abiti spirituali ormai lontanissimi dalla sensibilità dei nostri contemporanei, che rischiano di diventare desueti anche nella nostra vita cristiana. Ma quando viene meno l’adorazione che mette in primo piano Dio, si fa largo il nostro io con il suo protagonismo e le sue pretese mondane – così fortemente stigmatizzate dal nostro Papa Francesco – con tutte quelle nefaste conseguenze che affliggono la vita quotidiana della Chiesa: chiacchiere a non finire, sociologismi pastorali, illusioni di trasformare la realtà con le nostre forze, attivismi sterili totalmente sganciati da ogni riferimento al soprannaturale, filantropie svuotate di ogni forma di carità cristiana, utopie, anche politiche, prive di ogni richiamo al trascendente. La liturgia, invece, con il suo esigente richiamo al primato di Dio su tutto e su tutti, ci educa all’adorazione contemplativa e all’obbedienza operativa, diventando il cuore pulsante e vivo di ogni autentica rigenerazione cristiana, sia sul piano personale sia su quello comunitario ed ecclesiale.
5.​Carissimi fratelli e sorelle, per accompagnare l’ultimo anno del Sinodo il prossimo 25 di gennaio inizierà nella nostra Chiesa diocesana la peregrinatio Mariae. Quando Maria si mise in viaggio verso la casa di Elisabetta, come missionaria del Verbo di Dio, al suo saluto esultò il grembo dell’anziana cugina che tutti conoscevano sterile: “In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (Lc 1,39-40). Come varcò la soglia della casa di Zaccaria e di Elisabetta, con la peregrinatio Maria varcherà la soglia delle nostre comunità parrocchiali e delle nostre famiglie, portando a tutti un messaggio di fede, di speranza e di carità. Maria si farà pellegrina per le strade di Trieste per farci esultare nella fede, per aiutarci a non rassegnarci ad una vita cristiana sterile, per darci quella interiore e consolante sicurezza che Dio continua a fecondare i nostri progetti con la sua Parola di fiducia e di consolazione.

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