La risposta al mio articolo pubblicato da Vita Nuova con il titolo “Il Comune spieghi questa pubblica vergogna” fornita dal Comune di Trieste, nella persona del vicesindaco Fabiana Martini, a mezzo del suo Ufficio Stampa, riesce nell’ardua impresa di rendere ancora più torbida una questione che a tutti i requisiti risponde, tranne che a quelli della trasparenza.
Personalmente sarei molto prudente nell’accusare qualcuno di dichiarare falsità, soprattutto quando questo è assolutamente in grado di dimostrare quanto dice.
Il “percorso” dichiarato nel comunicato stampa non è proprio coincidente con quanto avvenuto, e questo è facilmente provabile:
- In data 19 febbraio 2015 l’estensore dell’articolo “Il Comune spieghi questa pubblica vergogna”, padre di un bambino, ha presentato lettera raccomandata alla Dirigente scolastica della scuola d’infanzia, con la quale, visto l’art. 26 terzo comma della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, visto l’art. 2 della Convenzione Europea sulla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, visto l’art. 30 della Costituzione Italiana, chiede di essere sempre preventivamente informato di qualsiasi attività riguardante questioni fisiche e morali connesse con la sfera dell’affettività e della sessualità del figlio; con questa si diffidava a trattare qualsiasi tipo di argomento sensibile senza il consenso scritto dei genitori, il cui assenso sarebbe stato dato di volta in volta solo dopo attente ed accurate spiegazioni degli argomenti trattati e delle sue modalità;
- Solo alcuni giorni dopo la consegna di questa raccomandata, ovvero lunedì 23 febbraio, nella bacheca della scuola è stato affisso un avviso ai genitori, col quale si richiedeva il consenso alla partecipazione dei bambini al “gioco del rispetto” ed unitamente all’avviso, su un ripiano vicino alla bacheca, è stata posta la scatola del gioco con il suo contenuto in visione; non risulta alcuna nota esplicativa della coordinatrice, salvo l’avviso stesso. L’avviso è stato quindi dato dopo la diffida e la spiegazione non era una vera spiegazione.
- Il collegio dei docenti, se convocato il 4 marzo, si è svolto solo dopo la pubblicazione dell’articolo, e comunque in data successiva all’esposizione ai genitori del gioco;
- È stata indetta una riunione plenaria per mercoledì 11 marzo p.v., alla quale la coordinatrice ha invitato rappresentanti della LABY, promotrice dell’iniziativa del gioco, quindi di fatto vengono invitate persone estranee alla scuola per presentare un progetto che già è stato introdotto nella stessa e senza che la sua approvazione abbia seguito l’iter previsto. Alla faccia della trasparenza!
- Una riunione del Consiglio della scuola, indetta solo a seguire la riunione plenaria e convocata solo dopo che un articolo ha denunciato quanto stava accadendo, fa parte di un percorso?
- L’autorizzazione scritta dei genitori è obbligatoria per legge, quindi non è un atto di trasparenza;
- Nell’avviso affisso nella scuola – unica comunicazione data ai genitori – non c’è nemmeno un accenno ad attività alternative per i bambini le cui famiglie si dichiareranno contrarie alla partecipazione dei loro figli;
Si rammenta alla vicesindaco che, anche qualora tale attività si trovasse inserita nel POF, questa riguarda tematiche eticamente sensibili e quindi comunque ed in ogni caso da attuarsi con consenso dei genitori; resta il fatto che stiamo comunque sempre parlando di attività extracurriculare.
E’ interessante come la vicesindaco, nel suo comunicato, si riferisca ad una scuola d’infanzia ben precisa quando l’articolo non ne ha portato alcun riferimento. Si può quindi facilmente dedurre che a questa sia risalita solo in virtù della Raccomandata presentata alla scuola lo scorso 19 febbraio e protocollata in Comune da parte dell’estensore dell’articolo lo scorso 24 febbraio.
Riguardo a quanto riportato nel comunicato sotto il titolo “Che cosa non è il gioco del rispetto”, se veramente le cose sono così come scrive la vicesindaco, allora si invita formalmente il Comune di Trieste, proprio in nome della massima trasparenza da lei ribadita, a rendere pubblici, con l’inserimento in rete, tutti i testi contenuti nel kit del “gioco del rispetto”; lo dovesse fare qualche genitore, il Comune non ci guadagnerebbe sicuramente in bella figura.
La vicesindaco scrive e ribatte ribadendo cose senza dimostrarle, mentre l’estensore dell’articolo scrive sui fatti, dopo aver letto e riletto il contenuto del gioco; quel contenuto da nessuna parte è reso pubblico, tranne con quella scatola posata in visione su un tavolo, ma che di fatto nessuno può portare a casa per valutare con calma ed attenzione.
Un’ultima considerazione: visto l’”alto valore morale ed educativo” di questo gioco, e l’inaspettato successo di adesioni a questo progetto delle insegnanti, e quindi degli istituti, perché la Vicesindaco, o chi per lei, non rende pubblico anche l’elenco degli istituti che hanno aderito a questo progetto, così da poter offrire ai genitori, che cercano sempre il meglio per i loro figli, la possibilità di dare un valore aggiunto all’educazione ed alla formazione di coloro che più hanno a cuore?
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