Spread




Nello scorso numero ci eravamo lasciati con dei quesiti che riguardavano l’impatto che l’aumento dello spread, derivante dalla riduzione del valore dei titoli di stato e il relativo aumento del tasso di finanziamento per le nuove emissioni, può avere in termini di costo di finanziamento alle aziende, dei mutui per le persone fisiche e, nel tempo, causare eventuali ripercussioni sull’occupazione.

Evidenziamo che non esiste una correlazione diretta tra aumento dello spread e aumento dei tassi di indebitamento, ma nel lungo periodo possiamo affermare che il deterioramento della fiducia che il mercato ripone nei confronti del Sistema Italia (misurato appunto dallo spread), si rifletterà , purtroppo, sul costo dei debiti aziendali e privati.

Oggi un’impresa che si indebita senza garanzie (prestito chirografario), con un orizzonte temporale di 8 anni, trova tassi di finanziamento dal sistema bancario attorno al 3%-4% . Ma, se tra qualche mese l’Italia continuerà a rimanere al centro dell’attenzione del mercato, è possibile un aumento del costo del finanziamento: il maggior costo dei suoi prestiti porterà delle ripercussioni sul bilancio. Per evitare perdite o minori utili, l’azienda ridurrà gli investimenti o, nel miglior caso, rinvierà quelli programmati. Minori investimenti causano minor sviluppo e possono comportare un ridimensionamento dell’azienda. Tale situazione causerà inevitabili conseguenze negative sul tasso di occupazione.
 
Passando ai mutui, il ragionamento risulta simile: quando un cliente accende un mutuo si trova come prima cosa a dover scegliere il tipo di tasso (variabile o fisso).
Ai tassi di riferimento usati per costruire i mutui (Euribor per il variabile e Eurirs per il fisso) le banche aggiungono una maggiorazione che rappresenta l’effettivo guadagno dell’istituto.
Se l’aumento dello spread continuerà il sistema bancario italiano si troverà ad affrontare una diminuzione della sua solidità a causa dell’esposizione sui titoli di stato che formano, assieme ad altri componenti, le “fondamenta” delle banche.

A tal proposito ricordiamo che, nonostante in questi anni lo stock di titoli di stato sia stato in parte assorbito dalla BCE attraverso il QE (Quantitative Easing), le banche detengono nel 2018 ancora circa il 28% del debito italiano (Fonte: Equita, Bloomberg, Bilanci aziendali).
Su queste basi si reggono tutte le attività bancarie tra cui, appunto, i mutui. Basi più fragili, obbligano a rivedere le attività.
Il diminuire della solidità bancaria farà si che Le banche diminuiranno le erogazioni di mutuo e ciò comporterà un aumento della “maggiorazione” applicata agli indici di riferimento sopra indicati. La conseguenza sarà che il tasso finale che i cittadini si troveranno ad affrontare per l’acquisto della casa tenderà ad aumentare.
A tutto ciò va ad aggiungersi poi la “concorrenza” degli altri stati europei che, con tassi più bassi. possono permettere alle loro banche di finanziare aziende e privati a condizioni migliori, contribuendo al benessere dei loro cittadini.
Possiamo quindi concludere che la fiducia riposta dal mercato nei confronti del nostro paese risulta fondamentale per poter continuare l’opera di rilancio della nostra economia. Lo Spread misura indirettamente questa fiducia ed è un ottimo indicatore per capire come il mondo ci valuta.

Marco Della Zotta e Stafano Battista
Consulenti finanziari

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