Nuova puntata della saga delle critiche al Vescovo, sempre le stesse e sempre gli stessi dissidenti di professione. Non sarebbe il caso nemmeno di intervenire, ma per evitare confusioni è sempre meglio precisare. In attesa della prossima puntata.

Sempre le stesse e sempre gli stessi




Dopo Belci, Duosi. Nuovo intervento contro il Vescovo di Trieste. In questi casi si è incerti se rispondere o lasciar perdere. Molto da dire di nuovo infatti non c’è e chi scrive queste cose lo fa per partito preso e continua a scriverle ormai da anni. Però non rispondere può dare l’impressione di accettare le osservazioni scorrette e anche questo non è giusto.

Pietro Duosi ha pubblicato sul Piccolo di martedì 5 agosto un intervento pieno di inesattezze, di interpretazioni avventate e di offese grossolane. Di inesattezze perché ignora lo svolgimento dei fatti di cui si occupa, di interpretazioni avventate perché su questa ignoranza costruisce ipotesi fantasiose di dolo, di offese grossolane perché manifesta un’avversione contro la Chiesa di Trieste che non è indice di serenità di giudizio. E’ il caso, per esempio, del suo riferimento alla situazione del Villaggio del Fanciullo, su cui non solo la Curia ma anche altri hanno chiarito la reale situazione e che Duosi interpreta addirittura come frutto della volontà del Vescovo di fare speculazioni edilizie. Osservazioni simili fanno venir voglia di non rispondere nemmeno. Dello stesso tenore le illazioni sulla defenestrazione di Mons. Crepaldi da Roma a Trieste per punizione, oppure il riferimento forzato al “culto della personalità” che Vita Nuova testimonierebbe (a proposito: magari coloro che criticano Vita Nuova lo leggessero!). Annotazioni di bassa lega e stantie che non meritano granché. Ho trovato ridicola l’osservazione sulla trascuratezza del magistero di papa Francesco. Il nostro Vescovo è stato chiamato anche a san Giovanni in Laterano a parlare di papa Francesco, nelle sue omelie rimanda sempre ai suoi insegnamenti, ha voluto che su VN on line ogni settimana ci fosse un articolo sul magistero del Papa e – do così una notizia in anteprima – sta scrivendo un libro sul Santo Padre.

A Trieste c’è ancora uno sparuto gruppo di persone che, dopo quattro anni, non ha ancora accettato che il Vescovo intenda fare il Vescovo. Fare il Vescovo vuol dire amare il proprio popolo, operare senza risparmio per il suo bene soprattutto spirituale, garantirne la saldezza nella fede, sostenerlo nell’evangelizzazione, governarlo paternamente. Questo sta facendo Mons. Crepaldi. Dovrebbe essere il Vescovo a piegarsi a questo sparuto gruppo di dissidenti di professione oppure dovrebbero essere costoro, se veramente amano la Chiesa, a comprendere quanto il Vescovo fa per il bene di questa Chiesa? Dovrei qui fare l’elenco delle nuove piste dell’evangelizzazione e della vita della Chiesa che si sono aperte a Trieste sotto questo episcopato? Sono sotto gli occhi di tutti: da una presenza pubblica autorevole e ascoltata ad un settimanale diocesano di qualità, dal potenziamento della Caritas all’avvio della pastorale delle vocazioni, dall’attenzione per la cultura con la Cattedra di San Giusto all’avvio e conduzione del Sinodo diocesano, dai collegamenti con l’università e la pastorale universitaria alla riorganizzazione delle associazioni cattoliche come per esempio quella dei medici cattolici, dagli investimenti per una pastorale organica e di lungo periodo per i giovani al funzionamento effettivo ed efficace delle commissioni diocesane, dalla ristrutturazione, non solo edilizia, del seminario di via Besenghi all’accoglienza di nuovi ordini religiosi in diocesi, dallo sviluppo del culto mariano alla nascita di nuove società contemplative e di adorazione, dalla prossima impostazione della formazione sociale e politica alle attività pastorali con il mondo dell’arte, dai collegamenti con il mondo della società civile triestina allo sviluppo della pastorale per la gente di mare, dall’apertura di Trieste ad eventi ecclesiali nazionali ed europei e fino alla ripresa delle vocazioni sacerdotali e religiose sia maschili che femminili nella nostra diocesi, con numeri in netta controtendenza positiva.

Ora mi chiedo: davanti a tutto questo cantiere, a questi progetti, a queste iniziative, di fronte a queste energie coltivate e sostenute e che spingono a guardare avanti… cosa rimane delle insinuazioni alla Duosi che, sempre quelle, sentiamo ormai da quattro anni? Quanto piccole dimostrano essere?

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