Nemico del Popolo




Il prossimo 4 ottobre, la Chiesa tergestina ricorderà il decimo anniversario della beatificazione di don Francesco Bonifacio. Il nostro Arcivescovo, nel suo messaggio alla Diocesi, evidenzia «l’elemento che unifica e valorizza il martirio del Beato» individuandolo nella «sua fede cristiana, per la quale offrì la sua esistenza».
Molteplici saranno gli eventi per ricordare il martirio in odium fidei del nostro Beato. Se la liturgia è culmen et fons della vitalità per la Chiesa – e senza con ciò voler sminuire gli altri appuntamenti – momento centrale sarà la solenne concelebrazione in Cattedrale, alle ore 19.00, prevista per domenica 14 ottobre.
In vista di questa singolare ricorrenza, Vita Nuova ha chiesto la collaborazione ad alcuni membri del Comitato, costituito dal Vescovo, per promuovere la conoscenza della vita e del sacro ministero di questo insigne sacerdote.
Un’ottica di lettura interpretativa, con cui accostarci al sacrificio del Beato, può essere proprio quella della fede. Don Francesco è umile, semplice. Mandato a Villa Gardossi, dopo le esperienze di Pirano e Cittanova, conosce la situazione precaria delle anime a lui affidate. Senza esitazione, insegna ai suoi parrocchiani con la testimonianza della vita. Dall’altare al confessionale, dagli incontri di AC ai poveri che accoglie, dà il via a un movimento di vita cristiana.
Non è un fine teologo. Anzi, come annota lo storico Sergio Galimberti, «la sua parola è disadorna» eppure «è ricco di insegnamenti dottrinali e di raccomandazioni pratiche». E, forse anche senza essere un grande comunicatore, comprende come il suo ministero trovi fondamento nell’annuncio della Parola di Dio e nell’amministrare i Sacramenti al popolo che gli è stato affidato.
Con esemplare obbedienza rimane al suo posto. Fino al martirio.
Nel mondo di oggi, come nei tempi difficili del Beato don Bonifacio, il martirio continua a esprimere la verità dell’esistenza cristiana. È il significato stesso della parola “martyrìa” che nella sua accezione intende la testimonianza della fede data a Gesù Cristo in un contesto di scontro contro poteri avversi che mirano a eliminare la testimonianza stessa.
Poteri che agiscono violentemente con l’eliminazione fisica del soggetto cristiano; poteri, invece, che si muovono subdolamente emarginando dalla vita pubblica il cristiano e deridendolo come intollerante, antidemocratico o integralista.
Il martirio non nasce per un malinteso umano che un dialogo migliore potrebbe appianare. È, piuttosto, un’esigenza intrinseca al Vangelo stesso che ogni cristiano è chiamato a fare suo.
C’è sì il “martirio straordinario” proprio di chi viene ucciso per la sua fede in Gesù Cristo; ma esiste pure il “martirio ordinario” di ogni cristiano, perché «se a pochi è concesso (il martirio del sangue), devono però tutti essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini, e a seguirlo sulla via della Croce durante le persecuzioni, che non mancano mai nella Chiesa” (Lumen Gentium, 42).

Un insegnamento quanto mai attuale: il cristianesimo non è l’arte del buon vivere in un superficiale chiacchierare umanistico o pacifista; è, invece, la testimonianza che noi rendiamo a Cristo per il fatto che Egli è la verità e il senso di tutto.

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