Non è giusto che gli studenti siano obbligati a partecipare ai corsi Arcigay e che i genitori si vedano respingere le loro richieste di esonero.

Nei licei triestini progetti obbligatori a senso unico. Parla un altro genitore




di Claudio Signore, Genitore

Il giorno venerdì 1 aprile ho partecipato all’incontro formativo per genitori e docenti sul “Progetto regionale di prevenzione e contrasto al fenomeno del bullismo omofobico”. Mio figlio frequenta il Liceo Oberdan, in una delle sezioni prescelte per partecipare al progetto. Presenti circa 80 persone, in maggioranza genitori e una discreta presenza di docenti.
Ho ascoltato con attenzione e con crescente stupore l’Assessore regionale al Lavoro e alla Formazione, Loredana Paraniti, e il Responsabile del Progetto Arcigay e Arcilesbica “A scuola per conoscersi”, Davide Zotti, parlare per un’ora e mezza di bullismo omofobico, senza fornire all’uditorio un solo fatto concreto. Lo stesso assessore ha sottolineato che il progetto aveva preso le mosse dalla volontà di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica dovuta al bullismo omofobico, salvo poi omettere di presentare anche soltanto un singolo fatto verificabile. Lo stesso dicasi per gli altri interventi che si sono succeduti nell’arco dei 90 minuti, con l’eccezione dell’ultimo, nel quale è stato dichiarato che 1 ragazzo su 3 avrebbe subito almeno un episodio di bullismo omofobico nelle scuole superiori della nostra regione.
Da questo dato sbalorditivo è scaturito il dibattito in aula, animato particolarmente da alcuni interventi, tutti critici, di genitori che hanno lamentato l’impostazione a senso unico del progetto. In particolare, i genitori intervenuti hanno chiesto spiegazioni, senza riceverne, sul perché il progetto fosse stato affidato in esclusiva alle associazioni Arcigay e Arcilesbica, mentre alle associazioni familiari non fosse stato chiesto nemmeno un parere.
Non si è capito per quale motivo, se non ideologico, la Regione abbia scelto di contrastare solo il bullismo omofobico quasi che le altre forme di bullismo siano da considerarsi meno preoccupanti.
Non si è capito come mai la Regione ritenga che il corpo insegnante non sia sufficientemente preparato per trasmettere i valori che sono alla base del nostro convivere civile – il rispetto incondizionato della dignità di ogni persona – ma che i massimi esperti in questo campo siano invece gli esponenti dell’associazionismo LGBT.
Non si è capito per quale motivo nel programma siano stati introdotti una serie di concetti riconducibili agli studi di gender (o teoria del gender), che non possono avere altro scopo se non quello di indottrinare i ragazzi ad un certo tipo di mentalità, caratterizzata da un individualismo spinto, in aperta contrapposizione con la nostra cultura diffusa, che riconosce nella famiglia la naturale cellula di base del convivere sociale.
Infine, non si è capito come mai, a fronte di una popolazione di circa 4000 studenti di scuola superiore di secondo grado nella sola città di Trieste (stima grossolana per difetto), i responsabili del progetto non siano riusciti a fornire una singola testimonianza di bullismo omofobico. Infatti, di 4 testimonianze di giovani volontari delle suddette associazioni, la prima è stata di un ragazzo già diplomato da molti anni; le altre tre, di giovani omosessuali che hanno testimoniato, evviva!, di non avere mai subito alcun episodio di bullismo. Davvero incredibile che i responsabili del progetto “A scuola per conoscersi” non siano riusciti a portare una sola persona che testimoniasse di episodi di bullismo omofobico allorché, secondo le stime degli stessi responsabili, nella sola città di Trieste, dovrebbero essere almeno 1000!
Sono uscito dall’incontro con la sensazione di essere stato tagliato fuori, come padre, dalle nostre istituzioni regionali. Sensazione che diventa certezza, ricordando che l’istanza di esonero di partecipazione per nostro figlio, presentata unitamente ad altre famiglie del Liceo Oberdan sia stata respinta.

2 risposte a “Nei licei triestini progetti obbligatori a senso unico. Parla un altro genitore”

  1. Giuseppina ha detto:

    Lo scorso anno mia figlia , al primo anno del Galilei, aveva portato modulo di consenso da parte di noi genitori per partecipare a un test sul bullismo omofobo . Non c’è stata riunione ne altro , c’era però la possibilità di chiedere più informazioni. Alla mia richiesta di conoscere meglio il contenuto del test non ho mai avuto mai risposta

  2. salvatore porro ha detto:

    Cara Giuseppina, questa è la libertà che ci garantisce il governo Renzi. Possiamo fare e rifare domande, solleciti ecc. ecc. ma non riceveremo risposte. ITALIA SVEGLIAAAA!!!

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