San Benedetto Moro




San Benedetto il Moro da San Fratello – L’attualità di un messaggio universale di pace, saggezza e povertà, da 400 anni.

Qualche settimana fa trovandomi a Palmanova per un Convegno di medicina, ho incontrato il sindaco della città Dottor Francesco Martines ed abbiamo brevemente discusso di sanità e riforma sanitaria. Ad un certo punto, frase alla quale sono ormai abituato, mi è stato chiesto “ma lei non è triestino!“. In questo caso però, dato il cognome dell’interlocutore, anch’io potei replicare “ma neanche lei…“. Realizzammo così di essere entrambi di origine siciliana ma con un particolare inatteso: il sindaco era originario di San Fratello piccolo comune in provincia di Messina, dove era nato un Santo importante per la storia della Sicilia, San Benedetto il Moro, del quale trent’anni prima avevo effettuato, neolaureato, la ricognizione del corpo durante la traslazione del 1989 in una nuova urna presso la Chiesa dell’importante Convento di Santa Maria del Gesù a Palermo. Ho così rivisitato e ravvivato ricordi di un’esperienza unica della mia vita. Oggi sono trascorsi 430 anni da quando a 65 anni morì nel 1589 San Benedetto, moro e povero, figlio di schiavi, riscattato. Compatrono della città di Palermo dal 1652. 17 anni vissuti da eremita, 27 al seguito di San Francesco d’Assisi nel convento nell’ordine dei frati minori. Come Francesco morirà disteso sulla nuda terra invitando a cantare il cantico delle creature. Proclamato Beato nel 1763 da Papa Clemente XIII e Santo da Pio VII nel 1807 tra il tripudio di una immensa moltitudine di popolo giunto da ogni parte d’Italia, Spagna, Indie e Americhe. La venerazione per il Santo moro si diffuse in Sicilia e poco dopo la sua morte, attraverso la duchessa di Modica, in Spagna e da lì in Portogallo, Indie e Sudamerica. Un freddo gennaio del 3 gennaio 1989 nel silenzio della chiesa di Santa Maria del Gesù, contigua al cimitero monumentale di Palermo, effettuavo insieme a mio padre la ricognizione del corpo del Santo. L’incarico era stato affidato solennemente, in latino, con atto del Cardinale Salvatore Pappalardo, amatissimo Arcivescovo di Palermo. La precedente ricognizione era del 1749. Non ero perfettamente consapevole della solennità dell’evento e dell’attenzione che lo circondava da parte di frati, prelati e confraternite. Il corpo era integro in alcune parti. Avevo 24 anni ricordo che mi recai all’incontro con un maglione di lana verde ed una camicia a quadri, non proprio adatti all’occasione. Sopra però il camice bianco conferiva un che di autorevole, comunque. Scrissi per quell’occasione un testo che vorrei riproporre ai lettori in forma sintetica perché penso che San Benedetto, con la sua pelle nera e la sua origine etiope fornisca messaggi importanti all’uomo d’oggi e richiami lo spirito inclusivo della terra di Sicilia, nei secoli.

Notiziario della Provincia Sicula dei Francescani minori di Sicilia (1989).

“Ha risuscitato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili. Dinanzi a Lui non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero, non c’è più maschio né femmina perché voi tutti siete uno solo in Cristo Gesù”. Uomo senza frontiere, Egli affonda le radici nell’Africa, trova i natali in Europa, vive ed opera in Sicilia, è amato e venerato in Spagna, Portogallo, Messico, Perù , Brasile, Cile, Venezuela, Argentina.
La sua vita, improntata al rigore, alla meditazione, alla penitenza, alla gioia, alla letizia, alla pace, allo zelo per la gloria e la salvezza del prossimo, alla misericordia, alla carità, la sua vita è onore al valore supremo dell’essere, è forza taumaturgica, è contributo alla pace del cuore universale… Alla attuale ricognizione il corpo è apparso in alcune sue parti in eccezionale stato di conservazione, ci riferiamo alla regione addominale anteriormente, dorsale e glutea posteriormente ed a parte degli arti inferiori e superiori; in questi ultimi è a tratti riconoscibile la rete vascolare superficiale….Il corpo di frate Benedetto da Palermo detto il Moro pressochè totalmente incorrotto nel 1592, continua pertanto ad apparirci parzialmente incorrotto nel 1989…… Che rapporto esiste, se esiste, tra incorruttibilità e santità? Nessuno, io penso: la Santità come tale, in sé e per sé, non è correlabile alla incorruzione, o meglio non stabilisce una ragione di incorruttibilità. La Santità esprime un rapporto di progressivo amore dell’uomo verso Dio e verso i fratelli, che viene espresso nei modi più vari e nei tempi più diversi. L’ampiezza della Santità è un processo vitale, è una seconda natura che progressivamente investe la natura come dono di Dio, cui corrisponde un adeguamento a tale predilezione divina…..Nel caso in ispecie, comunque ritengo che in linea di principio l’incorruzione costituisca “un segno” con cui si esprimono due condizioni: primo, l’azione intensiva dello Spirito Santo che rende partecipe della incorruttibilità anche la natura corporea del Santo; secondo, l’incorruzione quale richiamo ad una vita più impegnata e spiritualmente improntata. La virtù cristiana della mortificazione si correla a questo punto con gli inderogabili principi di una vita sana, improntata ad un regime dietetico comportamentale, oltre che spirituale, rigoroso…… Il corpo incorrotto di San Benedetto è un segnale per noi dell’ampiezza dell’azione dello spirito e della generosa corrispondenza del Santo a questa forza divina. Tale segnale ci indica il fine ultimo dell’azione dello Spirito attraverso le parole di Paolo, in cui mediante la Resurrezione si compirà in tutti i redenti il mistero della volontà salvifica di Dio.

Mi fa piacere ricordare con Voi tutto ciò e rievocare una PREGHIERA scritta in quell’occasione dall’OFM di Sicilia

O Benedetto, fiore di Etiopia, giglio trapiantato nella terra di Sicilia, Tu che amasti il Cristo Crocifisso e la sua Madre Santissima dalla quale ricevesti tra le tue braccia il Divin Infante e numerosi miracoli ottenesti. Tu che seguace di Francesco d’Assisi ai giovani luminoso esempio offristi.
Tu che sapevi la Sacre Scritture interpretare, i cuori degli uomini scrutare, i santi desideri prevenire ascolta la nostra preghiera, che dopo quattrocento anni dalla Tua gloriosa dipartita, i tuoi fedeli ti rivolgono. Al mondo ancora schiavo del peccato, agli uomini per il colore della pelle divisi, alle nazioni senza pace ottieni da Gesù, dalla Vergine, da Francesco perdono, bontà e pace, affinché gli uomini come fratelli si amino, come i figli di Dio non si odino, come seguaci di Francesco d’Assisi cantino l’inno dell’amore universale.
Agli ammalati dona salute, agli afflitti conforto, ai poveri sostegno, al tuo Ordine Serafico numerose vocazioni, alla tua patria l’Etiopia, e a tutta la terra d’Africa: ordine, fine del razzismo, tranquillità e benessere.
Alla Chiesa Universale il trionfo della Verità del Vangelo.
Così sia.

Gianfranco Sinagra

Presidente Commissione Diocesana Pastorale per la Salute

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