Nel numero odierno di Vita Nuova, l’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi concede un’intervista sui fedeli laici nel momento presente, le cui riflessioni vanno ben oltre l’ambito triestino. Parole piuttosto forti.

Ma i fedeli laici dove sono?




Nel numero odierno di Vita Nuova, settimanale della diocesi di Trieste, l’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi concede un’intervista sui fedeli laici nel momento presente, le cui riflessioni vanno ben oltre l’ambito triestino. Prendendo criticamente spunto da un recente libro di Luigi Alici, l’Arcivescovo osserva che, purtroppo, la presenza dei fedeli laici non riesce a darsi una configurazione coesa e coerente sul piano pubblico. La stessa Azione Cattolica sembra attardata su una cultura della mediazione che rischia di diventare cultura nel “sì… ma”, spostando continuamente in avanti la soglia del non possumus e così, di fatto, adeguandosi al mondo. Secondo l’Arcivescovo Crepaldi, uno dei motivi di fondo di questa incertezza del laicato cattolico è la sostituzione del compito di ordinare a Dio le cose temporali, come afferma il Concilio, con quello di far funzionare la democrazia e le istituzioni. L’Arcivescovo afferma di essere sostenitore convinto dell’Azione Cattolica e di nutrire grandi aspettative nei suoi confronti. Proprio per questo ritiene che essa dovrebbe rivedere la propria linea e il proprio ruolo.

Venerdì, 28 giugno 2013. 

 

Eccellenza, nella sua omelia per la chiusura della processione del Corpus Domini di domenica 2 giugno, lei ha avuto parole dure circa l’approvazione di leggi che possono «compromettere i capisaldi del nostro vivere umano: la vita, la famiglia e la nostra libertà». Ora, proprio quello dovrebbe essere il campo dell’impegno dei fedeli laici. Il suo discorso era un richiamo anche a loro?

Non c’è dubbio che questa dovrebbe essere l’ora del laicato. Ma purtroppo il laicato cattolico non si fa sentire. Magari lamentando poi che i Vescovi parlano troppo.

Perché, secondo lei, questa è l’ora del laicato?

Certamente ogni ora è l’ora del laicato, perché non c’è un momento in cui il laico non tragga dal suo battesimo il compito di ordinare a Dio le cose temporali. Però questa è l’ora del laicato in modo particolare. La politica e le leggi stanno mettendo mano all’ordine della creazione, alla natura della famiglia e alle relazioni naturali di base, quella tra padre e madre e tra genitori e figli. Si tratta di qualcosa di inedito e sconvolgente che  richiede una presenza particolarmente convinta ed attiva.

Perché dice che il laicato cattolico non si fa sentire?

Sono molti i laici cattolici che nella famiglia, nel lavoro, nella società incarnano con fedeltà la propria fede cristiana. Ciò avviene però soprattutto nella quotidianità. Ciò che manca in modo evidente è una presenza unitaria e coordinata nella società civile e una testimonianza chiara e coerente a livello politico, legislativo e dentro le pubbliche istituzioni.

Eppure esistono vari organismi di rete tra cattolici e in passato sono stati in grado di portare in piazza con il Family Day moltissime persone. Non ci sono più?

Ci sono ancora, però bisogna prendere atto di alcuni mutamenti. Intanto alcune di queste reti si sono costituite ma non si sono consolidate, sono rimaste tali a livello formale di vertice e più di qualche convegno non potranno fare. In secondo luogo, mi sembra che alcune reti un tempo molto attive su questi temi – penso per esempio a Scienza e Vita oppure al Forum delle Associazioni familiari – abbiano un po’ allentato la presa, dirottando l’attenzione verso altre tematiche a mio avviso meno importanti. Infine, vorrei notare che anche dentro le singole associazioni e i singoli movimenti la presa di posizione sui temi che ho sopra richiamato è scarsa sia in sede nazionale che in sede locale.

Può spiegare meglio cosa intende quando parla di “testimonianza coerente a livello politico, legislativo e dentro le pubbliche istituzioni”?.

Nelle amministrazioni pubbliche ci sono cattolici dichiaratamente tali. Ma quando si tratta di affrontare questi temi, essi utilizzano le categorie mentali di tutti gli altri e si fanno scudo della laicità della politica per non prendere una posizione che certamente costerebbe loro sul piano politico, ma che io vedrei come coerente sul piano umano con la fede professata.

Una delle storiche associazioni di fedeli laici è l’Azione cattolica. Cosa mi può dire a riguardo?

Prendo spunto da un recente libro di Luigi Alici dal titolo “I cattolici e il paese. Provocazioni per la politica” edito da La Scuola.

Ma Luigi Alici non è più presidente dell’Azione cattolica…

Però lo è stato a lungo e può dirsi un intellettuale fortemente impegnato nell’associazionismo del laicato cattolico. Recentemente egli ha girato tutta l’Italia – è stato anche in Friuli Venezia Giulia ed anche a Trieste. Certo il suo libro non rappresenta l’Azione cattolica, però può essere indicativo di un modo di pensare, diffuso anche dentro l’associazione.

Ho letto anch’io il libro. Cosa l’ha maggiormente colpita?

Il suo appartenere alla categoria dei libri “Sì, ma …”: affermare i principi nello stesso momento in cui si aprono fessure per non rispettarli. Ho cercato in questo libro le affermazioni di fedeltà al magistero e di adesione ai principi della tutela della vita o della famiglia: li ho trovati. Però l’esposizione è sempre volutamente ambigua, dice, ma nega ed è piena di “tuttavia”.

Può fare un esempio?

Alici ha parole molto belle sulla famiglia, ma poi si dice a favore del riconoscimento delle convivenze tra omosessuali. Si rifà al cardinale Martini, ma non ai Vescovi italiani che, in una Nota del 2007, hanno chiarito la questione, come anche Vita Nuova ha opportunamente ricordato. I diritti per le persone omosessuali vanno affrontati sul piano del diritto privato. Il riconoscimento della convivenza in quanto tale non è accettabile né per le cosiddette coppie di fatto eterosessuali né per quelle omosessuali. Manca il requisito della valenza pubblica.

 

Quali sono gli argomenti di Luigi Alici a proposito?

Quello della gradualità dei diritti. Secondo lui una coppia di omosessuali non ha diritto ad essere considerata famiglia in quanto non lo è, ma ha diritto ad essere considerata qualcosa di più di due studenti che condividono lo stesso appartamento. Una simile argomentazione non è accettabile: ciò che è sbagliato non può essere fonte di diritti pubblicamente riconosciuti, e non può esserci per esso nessuna gradualità.

Cosa significa questo?

Credo che questo libro esprima bene una certa cultura dentro il mondo cattolico. I laici che vi si ispirano sposteranno sempre più in avanti l’asticella del “non possumus”, adeguandosi al mondo.

Ho notato nel libro di Alici il continuo rifarsi al “paradosso” cristiano che farebbe del fedele laico una persona continuamente combattuta al proprio interno e a cui solo la risposta della propria coscienza potrà indicare la via.

Il paradosso cristiano non va interpretato come un’insanabile contraddizione interna del cristiano, perché la fede e la ragione, come ci insegna la dottrina, vanno insieme e solo il peccato introduce la divisione. Quello di Alici è un modo per far sì che l’agire dei cattolici nella società e nella politica sia lasciato unicamente alla loro autonoma coscienza.

Alici sostiene che c’è un ambito di partecipazione politica non direttamente partitica in cui dovrebbe valere la collaborazione dei cattolici con tutti gli altri e un ambito strettamente partitico in cui vale la competizione. E’ d’accordo?

Non solo tra i partiti, ma anche nella società ci sono oggi antropologie in conflitto. Anzi, oggi si assiste alla competizione tra chi dice che non c’è una antropologia, una vera visione dell’uomo, e chi invece dice che c’è. In questi campi – penso alla cultura, all’animazione sociale, alla formazione dei giovani, alla comunicazione – non può esserci solo collaborazione. Smettiamola una buona volta di continuare a illuderci e a illudere su questo punto. Dialogo e rispetto non devono mancare mai, ma la collaborazione la si fa sulla verità.

Da cosa dipende tutto ciò?

Credo dipenda dall’aver cambiato lo scopo della presenza dei laici cristiani nel mondo. I laici hanno come scopo di ordinare a Dio l’ordine temporale – come dice il Concilio – o, in altre parole, di costruire la società secondo il progetto di Dio. Invece, lo scopo dei fedeli laici è stato ridotto a conseguire il bene comune, a costruire la democrazia, a realizzare la Costituzione, a far funzionare le istituzioni.

 

Perché l’obiettivo del bene comune non va bene?

Va bene, a patto però che in esso si faccia rientrare anche il rispetto dell’ordine del creato e il benessere spirituale e religioso delle persone. Non c’è vero bene comune quando Dio viene messo tra parentesi e quando a Dio non è riconosciuto un posto nel mondo. 

L’Azione cattolica ha avuto una lunga storia. Qual è stato il suo momento critico secondo lei?

Lascio questo compito agli storici. Posso solo tentare qualche ipotesi. La cosiddetta “scelta religiosa” fu interpretata dagli uomini di Azione cattolica in modo ambiguo. Doveva comportare il concentrarsi sul proprium dell’Azione cattolica, quello che Benedetto XVI ha poi chiamato “il posto di Dio nel mondo”. E’ stata invece vissuta come un apparente disimpegno rispetto ad una presenza visibile e organizzata condannata troppo frettolosamente come preconciliare. Dico “apparente” perché – strano a dirsi! – da allora moltissimi dirigenti dell’Azione cattolica si impegnarono direttamente in politica, prevalentemente nei partiti di sinistra. Ultimo esempio è stato Ernesto Preziosi alle recenti elezioni politiche.

Allora a lei l’Azione cattolica non va bene?

Io credo nell’Azione cattolica, continuo ad esserne un sostenitore convinto e, a parte qualcuno e qualcuna, sono assai grato a quella diocesana per quello che fa e nutro grandi aspettative verso di essa. Credo però che l’Azione cattolica – sto parlando in termini generali – oggi abbia bisogno di riconsiderare la propria linea e il proprio ruolo. Ciò sarebbe di grande vantaggio non solo per la missione pastorale delle nostre Diocesi, ma anche per le altre forme di associazionismo dei fedeli laici.

In che modo?

Si tratta di essere fedeli, in maniera integrale e con generosità spirituale, all’insegnamento del Concilio Vaticano II: essere laici nel mondo per ordinarlo a Dio, mettendo in primo piano l’esigenza e l’urgenza dell’ordinarlo a Dio. Per l’Azione cattolica significa: recuperare la sostanza del proprio passato, anche di quello che oggi si ricorda con un certo inspiegabile disprezzo; recuperare la dottrina sociale della Chiesa in tutti i suoi sostanziali collegamenti con la dottrina cristiana; intendere la laicità nel modo che ci ha insegnato Benedetto XVI, cioè pensare che al mondo non bisogna solo adeguarsi se si vuole veramente servirlo; superare una visione inadeguata del Concilio, recuperandone tutto l’insegnamento dentro la tradizione della Chiesa e non le solite due o tre frasi adoperate in modo retorico; non minimizzare gli attacchi che oggi vengono portati alla natura umana e alla fede cristiana, accusando quanti cercano di reagire di voler ristabilire uno schema mentale integralista proprio del passato. La Chiesa ha un bisogno immenso di un’Azione cattolica così, che riprenda a formare laici capaci di costruire la società secondo il cuore e il progetto di Dio. Per questo continuo a pregare e a sperare…

7 risposte a “Ma i fedeli laici dove sono?”

  1. Michele Fiorini ha detto:

    Caro Direttore,
    con tutto l’affetto filiale e la stima per Mons. Crepaldi, la risposta è molto semplice ed evidente: la quasi totalità dei laici cattolici di buona volontà non può permettersi il lusso di fare politica perché ha da pensare a sopravvivere in questo stato che li massacra economicamente, li minaccia ideologicamente, corrompe i loro sforzi educativi nei confronti dei figli. I laici cattolici di buona volontà che avrebbero le capacità di fare buona politica, oggi sono eroi del giorno per giorno già solo se riescono a vivere in modo esemplare la loro fede.
    Ma, con tutto ciò, tale problema è solo il secondo in ordine di importanza: il primo è la divisione nella Chiesa fin dalle più alte gerarchie e il cattivo esempio che viene dai Vescovi e dai Preti, specie da quelli più “mediatici”. Le divisioni, gli allentamenti e i raffreddamenti dei e tra i laici, le incertezze e le contraddizioni clamorose tra i politici che si dicono cattolici, sono l’inevitabile frutto di un albero sofferente e spaccato.
    Dove sono, quindi, i fedeli laici? Sono a casa, in ufficio e in parrocchia a fare i fedeli. Per la politica, forse aspettano che i Vescovi diano qualche segnale più convincente che ne valga la pena. E che abbiano capito che una politica “cattolica” oggi si deve fare “contro” lo stato, per riguadagnare spazi di libertà, non collaborando con un stato manovrato da chi ci odia o, quando va bene, da chi non ricorda più cosa significa essere cattolico.
    Cordialissimi saluti.

  2. Stefano Fontana ha detto:

    Non è certo colpa di Mons. Crepaldi, ma faccio solo un paio di esempi:
    1. la Marcia per la Vita del 12 maggio 2013 a Roma: 30.000 persone in piazza, grazie all’impegno di tanti laici, e un grande successo…nonostante i Vescovi! Tra Avvenire, e tante Diocesi (Vescovi compresi), salvo qualche meritevole eccezione, meglio stendere un velo pietoso: silenzio assoluto, o al massimo qualche sussurro.
    2. il Family Day a Palermo, nato dal basso, per opera ancora una volta di tanti buoni laici desiderosi di affermare con coraggio il valore della legge naturale contro il violento e sconveniente evento del Gay Pride: in tutta risposta, i Vescovi siciliani hanno “quasi” rimproverato gli amici del Family Day, chiedendo “quasi” scusa ai manifestanti del Pride.
    Questo per dire che oggi bisogna essere laici cattolici in politica e nella società, nonostante la Chiesa (ripeto, con poche, rare ma preziosissime eccezioni…Deo gratias!). E non è sempre facile.
    Rimane sullo sfondo la questione di stabilire cosa è cattolico e cosa non lo è: se Vendola, Roberto Fiore, Ignazio Marino, Quagliarello, Lupi, Bindi, Casini, Franceschini, Renzi, Roccella (etc etc) possono tutti professarsi cattolici, senza nessuno che gli dica fino a che punto ne hanno titolo, vuol dire che un c’è ancora molta ma molta confusione.
    Grazie dei preziosi spunti. Fedeli nella preghiera.
    Cordiali saluti.

    Andrea

    • Mauro Barberio ha detto:

      Caro Direttore e carissima Eccellenza
      Il problema va esattamente rovesciato! Sebbene sia d’accordo sull’analisi sono in disaccordo con le conclusioni. La responsabilità di questa situazione sta nell’incapacita’ dei pastori di provocare e motivare il laicato. Dove sono i vescovi? Questa e’ la domanda corretta da porsi! A parte eccezioni come quella di Mons Crepaldi e di Mons Negri vorrei sapere se (e dove) vi siano pastori che stanno a difesa del proprio gregge. Manca, prima del laicato (forse mai operativo nei secoli come oggi), la forza, l’esempio e la proposta forte e chiara dei discendenti degli apostoli.

  3. Ermanno Vernocchi ha detto:

    I laici che sono anche autentici cattolici sono in netta minoranza e in forte difficoltà a trovare spazi la dove una maggioranza di sacerdoti di fatto progressisti minano alla base quell’esigenza di Verità che pur sale come disperata esigenza da tanti fedeli. Ho fatto catechismo per 20 anni e nelle parrocchie si continua a non capire che fanciulli e famiglie chiedono disciplina e valori forti a cui fare riferimento. Chiedono che la Verità dell’incontro con Cristo non sia banalizzata ma testimoniata come l’unica Via Verità e Vita. Nella mia Diocesi si sono concesse Chiese e spazi a Ortodossi e musulmani ma di fatto viene boicottata la Messa in latino.
    In alcune catechesi serali ho dovuto assistere alla banalizzazione se non alla derisione dei principi non negoziabili di Benedetto XVI. Ebbene quando si capirà che è il progressismo relativista che svuota le nostre Chiese e che la prima vera Carità è la Verità altrimenti come dice Papa Francesco diventeremo al massimo una ONG insignificante.

  4. Stefano Fontana ha detto:

    Commento di Don Andrea
    Se c’è un valore non negoziabile per il cristiano, questè è certamente la Comunione. L’articolo di Mons. Crepaldi è particolarmente efficace nella divisione….e tutto ciò che divide sono quasi sicuro che non venga da Dio.

  5. Claudia herrath ha detto:

    Mi ha colpito una frase di Papa Francesco:quante cose mettiamo prima di Dio.penso che un laico cattolico vero,mette Dio al primo posto;intende costruire una societa’ secondo il progetto di Dio;non si adegua al pensiero comune;non si fa scudo con la laicita’.Nelle sedi di Azione cattolica esprime con serenita’ queste sue convinzioni ,che fanno parte della parte piu’ profonda della sua anima,quella che è assolutamente non negoziabile.E se lo definiscono o la definiscono integralista,accetti questo come un riconoscimento alla sua coerenza,che evidentemente manca a chi lo o la accusa.

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