Gandolfini, Mantovano e Miriano lanciano la sfida all’ideologia gender in difesa dei diritti dei bambini. «Siamo contro questa teoria che produce solo individui confusi»

«Se togliamo il senso della realtà come limite all’uomo, cosa accadrà?»




È il diritto, lo Stato, che plasma gli individui e crea la società o è l’uomo che forgia le istituzioni secondo la sua natura? La disputa è secolare, ma il revisionismo in atto in Italia sui concetti di famiglia, identità sessuale e, di conseguenza di genitorialità, ripropone il dilemma toccando il nodo dell’articolazione e funzionamento dello Stato. «È dal 2005, dal referendum sulla procreazione medicalmente assistita, che vedo una giurisprudenza creativa in base alla quale ormai è l’organizzazione giudiziaria che fa le leggi», osserva Massimo Gandolfini, portavoce del comitato “Difendiamo i nostri figli”. Ricordando a Tempi che «in Italia la fecondazione eterologa era stata vietata da una legge che aveva superato un referendum, ma quella legge è stata totalmente vanificata per via giudiziaria», Gandolfini adduce tale caso come la prova del fatto che «le leggi non sono più fatte dal Parlamento: oggi Cassazione e Consulta creano nuovi istituti giuridici».

Come a confermare tale diagnosi, a metà luglio la Cassazione ha sancito che il diritto a ripudiare la propria identità sessuale originaria prescinde dalla necessità di apportare le correzioni chirurgiche del caso. E neanche ventiquattro ore dopo, da Strasburgo la Corte europea dei diritti umani ha posto di fatto l’Italia di fronte a un vincolo esterno in merito alla definizione legale di famiglia, tanto cogente quanto divergente dalla definizione che l’articolo 29 della Costituzione italiana fornisce.

«Io vedo pericoli per il buon senso, per il senso della realtà, per il bene dell’umanità tutta», osserva la giornalista e scrittrice Costanza Miriano. «Chi da oggi potrà impedire a qualcuno che voglia andare in pensione prima del tempo di dichiarare di sentirsi donna? Oppure, chi voglia diventare dirigente approfittando delle quote rosa, non potrebbe forse dichiarare di percepirsi profondamente femmina, almeno in quella fase della sua vita (perché per i teorici del gender si può passare tra le diverse decine di percezioni di sé infinite volte nella vita)? Non voglio banalizzare i sentimenti della persona che si è rivolta al magistrato, la sua storia personale sarà sicuramente complicata e dolorosa, ma se togliamo il senso della realtà come limite all’uomo, cosa rimane a garanzia delle basi comuni della società? E poi in qualche modo la sentenza può essere intesa anche nell’altro senso: è vero, l’operazione di cambio sesso non è necessaria, ma proprio perché è irrilevante. Chi nasce maschio rimane tale, esattamente come un uomo che, per dire, perde gli organi genitali in un incidente non diventa una donna, così come io non divento una gallina se mi taglio le braccia. Io sono donna nel modo di essere, pensare, vedere la realtà, in ogni cosa che faccio, e non solo nell’avere rapporti sessuali o generare bambini. Un uomo è un uomo sempre, qualunque cosa faccia al suo corpo».

Alfredo Mantovano inquadra la questione della famiglia in una prospettiva storico-culturale: «In questo momento storico, non solo l’Italia ma l’Europa tutta sono poste di fronte a problemi seri che richiedono decisioni gravi. Iniziative di legge a favore delle unioni civili piuttosto che delle droghe conducono a prostrare una popolazione che invece deve essere in salute perché, dopo aver dimostrato cosa sia la civiltà, oggi è incalzata da un lato dal terrorismo e dall’altro da chi cerca in noi un rifugio».

Il sostegno di una piazza

La famiglia che ormai sempre più rischia di essere definita “vecchio stile” per essere identificata come costituita da una coppia uomo-donna, aveva ottenuto una prima “vittoria” grazie all’affluenza di massa al raduno di Roma promosso lo scorso 20 giugno dal comitato “Difendiamo i nostri figli”, di cui fanno parte tutti e tre gli interlocutori di Tempi. Sulla scia di quel successo (che ha indotto il comitato a divenire permanente), una circolare del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini in occasione della nuova legge sulla scuola sembra avere scongiurato («ma l’attenzione da parte dei genitori va tenuta alta», ricorda il Comitato) l’introduzione nelle aule italiane della teoria del gender, quella che in Francia aveva portato (prima che le proteste di molti genitori avessero successo) a introdurre nelle scuole elementari libri di testo come Papà porta la gonna. Sgombrato il campo da quella che Gandolfini spiega essere «un’ideologia che non ha nulla di scientifico e una teoria pericolosissima, perché distrugge la natura umana sostenendo, in un delirio di autodeterminazione, che non esiste una natura sessuata ma una personalità costruita a piacimento e perché indica un percorso educativo che costruisce individui deboli e confusi», il successivo duplice verdetto di Cassazione e Corte europea ha tuttavia riproposto la teoria del gender e dato impulso al progetto di legge sulle unioni civili della parlamentare Pd Monica Cirinnà, che appena pochi giorni prima il premier Matteo Renzi aveva ribadito di voler adottare entro l’anno.

Non basta una sentenza

Presidi estivi davanti al Senato (dove è in discussione il progetto di legge Cirinnà) e una raccolta firme già avviata e destinata in autunno ad ampliarsi online, sono le prime iniziative dispiegate per fronteggiare quella che Gandolfini non esita a definire una «dittatura del pensiero unico», osservando che «si parla tanto di omofobia, invece oggi il clima è di eterofobia» (lui stesso per le sue posizioni è stato deferito all’ordine dei medici, cui appartiene, e successivamente assolto all’unanimità dall’accusa di violare la deontologia). Mentre Mantovano ipotizza un raduno bis al Circo Massimo, Miriano chiama in causa anche i media: «Dovrebbero sforzarsi di pensare un po’ più con la propria testa, e non titolare in massa “Strasburgo condanna l’Italia”, con una sorta di gigantesco tasto copia-incolla collettivo. L’Europa non ha il potere di condannare l’Italia su questa materia, altrimenti chiuderemmo Camera e Senato: per ratificare le decisioni prese altrove basterebbe qualche funzionario pubblico munito di timbro. Non servirebbe nemmeno un governo. Dovremmo essere onesti, noi giornalisti, e non sparare in prima pagina certe notizie, come se cambiassero davvero in modo decisivo le cose».

Il silenzio della Cei sul raduno del 20 giugno non preoccupa. Gandolfini ricorda l’invito delle gerarchie ecclesiali a partecipare alla veglia di preghiera del 3 ottobre, vigilia del Sinodo sulla famiglia, e Mantovano chiama «i laici cristianamente ispirati ad un’assunzione di responsabilità per non lasciar minare il corpo sociale mentre in Italia si fanno sempre meno figli e ci sono sempre più anziani». Posto che la famiglia basata su uomo e donna rappresenta, come dice Mantovano, una «priorità non soltanto etica ma anche antropologica», d’altronde, la sua tutela non può scivolare su un terreno ideologico o farsi scudo della fede cattolica, come Gandolfini lascia chiaramente intendere, fugando anche possibili dubbi su derive verso le tesi di uno scontro di civiltà, quando ricorda che le voci levatesi il 20 giugno appartenevano a più fedi, come pure a genitori (quelli dell’associazione Agapo) di figli e figlie omosessuali.

«Non manifestiamo contro l’omosessualità», precisa Mantovano. Si tratta invece, spiega Gandolfini, di riconoscere che l’intervento dello Stato con una legge che per le unioni civili non serve. «La storia ci insegna che una coppia di due uomini o di due donne non genera vita, quindi non può godere delle tutele dell’articolo 29 della Costituzione, perché quella norma tutela uno specifico tipo di relazione. E agganciare il progetto Cirinnà all’articolo 2 della Costituzione sulle formazioni sociali è un’operazione di chirurgia plastica, perché a tutto pensavano i padri costituenti quando scrissero quella norma, ai sindacati, ai partiti, meno che alle coppie diverse dalla famiglia». «In realtà si fa prima a dire ciò di cui non godono le coppie diverse dalla famiglia», incalza Mantovano, ricordando che nei due rami del Parlamento era stato presentata una bozza di testo unico, scartata a favore del progetto Cirinnà, in cui si ricapitolava quanto, per via legislativa o per via giurisprudenziale, è già oggi diritto acquisito e riconosciuto per qualsiasi coppia diversa da quella uomo-donna.

Una “sconfitta per l’umanità”

Per nulla contraria a riconoscere come diritto della persona quello di vivere una relazione di coppia diversa dalla formula “classica”, l’opposizione al progetto Cirinnà si limita a escludere che quella relazione di coppia possa godere dei diritti propri della relazione matrimoniale (di fatto o di diritto che sia) tra uomo e donna, cioè diritto alla reversibilità della pensione (ipotesi assai preoccupante anche per l’Inps, per questioni meramente contabili), il diritto ad avere o adottare figli e a educarli, il diritto alla quota legittima di successione rispetto ai beni del defunto. «Riconoscere questi tre diritti getterebbe le premesse perché una corte affermi che anche una relazione diversa da quella tra un uomo e una donna debba essere riconosciuta come matrimonio», avverte Gandolfini.

E se Mantovano dubita che riproporre come progetto di legge di iniziativa popolare la bozza di testo unico bocciata in Parlamento consentirebbe di superare gli ostacoli procedurali già incontrati nel tentativo di avanzare un’alternativa al progetto Cirinnà, Miriano sottolinea: «L’Europa appare orientata in senso omosessualista, ma riconosce chiaramente la libertà dei singoli paesi di disciplinare certe materie. Proprio per questo penso che l’Italia occupi un posto chiave nello scenario mondiale. In questa generale “sconfitta per l’umanità” come l’ha definita il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, in questa offesa alla natura e alla realtà, in questo sbaglio della mente umana, come dice il Papa, il nostro paese, che sta al centro dell’Europa e anche della cultura occidentale alla cui nascita abbiamo contribuito in modo fondamentale, potrebbe essere decisivo. Essere il fronte ultimo della lotta. Dare inizio a una resistenza del senso della realtà sull’ideologia, al grido di quello che veramente ci muove: la difesa dei diritti dei bambini ad avere un padre maschio e una madre femmina”.

di Carlo Sala

Fonte: http://www.tempi.it

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