A Milano c'è un assessore alla felicità dei cittadini. Per favore, Sindaco Dipiazza, non prenda l'esempio. Dio ce ne scampi. Alla felicità ci pensiamo noi.

Sindaco Dipiazza, non istituisca l’assessore alla felicità…




In uno dei Municipi del Comuni di Milano, precisamente nel Municipio 3 di nuova vostituzione, a seguito delle elezioni amministrative che hanno portato a Palazzo Marino il candidato di centro-sinistra Sala, è stato istituito l’assessore alla felicità, incarico affidato al sig. Costamagna. Per carità, sindaco Dipiazza, non segua l’esempio… Non vogliamo nessun assessore alla felicità a Trieste e lei stesso non sia il sindaco della felicità.

La politica ha certamente un suo primato rispetto ad altre dimensioni del vivere comune, perché è la sintesi. Però fino ad un certo punto. La felicità non c’entra, anzi quando la politica si è messa in testa di creare un paradiso in terra è stata una disgrazia per tutti. Robespierre o Lenin volevano portare la felicità, cambiare la natura umana, trasformare questo mondo in un nuovo Eden. Amiamo Trieste,  ma non affidiamo alla giunta comunale il compito di trasformarla in un nuovo Eden.

A meno che non si voglia ridurre la felicità a fare meno coda agli sportelli dell’anagrafe comunale, perché allora sarebbe un’offesa alla felicità.

Meglio concentrarsi su cose “minori”, forse meno nobili, ma di maggiore necessità. Nessuna palingenesi, per favore! A creare le “nuove creature” ci pensa il Battesimo e alla Risorrezione pure c’è chi ha già provveduto. Le scuole comunali non hanno il compito di creare la felicità nei bambini. Ci pensino i loro genitori. E’ sufficiente che li accudiscano, che insegnino loro le cose di buon senso, l’educazione e il rispetto. La pulizia dei muri cittadini e delle strade, la gentilezza e l’operosità dei dipendenti comunali, qualche vigile in più in giro per le strade, qualche accordo più efficace con le forze dell’ordine per una maggiore sicurezza, le partecipate con i conti in ordine, qualche ideuzza per abbassare le tasse e le imposte comunali, anche qualche prova di muscoli, certo, su cose di vecchia data (e tutti sappiamo quali sono) ma, nel complesso, volare basso, fare le cose una alla volta, cominciando da quelle più difficili e noiose, girare tra la gente e chiedere cosa non va e cosa c’è da fare, mettere in ordine qualche giardino o parco giochi in più, incentivare chi apre un negozio in centro fuori dai grandi centri commerciali, porre attenzione a chi lavora veramente, come i padri e le madri di famiglia, quella vera, e non solo a chi ciancia, fare qualche proposta di buon senso ai giovani, senza giovanilismo, mettere i doveri prima dei diritti e insegnare a farlo. Umiltà, operosità, altro che fare la felicità dei cittadini.

Alla questione della felicità ci pensiamo noi. Essa ha infatti a che fare con i valori della vita che una giunta comunale deve rispettare – almeno quelli principali – ma che non è compito suo imporre. Una politica non ideologica. Imporre la felicità è sempre ideologico.

 

 

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