Nelle nostre grandi kermesse culturali e letterarie vi sono dei nomi ricorrenti, il cui successo è inversamente proporzionale allo “spessore” delle loro proposte È accaduto anche a Pordenonelegge.

Pordenonelegge: i maestri del nulla




Nelle nostre grandi kermesse culturali e letterarie vi sono dei nomi ricorrenti, il cui successo è inversamente proporzionale allo “spessore” delle loro proposte È accaduto anche a Pordenonelegge, un appuntamento divenuto ormai di rito e che quest’anno si è tenuto dal 17 al 21 settembre. Per richiamare più pubblico e fare notizia non potevano mancare alcuni di questi nomi, nello specifico Corrado Augias, Vito Mancuso e Umberto Eco. Il primo con la sua ultima “fatica”, questa volta un romanzo dal titolo “Il lato oscuro del cuore”, a conferma che il signor Augias si fa tanto più apprezzare quanto più sconfina in territori che poco o nulla hanno a che fare con lui – quale sia poi il suo campo non si è mai capito né mai, credo, si capirà. Il secondo ha presentato il suo ultimo libro “Io amo. Piccola filosofia dell’amore, il terzo invece ha solo dato l’annuncio di un suo nuovo romanzo del quale tuttavia non ha ancora potuto svelare nulla.

Purtroppo la notizia ci interessa poco o niente, vista la portata delle ultime opere di Eco. A parte “Il nome della rosa”, tutte le sue opere successive non sono andate oltre un esercizio fine a se stesso sul tema dello strutturalismo, della semiologia, dell’ermeneutica infinita che può portare ovunque proprio perché effettivamente non porta in nessun posto.

Augias è noto soprattutto come conduttore televisivo, ruolo che si è ben costruito con la sua aria di pacato osservatore dei fatti che non giunge mai a nessuna conclusione, tranne che nei confronti della Chiesa e dei suoi fedeli. Solo in questo caso Augias manifesta uno spirito critico e settario. Se per tutte le altre cose lascia saggiamente che ognuno si faccia una sua opinione, verso tutto ciò che riguarda il cristianesimo invece il nostro scettico dal sorriso pacificante manifesta una visione che più chiusa e definitiva di così non si potrebbe immaginare. In questo campo le sue condanne senza appello sono bevute dagli spettatori come un elisir di eterna giovinezza.

Per tutti gli altri argomenti Augias è ammirato per la sua discrezione e il suo sguardo aperto e rispettoso, ma quando si tratta di cristianesimo e cristiani allora tutto si capovolge e Augias fa più audience sparando a zero — sempre da gran signore, s’intende — su argomenti di cui tra l’altro non sa quasi niente. E allora eccolo disquisire sulla storicità di Maria e di Gesù, magari in coppia con Vito Mancuso, il teologo che pretende di sapere più cose su Dio di quante ne sappia Dio stesso.

Anche Mancuso fa il tutto esaurito nelle kermesse culturali e la gente lo adora perché grazie a lui non esistono più il peccato originale, la creazione dal nulla, l’onnipotenza di Dio e tante altre verità che vengono escluse semplicemente perché l’uomo di oggi non le trova abbastanza gradevoli e rassicuranti. Il suo successo infondo si spiega con il semplice fatto che il nostro “teologo” ha capito che oggi per farsi ascoltare è sufficiente dire ciò che la gente vuole sentirsi dire per rimanere tranquillamente così com’è, con tutti i propri limiti, i propri errori e i propri capricci. In fondo questi maestri del nulla si comportano come dei cattivi genitori i quali, anziché fare la fatica di educare i loro bimbi recalcitranti, preferiscono assecondare tutte le loro bizze, facendo sì meno fatica e guadagnando baci e sorrisi dai loro pupi tiranni, ma anche impedendogli di scoprire poco a poco il mestiere di vivere. È facile agire cercando il consenso di tutti con una visione comoda dell’esistenza, molto più difficile è invece la sfida della verità che con le sue lezioni faticose e ardue chiama l’uomo a raggiungere la cima della montagna e ad uscire dall’inerzia della propria condizione sedentaria e pigra

Con il suo mito della ragione assoluta, un mito condiviso con illustri compagni quali Augias in primis, Mancuso ha inaugurato un nuovo metodo e una nuova fede: credere solo a ciò che si adatta all’uomo così com’è e a ciò che l’umana ragione riesce a capire e a piegare ai propri interessi e alla propria pretesa di non venir mai messa in discussione.

Il guaio è che l’uomo di oggi piuttosto che a Dio, alla sua sapienza e alla sua Parola, preferisce affidarsi a persone come Augias e Mancuso, alle loro parole, ai loro libri e alle loro conferenze. Umberto Eco completa il quadro. Emblematico a proposito un suo libro intitolato “La vertigine della lista”. E quale vertigine! Quella del nulla assoluto. Hai voglia a scavare e a cercare perché Eco lo abbia scritto e perché tanti lo abbiano letto!

Una lista di liste, un interminabile elenco di elenchi, dalle navi achee di Omero all’Ulisse di Joyce. Un archivio che dà effettivamente le vertigini, ma solo perché dietro non c’è niente: né un progetto, un fine, un significato, una sia pur piccola risposta ad alcuna delle nostre domande, neanche quelle più semplici. Ci sono solo il vuoto, il burrone scavato da questi maestri del nulla a darci le vertigini, altroché! Ma con una bella differenza: mentre questi cattedratici dell’insignificanza e della povertà di spirito guadagnano con le loro “liste” di cose inutili fior fior di quattrini, chi li ascolta si vede togliere anche quel poco di spirito che ha e per di più a pagamento!

2 risposte a “Pordenonelegge: i maestri del nulla”

  1. Giovanni ha detto:

    Alessandra Scarino, autrice di un paio di libri sconosciuti, che dà giudizi su Umberto Eco definendo le sue opere “esercizio fine a se stesso sul tema dello strutturalismo, della semiologia, dell’ermeneutica infinita che può portare ovunque proprio perché effettivamente non porta in nessun posto”.

    Fa ridere…

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