Gli 80 mila volumi della libreria Fenice, accatatastati in un magazzino per essere portati al macero, simboleggia la cultura di Trieste, una cultura sempre più asfittica, trascurata e annacquata.

Ultimo atto della libreria Fenice?




La sorte degli 80 mila volumi della fallita Libreria Fenice ci ricordano la leggenda dell’araba “fenice” che muore ciclicamente tra le fiamme e poi rinasce dalle proprie ceneri. Un’identità non solo di nome, ma anche, in parte di destino, con un finale tuttavia assai diverso: nessuna rinascita, ma solo cenere, la cenere di miriadi di libri invenduti, ora prelevati dagli scaffali desolati della ex libreria e trasportati in via Caboto, in un magazzino, per essere successivamente portati al macero. Vita Nuova si occuperà in modo più articolato e approfondito di questo sconsolante epilogo nel numero del’11 ottobre).

Per ora ci preme tentare qualche riflessione e soprattutto trarre da questo caso particolare una lezione sullo stato attuale della cultura in generale e soprattutto della cultura triestina. Una cultura sempre più asfittica, trascurata e annacquata per lo più in iniziative che di culturale, nel senso profondamente umano e sapienziale della parola, hanno ben poco. I libri, pazientemente acquistati, raccolti e certamente amati con sincera passione dall’editore e libraio Zorzon, con un colpo di spugna vengono cancellati. Nessuno che, nel tempo trascorso dalla chiusura della Libreria all’attuale prelievo dei volumi e quindi al futuro passaggio al macero, si sia mosso per fare qualcosa: le Biblioteche non hanno spazio, le istituzioni, magari sempre in prima linea quando si tratta di allestire chioschi estivi per distribuire a pioggia birra e fritti misti, indifferenti e sempre più disattente alla cura della vita culturale della città. Quanto alle antiche e belle figure di “imprenditori” intellettuali che investivano anche e soprattutto in cultura, sembrano scomparse del tutto. La “morte” dei libri non è solo la distruzione di un anonimo oggetto materiale. Essa è la morte del pensiero, dell’analisi intellettuale, della curiosità e della ricerca, della cura del sapere come via aurea che conduce alla conoscenza di se stessi, della sostanza delle proprie relazioni, dell’essenza del proprio vivere e degli orizzonti del proprio agire. La lettura di un libro è un esercizio della volontà, una palestra in cui l’intelligenza affina e calibra i propri strumenti, un’ampolla in cui si decantano, alla fiamma del pensiero appassionato e inquieto, i propri umori, i propri aneliti, le proprie domande e le possibili risposte. Senza il libro, il pensiero e l’esperienza umana muoiono con chi ne è stato l’autore e il protagonista, senza il libro non c’è storia, non c’è progresso, non c’è possibilità di guardarsi indietro per poi slanciarsi in avanti, verso il futuro, verso l’orizzonte di nuove avventure del pensiero e dello spirito. Ma ancora più grave e allarmante è l’ora in cui nessuno ha più a cuore questa immensa risorsa dell’uomo che è la scrittura, la pagina stampata, il libro rilegato. Una civiltà che non si cura più del libro è una civiltà che si avvia a vivacchiare in un perpetuo nebuloso presente senza nulla dietro di sé, senza nulla davanti a sé, se non l’attimo e il succo dolce delle sensazioni che se ne possono trarre. Desta dispiacere e preoccupazione che Trieste sia in questa circostanza un ben misero modello di questo declino. Si parla di una colletta organizzata dal Comune per salvare i libri viste anche le vivaci proteste dei cittadini . Vedremo come andrà a finire.

Mi viene in mente la stupenda biblioteca di Cassiodoro, un grande intellettuale vissuto  tra il V e il VI secolo dopo Cristo e che fondò a Squillace, in Calabria, una comunità monastica dal significativo nome di Vivarium con annesso uno scriptorium per la trascrizione dei codici antichi. Un’azione di autentico salvataggio dalla distruzione dell’antica cultura classica ad opera delle orde di barbari che dilagavano in Europa. Un atto d’amore per il sapere e un deciso passo avanti nella civiltà del pensiero, della riflessione e della consapevolezza.

Buttare via un’intera biblioteca non è solo una perdita economica. E le ragioni per tentare di salvarla, allo stesso modo, non devono essere sempre e solo economiche. Né ci sarà una vera soluzione con qualsivoglia azzardo dell’ultima ora, tanto per non perdere il consenso e tacitare a buon mercato le lamentele di chi, forse, i libri li ama ancora.

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