Rivoluzione bolscevica, rivoluzione delle banche




E’ un fiorire continuo, ultimamente, di commemorazioni, mostre ed eventi sui 100 anni della Rivoluzione d’ottobre, evento sui cui protagonisti moltissimo, in effetti, si potrebbe dire anche se poi molto, c’è da scommettere, verrà taciuto. C’è per esempio da dubitare che su Vladimir Lenin, il grande capo bolscevico, si racconteranno particolari curiosi come la sua passione per la bella vita. Ma sì, proprio così: il grande rivoluzionario amava le cose da ricchi o, se preferite, da grandi borghesi del suo tempo. Come stazionare a Capri, ove soggiornò per ben due volte, nel 1908 e nel 1910. L’Isola, ammirata già allora come «perla del Mediterraneo», ai tempi in cui la frequentava Lenin era ovviamente meta di proletari di un certo livello.
A cavallo tra Ottocento e Novecento ci potevi difatti trovare il magnate dell’acciaio Alfred Krupp, il ricchissimo Jacques d’Adelsward Fersen, intellettuali e scrittori. Fu in quel paradiso terrestre, durante partite a scacchi a Villa Blaesus su comode poltrone di vimini, che, dunque, albeggiò la Rivoluzione. Ah, per la cronaca l’amore di Lenin per la bella vita continuò pure dopo quando, al Cremlino, diverrà collezionista di orologi di lusso e automobili, altri vezzi tipicamente proletari. Come se non bastasse, grazie alle ricerche del francese Jacques Bordiot, sappiamo che Lenin – il quale, peraltro, fu un grande ammiratore di Mussolini – poco avrebbe potuto senza i quattrini elargitogli dal grande banchiere Jacob Schiff, padrone della banca newyorkese Kuhn & Loeb and Co.
L’ombra del potentissimo banchiere dietro la Rivoluzione d’Ottobre – che secondo alcuni merita, per questo, il titolo di prima «rivoluzione colorata» – trova conferma nelle dichiarazioni rese dallo stesso oltre dieci anni prima, con cui, riferendosi alla libertà allora negata di creare una banca centrale, lanciava minacciosi avvertimenti: «Se lo Zar non vuole dare al nostro popolo la desiderata libertà, allora una rivoluzione instaurerà una repubblica tramite la quale si otterranno quei diritti». Come poi finirono le cose, per lo Zar, è noto. Meno nota è, invece, la riconoscenza che il già citato Lenin manifestò verso la Kuhn & Loeb alla quale, tra il 1918 e il 1922, pare abbia destinato la stellare somma di 600 milioni di rubli oro, l’equivalente di 450 milioni di dollari.
Lo stesso Lev Bronstein, più noto come Trotzkij – il quale, anche se non tutti lo sanno, ebbe passaporto americano – beneficiò, per lui e per i rivoltosi, della generosità di una banca, la Warburg, controllata da parenti dello stesso Schiff. Del resto, che le cose siano andate davvero così e non si tratti di mere fantasie complottiste, sembra provato da un articolo che il nipote del citato Schiff, nel febbraio 1949, firmò sul New York American Journal asserendo che il nonno mediante Elihu Root, avvocato della Kuhn-Loeb, già Segretario di Stato e premiato nel 1912 col Nobel, sostenne i due rivoluzionari pure con pagamenti successivi a quelli inizialmente pattuiti. Rivoluzionari la cui storia, si converrà, andrebbe leggermente riscritta benché i miti, soprattutto alcuni, siano assai duri a morire.
di Giuliano Guzzo
Fonte: http://www.campariedemaistre.com

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