Orma la coppia è “famiglia” e quindi da quando una famiglia non può accogliere nel proprio focolare domestico un bambino adottandolo?

Un bimbo a due gay: la natura violentata





di Tommaso Scandroglio

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Come si diventa genitore legale in Italia? Vi sono fondamentalmente due strade. La prima: il bambino è figlio biologico nato in costanza di matrimonio oppure nato fuori dal matrimonio e i genitori lo riconoscono. Secondo caso: il bambino non è figlio biologico e viene adottato.

Fino all’altro ieri questa duplice modalità riguardava solo le coppie eterosessuali. Ma oggi non è più così. Pensiamo alla prima modalità su cui, tra l’altro, abbiamo scritto pochi giorni fa. Una coppia di maschi gay “sposata” all’estero ottiene una coppia di gemelli tramite l’utero in affitto. I pargoli ovviamente sono figli biologici di un solo uomo. Ma dato che per quell’ordinamento giuridico straniero la coppia è legalmente sposata, i due minori sono figli legittimi anche dell’altro uomo. Risultato: il minore ha due padri legali. La Corte di Appello di Trento ha riconosciuto questa doppia paternità legale anche in Italia, né più né meno come se quei due bambini fossero figli di una coppia di coniugi sposati all’estero, coppia formata da un uomo e una donna.

Passiamo alla seconda modalità, all’adozione. In merito alle coppie omosessuali ad oggi è stata riconosciuta a loro solo una particolare forma di adozione: la stepchild adoption. Ciò a voler dire che il compagno adotta il figlio naturale o precedentemente adottato dell’altro partner. In Italia casi di stepchild adoption a favore di coppie gay non si contano più.

Finora invece non era mai stata concessa l’adozione di un minore che non è figlio naturale o adottato di nessuno dei due membri della coppia gay. Finora. Infatti ieri ci ha pensato il Tribunale dei minori di Firenze a provvedere. I fatti sono i seguenti. Due cittadini italiani omosessuali, ma residenti nel Regno Unito, adottano in quel Paese due bambini non ricorrendo all’adozione internazionale, bensì avendo fatto richiesta alle autorità inglesi e avendo ricevuto da loro il benestare.  Il Tribunale fiorentino ha poi riconosciuto validità giuridica anche sul suolo italico a quel provvedimento di adozione emesso dall’autorità britannica. La Rete Lenford – associazione di avvocati che tutelano le rivendicazioni Lgbt – annota: “Per la prima volta viene riconosciuta in Italia l’adozione di minori all’estero da parte di una coppia di uomini”. Sì, è proprio la prima volta perché non si tratta di stepchild adoption dato che il minore non vanta nessun legame – né biologico né adottivo – con nessun membro della coppia. E quindi tutte le possibilità di diventare genitore per le coppie etero ormai sono state concesse anche alle coppie gay.

Il catalogo è completo anche per loro. Manca solo un particolare. Infatti per la stepchild adoption a favore di coppie omosex i giudici italiani ci hanno già pensato autonomamente, invece per la doppia paternità o maternità legale e per l’adozione di qualsiasi minore finora hanno “solo” riconosciuto valore legale a provvedimenti emessi all’estero. Il prossimo passo sarà quello di procedere in piena autonomia emettendo di propria iniziativa certificati di nascita con due papà o concedendo l’adozione di qualsiasi minore.

Ma per quale motivo le autorità inglesi hanno concesso in adozione questi bambini ad una coppia gay italiana? Risponde sempre la Rete Lenford: “La disposizione normativa prevede che l’adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero ad istanza di cittadini italiani che dimostrino di avere soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia purché ‘conforme ai principi della Convezione’ (Convenzione dell’Aja 29 maggio 1993)”.

Un aspetto tristemente interessante sta nel fatto che ormai le sentenze che riconoscono l’omogenitorialità sembrano fatte con il ciclostile. Anche quella fiorentina non sfugge alla regola. I principi sono sempre quelli. Primo: il candidato genitore omosessuale ha tutte le carte in regola per esserlo. Il suo orientamento sessuale non fa problema, solo il pensarlo sarebbe discriminatorio. Infatti il provvedimento del Tribunale italiano precisa che la Convenzione dell’Aja non pone limiti allo status di genitori adottivi. Va però detto che gli estensori della suddetta Convenzione di certo non si sarebbero mai figurati che con la parola “status” si potesse anche indicare l’orientamento sessuale.

Secondo elemento ricorrente: la coppia è “famiglia” e quindi da quando una famiglia non può accogliere nel proprio focolare domestico un bambino adottandolo?

Terzo elemento ormai consolidato in giurisprudenza: non c’è vulnus all’ordine pubblico. Per il nostro ordinamento giuridico un provvedimento straniero non può essere recepito in Italia se è contrario all’ordine pubblico. Avere due genitori dello stesso sesso, sempre fino all’altro ieri, è sempre stato ritenuto contrario all’ordine pubblico. Ma la sentenza n. 19599 del 2016 della Cassazione civile, citata anche dal Tribunale fiorentino, precisa che le relazioni familiari fanno parte dell’ordine pubblico. I due sono “famiglia” ergo concedere loro l’adozione  tutela l’ordine pubblico. Oltre a questo la Cassazione ha affermato – aspetto che i giudici fiorenti hanno puntualmente ripreso – che l’ordine pubblico deve essere inteso in senso transnazionale. In buona sostanza se agli inglesi non fa problema concedere in adozione un bambino ad una coppia gay non lo deve fare nemmeno alla giustizia italiana.

Quarto ingrediente che non può mai mancare: il superiore interesse del minore. Dato che il pargolo è ormai inserito nell’ambiente “familiare” della coppia, strapparlo dalle loro cure sarebbe lesivo dei suoi interessi: “si tratta di una vera e propria famiglia e di un rapporto di filiazione in piena regola che come tale va pienamente tutelato”. Più in particolare non riconoscere il provvedimento di adozione sfocerebbe in una “incertezza giuridica” che avrebbe influssi negativi sull’identità personale del bambino. Ma l’interesse del minore – lo abbiamo ripetuto molte volte – esige l’educazione di una mamma e un papà tra loro sposati.

Gli avvocati della Rete Lenford ovviamente guardano al futuro. Quante coppie dovranno ancora trasferirsi all’estero per vedersi riconosciuto qui in Italia il loro ruolo genitoriale? E’ un’indecenza ed è pure discriminatorio per quelli che non hanno risorse economiche sufficienti per simili viaggi della speranza. Il solito refrain già sentito per i “matrimoni” gay, la fecondazione artificiale eterologa e per l’eutanasia. Che il Parlamento e in subordine i giudici provvedano al più presto: vogliamo l’omogenitorialità a chilometro zero.

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