Renzi vuole al più presto l'approvazione del ddl Cirinnà sui matrimoni e le adozioni gay. E ci riuscirà perché i cattolici in Parlamento sono in disfacimento e le vigliaccherie sono dietro l'angolo

Matrimoni gay: comunque vada vinceranno loro




di Alfredo Mantovano (www.lanuovabq.it)

Ddl Cirinnà, riassunto della giornata di ieri. Il presidente del Consiglio e leader del Pd vuol mandarlo nell’aula del Senato il prima possibile, il ministro dell’Interno e leader di Ap subordina l’iscrizione immediata all’ordine del giorno alla esclusione dal testo della stepchild adoption, cioè della possibilità per il convivente dello stesso sesso di diventare genitore adottivo del figlio biologico del partner. Un accordo – al momento improbabile – fondato sull’accoglimento da parte di Renzi della condizione posta da Alfano consegnerebbe all’Italia il matrimonio gay e le adozioni gay: o direttamente, per decisione del Parlamento, o qualche giorno dopo, per intervento del giudice. Proviamo a capire perché.

Il premier non vuole intestare al governo le cosiddette unioni civili; desidera ridurre il più possibile la sua esposizione sul punto, ben consapevole che la maggioranza degli italiani, pur sensibile al riconoscimento dei diritti individuali dei conviventi dello stesso sesso (riconoscimento già ampiamente avvenuto nel nostro ordinamento), non accetta la totale parificazione al matrimonio e l’adozione di un bambino da parte di due omosessuali. In più, ha visto quanto è numeroso e deciso il popolo delle famiglie, pur non rappresentato in Parlamento e pur senza voce nella gran parte dei media: è ancora forte l’eco del milione di persone il 20 giugno in piazza S. Giovanni.

Deve concedere qualcosa alla sinistra del suo partito, in un momento in cui la riforma costituzionale, lo scontro col sindacato e gli esiti della riforma della scuola hanno fatto crescere scontento e protesta in quell’area. Per questo ha necessità di andare subito in aula: lì potrà fare a meno dei voti dell’alleato centrista, sostituendoli con quelli di Sel e di M5S, che sul punto hanno assicurato sostegno, con l’aggiunta di frange di Fi e di neonate formazioni centriste. Se Renzi evoca a libertà di coscienza è perché fa uscire il tema delle unioni civili dall’area della maggioranza. L’importante è che il ddl sia approvato: conta poco con quali voti.

Per Alfano le unioni civili sono un fastidio. Il suo partito ha il maggior numero di parlamentari sinceramente ostili al matrimonio gay e all’adozione gay: per storia personale, per intime convinzioni, per impegno dimostrato in circostanze difficili. Per questo il ministro dell’Interno non può far finta di nulla, ma più volte ha ripetuto che – comunque vada a finire – il tema non incide sulla stabilità della maggioranza che sostiene il governo: che è come dire a chi vuol approvare il ddl Cirinnà: «fai pure, io voterò contro ma non porrò ostacoli». Se ritenesse la questione di decisiva importanza – ma l’identico discorso andava fatto per droga e divorzio – rappresenterebbe l’impossibilità di mantenere in piedi una coalizione che quanto a misure contro la famiglia in un anno e mezzo ha realizzato quello che in anni passati governi e maggioranze di sinistra speravano di fare – senza poi esserci riusciti – nell’arco di più legislature.

L’opposizione di Alfano ad andare subito in aula è blanda, di intensità neanche comparabile con quella dei singoli esponenti Ncd che continuano a tenere il punto, nonostante tutto.  La posizione nel merito dichiara una sconfitta completa. Immaginiamo per un momento che il Pd accolga la proposta di stralciare la stepchild adoption. Più volte la Corte costituzionale italiana e le due Corti europee hanno scritto che – salvi i diritti essenziali – ciascuno Stato ha piena autonomia nel normare i conviventi e i coniugi in modo distinto o eguale; se però un ordinamento di fatto parifica la disciplina delle convivenze a quelle delle coppie sposate, diventa discriminatorio escludere per le prime ciò che si prevede per le seconde. Se dal ddl Cirinnà si toglie la stepchild adoption, ma si mantiene il rito di avvio dell’unione – davanti all’ufficiale dello stato civile e alla presenza di due testimoni -, si richiamano o per numero o per riproposizione testuale gli articoli del codice civile che disciplinano il matrimonio, si prevede la pensione di reversibilità e la partecipazione alla quota di legittima per la successione e si autorizza ogni Comune a trascrivere in Italia i matrimoni same sex contratti all’estero: se si fa tutto questo, si introduce con altro nome il matrimonio gay.

Non sarà necessario attendere la Consulta o le Corti europee: qualsiasi giudice italiano sarà legittimato a intervenire per sanare la “discriminazione” e ritenere legittima per i civil-uniti non già la stepchil adoption bensì l’adozione tout court. La posizione del leader di Ap conduce esattamente a questo risultato. Ma lo stralcio non ci sarà: i promotori del ddl vogliono il risultato intero e subito, ben consapevoli che la stessa stepchild adoption domani sarà ritenuta discriminatoria: finora essa, nelle sentenze di tribunali italiani che l’hanno riconosciuta, ha riguardato l’unione civile costituita da due donne; ma perché mai non dovrebbe interessare anche due uomini conviventi? E come realizzarla? Legittimando la coppia same sex alla domanda di adozione di figli estranei alla coppia; ovvero – ma non in alternativa – permettendo di “commissionare” i figli a una donna destinataria del seme di uno dei due o di entrambi. L’utero in affitto sarà lo sviluppo coerente del ddl. In questo momento – tolti gli sforzi di pochi parlamentari – non vi è una sola forza politica per la quale la famiglia costituisca la priorità. Al popolo delle famiglie non resta che ribadirlo al più presto in tutte le sedi, piazza inclusa

 

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