Omelia del Vescovo alla Santa Messa della Festa del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, cattedrale di San Giusto. Noi cristiani siamo essenzialmente un popolo che ricorda.

Siamo un Popolo che ricorda




DIOCESI DI TRIESTE

NATALE DEL SIGNORE GESU’

 +Giampaolo Crepaldi

Cattedrale di San Giusto, 25 dicembre 2013

 Carissimi fratelli e sorelle,

1.            “Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio”: è questo lo splendido e gioioso ritornello che, in occasione della solennità del Santo Natale, viene cantato in tutte le Chiese del mondo. È un annuncio pieno di speranza di cui tutti avvertiamo una particolare necessità in un periodo storico che ci vede spettatori preoccupati dal venir meno di tante sicurezze. La parola crisi, infatti, è ormai sulla bocca  di tutti come cifra drammatica di una stagione segnata, anche nella nostra amata città, dall’esperienza amarissima di chi ha perduto il senso e il gusto del vivere fino a chi ha perso il posto di lavoro. Senza ombra di dubbio ci troviamo a vivere uno dei periodi storici tra i più complessi e difficili, periodo che ci interpella in profondità. Eppure, è proprio in questo difficile contesto che giunge a noi il confortante annuncio, pieno di gioia e di speranza, della nascita di Gesù a Betlemme.

2.           La prima lettura che abbiamo ascoltato (Is 52, 7-10) ci ricorda come, nella nascita di Gesù, avviene la manifestazione rassicurante del regnare definitivo di Dio nella storia: la storia, quella personale e quella comunitaria, è saldamente nelle mani di Dio; la seconda lettura sottolinea invece come il Figlio sia la parola definitiva di Dio che nella storia ha parlato già in diversi modi, specialmente per mezzo dei profeti (cfr. Eb 1,1-6): in Lui e con Lui tutto è chiaro e tutto ha un senso definito. Abbiamo ascoltato, inoltre, uno dei brani più intensi del Nuovo Testamento: il Prologo del Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 1,1-18). Questo straordinario brano ci istruisce su alcune cose assai significative. In primo luogo, ci comunica che il Verbo di Dio si è fatto carne e che, nella fragilità della carne umana, noi – anche dopo duemila anni – possiamo contemplare Dio e conoscere la sua vera e autentica identità (cfr. 1,14.18). In secondo luogo, il Prologo giovanneo ci comunica che il Verbo di Dio è anche Colui per mezzo del quale è stato creato e fatto il mondo e l’uomo (cfr. 1,2). In terzo luogo, parla direttamente a noi, suoi lettori: «A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare Figli di Dio» (Gv 1,12): Gesù bambino, oltre ad offrirci la straordinaria opportunità di conoscere Dio e la sua identità, ci coinvolge in una relazione d’amore, per condividere con noi la sua stessa vita divina, la sua stessa figliolanza divina, per mezzo dello Spirito Santo.

3.           Carissimi fratelli e sorelle,fattosi uno di noi e come noi nella carne umana – e. tutto questo, per amore nostro – Gesù, il Figlio eterno del Padre, con la sua incarnazione e lungo tutto l’arco della sua esistenza terrena fino alla sua morte in croce ci ha manifestato un nuovo modo di esistere, indicandoci la possibilità di vivere una vita di comunione con Dio conosciuto e amato come tenerissimo Padre, di incontrare gli altri come fratelli, di perdonare ed essere perdonati, di condividere il pane della carità amichevole e solidale. Per questo noi cristiani facciamo memoria del Natale, per questo noi cristiani siamo essenzialmente un popolo che ricorda, anche se continua a vivere in mezzo a tanti uomini e donne smemorati perché presi dalla preponderanza di ciò che è attuale, spesso effimero e senza un consistente futuro. Per questo, noi cristiani, che celebriamo il Natale, abbiamo il sacrosanto dovere di raccontarlo ai nostri contemporanei attraverso la nostra testimonianza, il nostro annuncio, la nostra gioia. Perché, fratelli e sorelle carissimi? Perché con il dimenticare la nascita di Gesù si rischia di dimenticare la propria origine e il proprio destino, restando vittime di ogni sottile alienazione umana. Ricordare il Natale di Gesù vuol dire, infatti, ricordare che tutti dall’inizio siamo stati in Lui pensati e voluti dal Dio creatore; significa ricordare che l’intera nostra esistenza, giorno dopo giorno, è un procedere incontro a lui, incontro al Signore della storia. Che sia questa allora la grazia che oggi tutti imploriamo dal Padre celeste: che riaccenda in noi la memoria di Cristo”; la memoria di Colui che “era in principio presso Dio, e tutto è stato fatto per mezzo di lui” (cfr. Gv 1,2-3); di Colui che è “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (cfr. Gv 1,9); di Colui che è il Verbo eterno che per noi “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (cfr Gv 1,14).

4.           Carissimi fratelli e sorelle, Natale è un giorno straordinario, perché Dio si fa così vicino all’uomo da diventare uno di noi. Quanto amore in questa decisione! Questo fatto ci deve toccare profondamente: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce…”. Sì, nel buio di tante giornate, nel buio della paura, delle difficoltà della vita, dell’egoismo, si inserisce un evento di speranza e di tenerezza: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”. E’ Gesù, l’Emanuele, il Dio con noi. Parlando del Natale, il Santo Padre Francesco ha affermato pochi giorni fa: “Dio incontrandoci ci dice due cose. La prima è: abbiate speranza. Dio apre sempre le porte. E’ il papà che ci apre le porte. Secondo: non abbiate paura della tenerezza”. Spesso preferiamo la nostra caparbia disperazione alla bontà di Dio, che fin dai tempi di Betlemme vuole toccare il nostro cuore. In fondo siamo troppo orgogliosi per lasciarci salvare. San Giovanni, nel magnifico Prologo al suo Vangelo, scrisse: «I suoi non lo accolsero». La tragedia rappresentata da questa frase non si esaurisce nella storia della ricerca di un ricovero. E neppure si esaurisce nell’appello a pensare ai senzatetto che ci sono nel mondo, per quanto importante questo richiamo possa essere. La ragione per cui la terra non offre rifugio a tanta gente è che la nostra superbia chiude le porte a Dio. Ancora papa Francesco: “Il Natale non è stata la denuncia dell’ingiustizia sociale, della povertà, ma è stato un annuncio di gioia. Il Natale è gioia, gioia religiosa, gioia di Dio, interiore, di luce e di pace”.

5.           Cari fratelli e sorelle, giunga a tutti l’augurio di un santo e buon Natale, giunga soprattutto ai bambini e alle persone anziane; giunga a chi cerca Dio; giunga a chi è senza lavoro e si trova in difficoltà materiale e ha bisogno della solidarietà dei fratelli; giunga ai giovani affinché imparino la lezione di speranza e di tenerezza che arriva da Betlemme; giunga alle nostre famiglie rese custodi gelose del mistero umano della vita e dell’amore autentico; giunga a tutta la nostra città di Trieste.  A tutti e di cuore buon Natale!

(Foto di Francesco La Bella)

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