Sabatina James, la donna pakistana che per seguire Gesù ha scosso l’Austria




Che il Pakistan sia uno dei luoghi più terrificanti in cui vivere per un cristiano non è, purtroppo, una novità. La vicenda di Asia Bibi, nel frattempo divenuta di fama mondiale, con gli efferati omicidi di Shahbaz Bhatti e Salman Taseer che ne sono seguiti, non è che la punta di un iceberg di un mondo sommerso di sistematica persecuzione del diversamente altro tanto ignorato quanto nel complesso ancora poco conosciuto in Occidente. L’ultima storia, che sta facendo parlare i mass-media ultimamente in Austria, è quella di una giovane che vive sotto scorta in un luogo segreto dopo essersi convertita al cattolicesimo, non tra i talebani, appunto, ma in quello che resta della vecchia e gentile civiltà asburgica. Si chiama Sabatina James e la sua vicenda ha dell’incredibile: educata da una famiglia di stretta osservanza islamica da piccola viene mandata a scuola nelle madrasse di Lahore e dopo aver subito violenze, sia fisiche che psicologiche, viene costretta a sposare contro la sua volontà, nemmeno diciottenne, un suo cugino, come peraltro molte sfortunate ragazze della sua età in quelle zone. Sembrava ormai un copione già scritto, con lei destinata a una vita segnata e senza futuro, se non che – qui arriva il primo colpo di scena – la ragazzina si ribella e comincia ad alzare la voce contro la famiglia. Capisce rapidamente, però, che in quel contesto non ha alleati nè molte vie di scampo e riesce allora – con uno stratagemma – a fuggire in Europa, proprio in Austria, dove era già stata in precedenza per qualche mese con i suoi, e a prendere un po’ di tempo. La famiglia, però, si irrigidisce ancora di più e quando scopre che la ragazza non ha nessuna intenzione di cedere sul matrimonio coatto, né di tornare a Lahore, con una freddezza che non può non lasciare sconvolto chi osserva la successione dei fatti, la condanna a morte. A quel punto la ragazza non ha molte altre chance se non la clandestinità, ma con la decisione che segue qualche mese dopo rompe di fatto ogni residuo indugio: chiederà infatti il battesimo nella fede cristiana. Allora, realmente per i suoi è come se non fosse mai nata: quell’atto ai loro occhi vuol dire apostasia e gli apostati da quelle parti sono messi alla pubblica gogna e considerati rei di morte, che tu sia una ragazzina, maggiorenne o meno, consapevole o no, non conta assolutamente nulla. Tutto questo, insieme a molte altre cose, tra cui una nuova burrascosa fuga da Linz (giacché nemmeno lì era al sicuro) a Vienna, è raccontato per filo e per segno in due suoi libri dal titolo significativo Sabatina. Vom Islam zum Christentum: ein Todesurteil (Sabatina. Dall’Islam al Cristianesimo: una condanna a morte) e soprattutto Sterben sollst du für dein Glück. Gefangen zwischen zwei Welten (Per il tuo bene è meglio che muori. Intrappolata tra due mondi) che hanno appunto sollevato il velo della tranquilla e ordinata società austriaca non solo sul triste e lontano fenomeno della situazione sociale delle donne in Pakistan ma anche e soprattutto su quello dei convertiti originari di quel Paese che adesso vivono in mezzo a loro, sulle loro strade, ma spesso in silenzio, senza farsi notare e con un’altra identità, per non rischiare ulteriori problemi.

Nel frattempo la James, acquisita la cittadinanza austriaca, non si è fermata ed è diventata ambasciatrice di un’associazione per la difesa dei diritti e la dignità delle donne, Terre des Femmes – Menschenrechte für die Frau, che si occupa soprattutto di tutelare la condizione umana della donna nei contesti più difficili di emarginazione e discriminazione sociale e/o religiosa aggiungendo quindi al racconto drammatico della sua vicenda personale i dati e le testimonianze raccolti attraverso segnalazioni e denunce di vario tipo, a partire dal suo Paese di origine dove, per restare alle donne, la James afferma che solo negli ultimi anni circa 4.000, per essersi opposte a prassi consolidate di violenza o coercizione varia, sarebbero state “bruciate vive”. Occorre aggiungere altro? Insomma la scandalosa vicenda di Asia Bibi, che nonostante vari appelli internazionali di autorità politiche e spirituali (si ricorderà quello del Papa) dopo cinque anni è ancora ben lungi dal concludersi e che non cessiamo comunque di seguire, non è la sola degna di attenzione, né affatto rara, e ora se ne comincia a parlare anche in Austria, come segnalava ultimamente l’agenzia d’informazione on-line www.kath.net. C’è da sperare allora che sia l’inizio di una mobilitazione consapevole, non solo da parte dei cristiani, se è vero – come si ripete anche in questi giorni – che la dignità umana rappresenta di per sé è un valore universale che non ha bisogno di nessuna particolare giustificazione politica, filosofica o ideologica per essere difesa. Solo che, quando si tratta di fratelli della fede, dovrebbero essere anzitutto i cristiani i primi a muoversi, tanto più quando si tratta di persone in una condizione sociale particolarmente fragile e delicata, perché donne, mamme, o tutte e due le cose insieme.

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