La notizia della settimana per i cattolici germanofili è che Benedetto XVI resterà per sempre in Vaticano: no, non nel senso che quando Dio lo chiamerà a sé le sue spoglie raggiungeranno quelle dei suoi predecessori in Basilica – questo dopotutto sarebbe normale – ma nel senso che proprio in Vaticano, tra le mura di san Pietro e l’aula Paolo VI, troverà spazio la prima biblioteca tematica dedicata interamente a lui, alla sua vita, e alle sue opere da studioso, professore universitario, vescovo, cardinale e infine Pontefice. La “Biblioteca Romana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI”, appena inaugurata, è stata infatti allestita nei locali all’interno del palazzo del Pontificio Collegio Teutonico e della sede romana della Görres Gesellschaft, l’istituto tedesco di ricerca culturale dedicato allo scrittore e storico renano cattolico Johann Joseph von Görres (1776-1848), proprio poco sopra quel Campo Santo Teutonico dove pure tradizionalmente riposano quei tedeschi – e i mitteleuropei in genere, laici e religiosi – che hanno prestato a lungo servizio per la Santa Sede (per dirne una, anche quella Suor Pascalina Lehnert che per oltre quarant’anni fu la fidatissima segretaria di Papa Pio XII). A sua volta, il Campo Santo si trova peraltro davanti a una piccola chiesa, santa Maria della Pietà, che è un po’ il punto di riferimento della comunità cattolica tedesca vaticana (lo stesso Ratzinger per anni vi ha celebrato Messa settimanalmente). Insomma, nel cuore segreto del vaticano ‘germanico’ che più germanico non si può, troverà spazio, aperto a tutti, da oggi e per gli anni a venire, uno spazio inedito di lettura, studio, approfondimento e ricerca interamente dedicato a lui, Ratzinger-Benedetto XVI. Attualmente i titoli (di e su di lui) presenti sono già più di mille in ben trentasette lingue, donati a vario titolo da enti di prestigio quali la Fondazione Vaticana intitolata al Papa emerito, l’istituto Papst Benedikt XVI di Ratisbona e la Libreria Editrice Vaticana, oltre che direttamente dalla collezione personale di Benedetto: gli appassionati genuini di Ratzinger, oltre che gli storici di domani della sua teologia e del suo pontificato, troveranno qui pane per i loro denti.
Come ha ricordato nei mesi scorsi il segretario particolare del Pontefice, monsignor Georg Gänswein, si tratta del luogo in assoluto probabilmente più adatto per valorizzare la figura di Benedetto perchè quello che di lui resterà saranno soprattutto i grandi discorsi, le monumentali lectio magistralis, quello sguardo contemplativo da predicatore paziente sul mondo frutto a sua volta di una fine capacità di dotta contemplazione che è propria soltanto delle menti accademiche (da intendersi nel senso più alto, qui) più dotte ed esigenti: lo spazio migliore dove poter ascoltare ancora e sempre questa voce originalissima e poderosa del cattolicesimo novecentesco – sessant’anni di attività iniziati già prima del Concilio con un’opera omnia ad oggi di sedici volumi fitti fitti, e scusate se è poco – poteva quindi essere soltanto una biblioteca, e come non ricordare che già alla chiusura del pontificato di Giovanni Paolo II, naturalmente ignaro di quel che sarebbe accaduto, l’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede aveva espresso il desiderio di tornare nella ‘sua’ Baviera con i suoi amati libri per tornare a dedicarsi totalmente a quello studio e a quella ricerca a cui aveva consegnato anche da pastore la riflessione della sua vita, in un modo o nell’altro? Se quindi vi trovate a passare per Roma la prossima volta, oltre ad entrare nella Basilica Madre della Cristianità magari non dimenticate di fare un salto giusto qualche metro poco più fuori (a sinistra, guardando la facciata della Basilica) in questo luogo ricco di storia, tradizionalmente unico della cattolicità tedesca ‘papalina’, che ora si arricchisce anche di un altro spazio di bellezza dedicato a un Papa innamorato tra l’altro da sempre della via pulchritudinis – per dirla con gli antichi – rievocando qui in modo forse nemmeno troppo inconsapevole quella frase oggi sempre citata a sproposito di Fëdor Dostoevskij secondo cui “la bellezza salverà il mondo”, che è verissima posto solo che si specifichi che quello a cui ci si riferisce in ultima analisi non è un discorso opinabile sul canone estetico ma quella Bellezza perenne, eterna e creatrice da cui siamo nati e a cui siamo destinati che passa solo per Colui che il Salmo 44 definisce “il più bello tra i figli dell’uomo”: proprio quel Gesù di Nazaret a cui Benedetto ha dedicato l’ultima grande, faticosa, trilogia della sua vita.
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