Siamo tutti Bipolari?




La moderna psichiatria ha elaborato una complessa classificazione delle diverse patologie mentali e dei relativi sintomi che ne determinano il chiaro e inequivocabile riconoscimento. In passato — a parte singole voci più lungimiranti — il quadro era molto nebuloso e appannato da innumerevoli equivoci e pregiudizi che portavano ad etichettare genericamente come “pazze” tutte le persone con comportamenti divergenti rispetto alla norma. Le conseguenze più gravi erano l’isolamento e l’incomprensione, che spesso portavano alla reclusione del malato. Grande era anche l’ignoranza sulle cause di queste patologie e sulle cure da prescrivere. Si dice che con l’avvento della moderna psichiatria e soprattutto dei nuovi farmaci frutto di sofisticate sintesi chimiche lo scenario sia completamento cambiato. Mercoledì 16 giugno, il prof. Maurizio De Vanna ha tenuto presso il Circolo della Stampa una conferenza sul Disturbo bipolare, descrivendone le molteplici cause, le gravi conseguenze e le possibili cure. Il Disturbo bipolare consiste in una grave alterazione dell’umore che porta ad un’alternanza di periodi di profondo abbattimento con periodi di esagerata eccitazione ed euforia.
Naturalmente, ha esordito il relatore, siamo tutti un po’ bipolari in quanto soggetti di giorno in giorno e a volte anche in archi di tempo più brevi ad alti e bassi e a repentini mutamenti di umore. Il problema sta nello stabilire quando queste oscillazioni diventano patologiche. Si può diagnosticare una depressione quando la persona cade in uno stato d’animo di profondo abbattimento, perde l’interesse per ogni cosa — anche per quelle che prima la coinvolgevano —, dorme poco, alterna momenti di agitazione a momenti di grande stanchezza, non si prende più cura di se stessa, ogni attività gli risulta insostenibile, le idee sono buie e pessimiste. Il depresso inoltre nutre con grande tormento la convinzione di essere un incapace e di non poter fare più nulla, oltre a tendere all’isolamento e alla solitudine. L’altro stato invece, chiamato mania e che si alterna a quello depressivo, è connotato da un’innaturale agitazione e da un’euforia debordante e a volte distruttiva. Il soggetto si crede capace di fare tutto, vive a ritmi febbrili ed insonni, ha un’ideazione frenetica e convulsa in cui i pensieri si accavallano e ogni cosa desta un’interesse e un entusiasmo smisurati, non dorme, lavora senza sosta e avverte uno stato di pienezza e di vigore che lo colma di energia e di benessere, di ebbrezza ininterrotta e di fiducia illimitata nelle proprie capacità e nelle proprie forze. Oltre a ciò sente un bisogno continuo di novità e di azioni eccezionali che possono portarlo anche ad atti estremi e pericolosi per la sua vita. Questi soggetti se vengono contrastati possono diventare molto irritabili e anche aggressivi: in questo caso si parla di disforia.
Nel Disturbo bipolare di tipo 1 la mania, che si alterna alla depressione, è molto accentuata, mentre nel Disturbo bipolare di tipo 2 si parla di ipomania perché lo stato di alterazione e di euforia è più contenuto. Nella ciclotimia si ha anche questa alternanza tra depressione e mania, ma in forma più confusa e smorzata, con fasi distimiche (depressive) e fasi euforiche (ipomania) di varia persistenza e durata. Negli episodi depressivi molto frequenti sono gli atti di autolesionismo, i tentativi di suicidio con esito spesso fatale. Le cause scatenanti sono molteplici: la predisposizione genetica, il temperamento individuale, gli errati stili di vita, la mancanza di sonno, l’assunzione di alcol, di cocaina, di anfetamine e di altre sostanze psicotrope. Le cure ad oggi più valide sono a base di litio e di stabilizzatori dell’umore; gli antidepressivi, efficaci nelle depressioni, sono invece del tutto controindicati nel caso della mania che ne risulterebbe accentuata e peggiorata. Logicamente è consigliabile anche il sostegno psicologico di uno psicoterapeuta che possa aiutare il paziente a ricostruire in modo sano ed equilibrato il tessuto lacerato della propria esistenza e delle proprie relazioni.
Vi è tuttavia anche una nota positiva in questo quadro così poco ottimista. Il Disturbo bipolare infatti, ha sottolineato De Vanna, è legato alla creatività e questo spiega perché tanti grandi uomini, artisti, filosofi, pittori, poeti e scrittori ne siano stati affetti. Tutto l’insieme dei disturbi che caratterizzano la malattia infatti acuiscono la sensibilità della persona, la sua capacità di riflettere e di capire, la sua conoscenza delle forze profonde della vita, sia quelle più oscure e distruttive sia quelle più luminose e potenti, fonte di ebbrezza, di eccitazione e di gioia. Uomini come Churchill, Abramo Lincoln e Napoleone, per citare persone che hanno avuto un grande rilievo pubblico e storico, ne hanno sofferto; accanto a loro, per citarne alcuni, Tolstoj, Caravaggio, Virginia Woolf, Van Gogh, Rossini, Mahler, Balzac, Dickens, Baudelaire.
Oggi la depressione è la prima causa di invalidità del mondo occidentale. A dispetto del maggiore benessere e degli elevati tenori di vita, l’uomo sembra essere più infelice e malato nell’anima rispetto al passato, quando le aspettative di vita erano molto basse ma il tono dell’umore stranamente più alto. L’aggressività si allarga, gli uomini si sentono soli e sofferenti in una società che si sgretola e si frammenta sempre più, i ritmi frenetici della quotidianità tolgono forza e motivazioni, il senso delle cose è pressoché cancellato e sepolto sotto cumuli di informazioni spezzettate e continue che bombardano la mente senza tregua. Come si spiega questo paradosso di un’umanità che, almeno nel più opulento occidente, dovrebbe essere sana e felice mentre è sempre più malata e infelice? La psichiatria e la psicoterapia possono certo aiutare a risolvere molti problemi ma non sono una panacea universale. Nella visione delle cose maturata dalla moderna psichiatria spiccano dei punti critici. Prima di tutto il concetto di normalità e di sanità: che cosa sono queste due condizioni di equilibrio rispetto alle quali la malattia è una deviazione? La visione che la psichiatria ci propone, con la sua classificazione minutissima delle patologie mentali, non regge molto il confronto con l’esperienza: chi è perfettamente normale e sano? Chi, per quanto in media equilibrato e tranquillo, non manifesta mai qualcuno dei sintomi recensiti nei manuali di psichiatria? Umor nero, insonnia, stanchezza, pessimismo e disistima oppure eccitazione, euforia, ottimismo, forte senso di sé e tanta voglia di fare cose nuove? Il rischio è quello di medicalizzare ogni manifestazione di temperamento giudicata eccentrica rispetto ai canoni della normalità “medica” solitamente ridotta ad un buon appetito, ad un dato numero di ore di sonno, ad una sana e costante vita sessuale e a una perfetta integrazione con la realtà delle cose. Ma davvero questa è “normalità”? Davvero questo può bastare all’uomo e renderlo felice ed equilibrato? In un certo senso, seconda questa ottica, anche la misura senza misura della verità evangelica non rientra nei canoni dell’uomo giudicato “sano” secondo la visione materialista. E i santi e i mistici, con le loro estasi, le loro notti oscure e i loro incontri beatificanti e travolgenti con il divino? Sono tutti bipolari? Forse oggi la depressione è il grande male dell’occidente perché la moderna visione del mondo e dell’uomo è troppo riduttiva, limitante e materiale. Forse l’uomo cerca un di più, ma non lo trova e la sua malattia è prima di tutto una malattia dell’anima. Gli psichiatri dicono che il cervello di una persona depressa è come un albero disseccato e scheletrito. Estendendo la metafora, si può dire che all’uomo depresso, come all’albero senza vita, mancano l’acqua, il vento, la luce, la linfa. Nutrimenti che vengono dallo spirito e dal contatto con il sacro, i grandi assenti al convito della “terra del tramonto”.

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