Viaggio nell’Occidente islamizzato




“Ci sono un sacco di scuole musulmane private e madrasse (istituti educativi per l’apprendimento dei fondamenti dell’Islam, ndr) in questa città. Fanno tutti finta di predicare tolleranza, amore e pace, ma non è vero. Dietro quelle mura, ci costringono a ripetere i versi del Corano, a proposito di odio e intolleranza”. E poi la disciplina violenta usata contro chi si rifiuta di imparare il Corano a memoria senza capirne una parola, o per aver mentito sulla propria fidanzata, evidentemente occidentale. Sono queste le denunce fatte da Alì, un diciottenne di origini francesi il cui padre si è radicalizzato in Inghilterra, intervistato da Rachida Samouri. La giornalista che sulle pagine di Le Figaro ha pubblicato un dettagliato reportage su Birmingham.
Birmingham: la seconda città più popolosa del Regno Unito, e l’ottava d’Europa, è oggi la città quintessenza del multiculturalismo, con ben un 42% di abitanti non europei. In certi quartieri di Birmingham, i musulmani rappresentano il 95% della popolazione, le bambine camminano nascoste dal velo, gli uomini hanno le barbe lunghe e le donne indossano jihab e niqab per coprire corpi e volti. Qui i negozi chiudono per le ore di preghiera, le vetrine promuovono abiti islamici e le librerie sono viatico per la religione di Allah. Le donne intervistate sono orgogliose di vivere in Inghilterra perché, dicono, “contro il velo integrale nessuno ha da ridire”. E Mobin, un adolescente di origine francese, spiega perché il padre ha preferito l’inghilterra alla Francia: “Birmingham è proprio un paese musulmano. Noi siamo tra di noi, non ci mescoliamo con gli altri. E’ difficile”.
E’ così. Uno stato all’interno dello stato. Forse peggio che a Molenbeek considerata la culla del jihadismo dell’Europa centrale. Dalla Francia, al Belgio, all’Inghilterra, ecco documentata l’islamizzazione d’Europa. Dal 2006 al 2015, in Francia, il paese che in questo momento è in bilico nella sfida tra Le Pen e Macron, sono state calcolate ben 751 no go zone. Luoghi in cui polizia, militari, vigili del fuoco preferiscono non entrare perché questo potrebbe essere la miccia che innesca la violenza. E loro stessi rischierebbero di finire oggetto di queste violenze. Nel Regno Unito, negli ultimi cinque anni, le condanne per terrorismo sono raddoppiate e il coinvolgimento delle donne in attentati è triplicato. Quando era ancora primo ministro, David Cameron fece redigere un documento battezzato The Casey Review: una rassegna in direzione dell’opportunità e dell’integrazione”. Il rapporto indica come le comunità musulmane (principalmente quelle composte da immigrati pakistani e del Bangladesh) siano le più restie all’integrazione all’interno della società britannica. Si tratta di comunità che incoraggiano i loro figli a non partecipare ad eventi, attività o momenti di formazione-non musulmani; luoghi dove le donne non parlano una parola d’inglese e domina la sharia, la legge islamica.
Chi ha mandato in stampa quel reportage ha dedicato tantissime pagine proprio a Birmingham perché è là che nel 2014 scoppiò il famoso scandalo del “Trojan Horse plot”. Si scoprì che le dottrine islamiche erano state inserite nei programmi delle scuole pubbliche, per assicurarsi che tutti i ragazzi potessero essere istruiti sui “rigorosi principi dell’islam”. Mentre gli altoparlanti cercavano di radunare gli studenti per la preghiera, gli insegnati utilizzavano messaggi anti-occidentali. Se lo scandalo nel frattempo è stato archiviato, mentre non sono scarse le probabilità che possa ripetersi o che sia ancora in essere il pericolo di un cavallo di troia islamico tra i banchi di scuola, resta evidente che il paragone con Molenbeek non è fuori luogo: a Birmingham sono state contate 161 moschee.
Per molti anni il governo britannico si è compiaciuto della integrazione della popolazione musulmana, certo che a tempo debito il miracolo sarebbe avvenuto. Che un giorno i musulmani avrebbero organizzato un bella marcia insieme ai cristiani per celebrare il successo del multiculturalismo, o che, almeno, prima o poi, i musulmani sarebbero diventati pienamente britannici, come tutti gli immigrati. Ma è un giorno che tutti, anche i più nostalgici cantori della società “multikulti”, hanno smesso di sognare: sono le continue statistiche che vengono compilate a ritrascinarli nella realtà. Come una delle ultime, che dimostra quanto le generazioni più giovani di islamici, quelle nate in Europa, siano ancora più integraliste dei loro genitori e nonni. Il sonno della ragione genera multiculturalismo. Il “multikulti” avrebbe dovuto diffondere nell’universo pace, amore e tolleranza. Ma tutto si è vaporizzato tra le parole magiche “dialogo” e “accoglienza”, mentre il Vecchio Continente è mortificato dalla islamizzazione dilagante.
di Lorenza Formicola
Fonte: https://www.loccidentale.it

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