Wir sind Kirche, la Chiesa come mi pare e piace




L’addio di Benedetto XVI e l’approssimarsi del Conclave nel mondo germanofono hanno risvegliato quel movimento esplicitamente eterodosso (che di per sè sarebbe semifolkloristico, ma usufruisce dell’appoggio e della simpatia dei grandi media, per cui fa comunque opinione) che è Wir sind Kirche, Noi siamo Chiesa. Il gruppo, fondato in Austria nel 1995 a seguito di una sottoscrizione popolare e diffusosi poi anche in Germania è tornato ad alzare la voce nei giorni scorsi, per tramite del suo portavoce teutonico, l’architetto Christian Weisner. Va detto subito che Weisner è un bel tipetto. Da quelle parti gode dell’appoggio incondizionato di Hans Kűng (poteva mancare?) e le sue sortite vengono ascoltate come se parlasse il capo dei vescovi tedeschi in persona. Ora, l’architetto (giacchè come tale in effetti andrebbe presentato e non si capisce perchè mai uno che passa il tempo a costruire case, cosa peraltro degnissima, per carità, debba però parlare di teologia) in una recente intervista è tornato sui temi a lui cari dell’ultimo super-mega-maxi Koncilio che – a suo dire, secondo la solita lettura ideologica forzata, più volte stigmatizzata dai Pontefici – ha spazzato via la polvere (?) accumulata nei 1962 anni precedenti e in cui la Chiesa perlopiù (ti pareva) ha tradito il Vangelo. Bisogna riscoprire il lato ribelle del Cristianesimo insomma (manco fossimo a Woodstock) e fermare (fermare?) la sterzata restauratrice di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. In che modo, vi chiederete voi.

Beh, la ricetta di Weisner si articola in cinque punti, gli stessi che Wir sind Kirche ripete come un ritornello da anni, ovvero nell’ordine: una Chiesa più democratica, che si presenti con un volto più umano (?) e metta finalmente da parte il diritto canonico, una totale parità di diritti fra uomini e donne in tutti i ministeri riconosciuti, l’eliminazione del celibato ecclesiastico, una maggiore promozione della sessualità e una legittimazione dei mezzi di contraccezione nonchè, infine, il coinvolgimento dei laici nella scelta dei Vescovi.

Ora, basta riflettere un attimo, anche distrattamente, su uno qualsiasi dei punti richiamati per comprendere che qui non siamo di fronte a una richiesta di riforma di questa o quella struttura ma proprio a un altro tipo di Chiesa da quella che conosciamo, forse persino a un’altra religione. Al che verrebbe da rispondere a Weisner: perchè non crei una tua personale religiosità a tuo uso e consumo ed esci dalla Chiesa? Chi te lo impedisce? Forse che quando sei stato battezzato ti hanno puntato una rivoltella alla tempia? Strani scherzi della storia davvero. Quelli che si vogliono sempre più aperti, liberali e tolleranti scava scava si dimostrano spesso portatori di un astio radicale e pieno di pregiudizi, decisamente intollerante. E poi criticano pure l’uso fondamentalista della religione. Da che pulpito. Fuori dalle battute, però, la vicenda tedesca dice anche che se certe idee sono potute allignare fino ad oggi è perchè hanno trovato sponde favorevoli nella comunità cristiana. In particolare, ascoltando Weisner non ci si può fare a meno di chiedersi che tipo di formazione abbia ricevuto e su quale catechismo abbia mai studiato. Dalle sue parole emergono posizioni dottrinalmente debolissime che rivelano, ancor prima dell’ideologia, uno spaventoso complesso d’inferiorità verso il pensiero dominante. Ma da quando in qua criteri come democrazia, voto a maggioranza e modernità sono propri di un cristiano? Da quando? Forse che Nostro Signore è venuto per piacere alla gente e ottenere plebisciti? Ma stiamo scherzando? I nostri anziani, che invece non erano alla moda come Weisner e forse l’avrebbero preso anche per uno strano tipo, un pò fuori di testa, quando ci spiegavano la Passione da piccoli non tralasciavano mai di dire che la crocifissione fu votata liberamente, dal popolo, proprio a maggioranza. Quando Pilato uscì fuori con la famosa richiesta: “Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù?”(Mt 27,17) sappiamo bene quale fu la risposta. A maggioranza schiacciante. Eppure, tutti sapevano che era la risposta sbagliata. Anche Pilato lo sapeva. Eccome, se lo sapeva, lo sapeva benissimo anche lui. Nel mistero e nel dramma della Passione, che non mediteremo mai abbastanza, c’è anche questo. No, tranquilli, non vogliamo usare il Vangelo per fare polemiche strumentali, di pessima e bassissima lega, ci mancherebbe altro. Qui vogliamo solo dire quello che fior di Papi hanno già detto molto meglio di noi e cioè che in fondo il primo rappresentante di quel relativismo che oggi fa sempre nuovi seguaci, il primo relativista della storia è proprio Pilato. A Pilato, in fondo, non importa della verità, pone sì la domanda famosa (“Che cos’è la verità?“, Gv, 18,37) ma con l’atteggiamento di chi la ritiene una questione oziosa. Altre sono le cose che contano. Il plauso del pubblico, del mondo, ai suoi occhi è ben più importante. Le grida sempre più forti della folla e il timore di vedere indebolita la sua immagine di fronte al popolo stesso, oltre che al potere romano, lo aiuteranno a tacitare definitivamente la sua coscienza. 

Sulla scorta di questo episodio emblematico il cristiano invece non si è mai preoccupato del consenso del mondo, anche perchè poi – dalla nascita della Chiesa primitiva ad oggi – il mondo per la verità i cristiani li ha sempre perseguitati. Dal Colosseo ai laogai in duemila anni non è che sia cambiato molto. Anzi, come ancora la Scrittura ricorda, c’è da avere semmai paura dei periodi di pace e tranquillità apparente. Vorremmo chiedere allora a Weisner che cosa ne pensa di tutto questo e che conclusioni ne trae. Ma forse, dopotutto, anche a lui non interesserebbe più di tanto. La democrazia e il sesso, probabilmente, sono più importanti. Vuoi mettere. Se è così, allora, non avevamo capito male: si tratta proprio di un’altra religione.

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