2050: il cristianesimo diventerà nero




Il cristianesimo sarà destinato ad abbandonare quasi del tutto il Nord del mondo, l’Europa e il Nord America e diverrà la principale religione del Sud. Francesco potrebbe essere solo il primo di una nuova tradizione di papi che provengono “dalla fine del mondo” e ci attenderà, con tutta probabilità, una successione di pontefici neri. A prevederlo non è un indovino da quattro soldi, ma l’istituto Pew Research Center, che ha presentato in questa settimana una serie di proiezioni demografiche sul futuro delle religioni, da qui al 2050.

Come si può fare una previsione simile? Prima di tutto seguendo le tendenze demografiche. Africa e America latina sono popolazioni in crescita, contrariamente a Nord America ed Europa, quest’ultima soprattutto destinata a ridursi di un quinto rispetto a quel che è oggi. La domanda principale che ci si deve porre, dunque, è “quanti figli fanno i cristiani”. La seconda è “quanto riescono ad attrarre”, cioè quanti, in percentuale sulla popolazione totale, si convertono al cristianesimo. Anche qui, l’Europa assisterà alla crescita della sua componente musulmana, mentre il cristianesimo continuerà a fare proseliti e ad espandersi nel Sud del mondo. Combinando questi due fattori di crescita (o decrescita), il Pew ottiene una prospettiva molto interessante. Ovviamente si tratta di stime, passibili di errori. Non vanno intese come una lettura del futuro: gli imprevisti sono sempre possibili.

Il primo dato notevole di questo studio è, appunto, la vertiginosa crescita del cristianesimo in Africa, seguita a ruota dall’America latina. Una crescita a cui corrisponde una contrazione altrettanto vertiginosa dei cristiani in Europa (vedi grafico qui sopra). In appena un secolo, dal 1910 al 2010, gli europei sono passati dal rappresentare il 66% della popolazione cristiana in tutto il mondo all’attuale 25,5%: dai due terzi a un quarto dei fedeli nel mondo. Se verrà mantenuto questo ritmo, il Pew stima che gli europei, nel 2050, rappresenteranno meno del 16% della popolazione cristiana mondiale. Una tendenza molto più leggera alla riduzione si riscontra in America settentrionale, dal costituire il 15% della cristianità mondiale, i nordamericani sono ora il 12,3% e nel 2050 saranno meno del 10%. Quali saranno, invece, le terre della cristianità del futuro? In Africa subsahariana, appunto: nel 1910 i cristiani del continente nero erano solo l’1,4% del totale, oggi sono già il 23,9% e nel 2050 saranno il 38,1%. Questo vuol dire che le nazioni-guida della cristianità, di qui alla prossima generazione, non si chiameranno più Italia, Spagna, Austria, Polonia, come era nei primi del ‘900, ma Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Etiopia e Uganda che figureranno fra le 10 più grandi popolazioni cristiane del mondo. Una nota positiva per i cristiani nordamericani: gli Stati Uniti, con una popolazione prevista di 262 milioni di fedeli nel 2050, rimarranno la singola più popolosa nazione cristiana del mondo. Dopo l’Africa è interessante anche la realtà in espansione del cristianesimo in America latina: costituiva il 12,2% della cristianità mondiale nel 1910, oggi è il 24,5% (il doppio) e in futuro si assesterà, con un leggero calo, al 22,8% previsto per il 2050.

Cosa significano queste fredde cifre? Questo spostamento verso il Sud del mondo del cristianesimo comporterà notevoli cambiamenti nella Chiesa? Certamente il cristianesimo cambierà il volto della società africana animista, così come, due millenni fa, cambiò drasticamente l’Europa e il Mediterraneo pagani. Ma anche l’Africa e il suo modo di sentire religioso, giocheranno un ruolo importante sul senso della fede. Abbiamo già visto come i vescovi africani siano risultati determinanti nel Sinodo straordinario sulla famiglia. Il continente nero è anche e soprattutto terra di proselitismo di pentecostali e carismatici, che costituiscono più della metà sul totale dei cristiani, organizzati in mezzo milione di congregazioni e circa 12mila denominazioni spesso completamente sconosciute in Europa. Quindi è possibile che il continente nero diverrà un crogiuolo di nuovi “cristianesimi”, che non mancheranno di esercitare la loro influenza culturale. Sarà una sfida di tipo nuovo per la Chiesa cattolica. L’America latina, con Papa Francesco, è già arrivata in Vaticano. Le nomine cardinalizie del nuovo pontefice rafforzeranno certamente le chiese delle periferie del mondo, ma anche quella regione del mondo costituirà una sfida di tipo nuovo per la tradizionale maggioranza cattolica, perché ovunque, soprattutto in Brasile, sono in ascesa i pentecostali.

E poi c’è l’incognita dell’Asia orientale. Il Pew Research Center prevede che la sua cristianità rappresenterà il 13% del totale, all’incirca come ai giorni nostri, tre volte tanto rispetto a quella che era nel 1910. Ma il centro di ricerca ammette i propri limiti di indagine sull’ipotesi di crescita del cristianesimo cinese che, per un sociologo delle religioni del calibro di Rodney Stark è destinata a diventare addirittura il più popoloso del mondo.

Ma, oltre al cristianesimo, quanto saranno numerose le altre religioni? L’islam è in fortissima crescita. Di qui al 2050, il Pew prevede che il cristianesimo sarà ancora la religione più praticata del mondo, ma l’islam seguirà subito dietro, riducendo il margine fin quasi ad annullarlo. Oggi il 31,4% della popolazione mondiale è cristiana, mentre il 23,2% è musulmana, nel 2050 saremo quasi alla pari: 31,4% (stabile) a 29,7% (un quarto in più). Questo si spiega con un tasso di fertilità dei musulmani notevolmente più alto. I cristiani continueranno a crescere demograficamente solo in Africa e un po’ meno in America latina, decrescendo in Europa e America settentrionale come abbiamo visto, mentre i musulmani (per quel che si può prevedere) continueranno a crescere ovunque nel mondo. E queste percentuali che variano permettono anche di capire il fenomeno della violenza religiosa in Africa subsahariana, dove entrambe le religioni sono in forte espansione: per gli islamici radicali, i cristiani sono sicuramente dei rivali in crescita, da eliminare.

Amaro sarà invece il destino dei senza-religione, che nella metà del Novecento parevano destinati a rappresentare il futuro dell’umanità, anche per “merito” dell’ateismo forzato di Urss e Cina maoista. Al giorno d’oggi, stando ai tassi di fertilità e all’invecchiamento della popolazione, il Pew stima che atei, agnostici e a-religiosi costituiranno il 13% della popolazione del 2050, 3 punti in meno rispetto ai giorni nostri. Fra i non religiosi nascono, in media, 1,7 figli per coppia, contro i 2,6 per coppia di chi aderisce ad una religione. Fare figli è soprattutto una questione di fede.

di Stefano Magni

Fonte: http://www.lanuovabq.it

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