L’irriverenza visionaria di Simone Cristicchi




“La prima volta che sono morto ho immaginato fosse uno scherzo. Mi sentivo abbastanza tranquillo, ma dopo tre giorni non sono risorto”

 

L’irriverenza visionaria ed eretica di Simone Cristicchi si è manifestata nella multiforme attività del cantautore, attore e scrittore romano. La sua anima ironica, tagliente e blasfema si può rintracciare nel prosieguo della canzone: “La prima volta (che sono morto)”, dove il cantante originario di Trastevere afferma: “Non è vero che c’è il paradiso, il purgatorio e nemmeno l’inferno”. Pure nel suo recente romanzo: “Il secondo figlio di Dio” egli rimarca un forte sentimento anticlericale e un livore anticattolico sulla scia di uno scomunicato utopista visionario del 1800, come recita il sottotitolo del libro: “Vita, morte e misteri di David Lazzeretti”. Soprannominato il Cristo dell’Amiata, Lazzeretti si arruolò nel 1859 nella cavalleria piemontese contro le truppe pontificie. Condannato dal Sant’Uffizio come eretico, le sue opere furono messe all’Indice. Non a caso Simone Cristicchi gli ha dedicato un romanzo, essendo il Lazzeretti, secondo le testuali parole del cantante romano: “Colui che l’ha avvicinato alla spiritualità”. Simone Cristicchi ha avuto notorietà nazionale con la vittoria al Festival di Sanremo del 2007 con il brano: “Ti regalerò una rosa”. Il pezzo, facente parte del suo secondo album: “Dall’altra parte del cancello” (titolo mutuato da una canzone omonima di Giorgio Gaber, uno degli autori a cui Cristicchi si è ispirato) ha voluto sensibilizzare sulla triste realtà dei manicomi italiani, dove è stato girato un documentario e successivamente pubblicato un libro: “Centro di igiene mentale -Un cantastorie tra i matti”. Il carattere rivoluzionario dell’opera di Simone Cristicchi è partito da quando è passato nella sua giovinezza da obiettore di coscienza a volontario in un centro di igiene mentale. Lo spirito anarchico di ribellione in Cristicchi ha sempre contrassegnato la sua musica, basti pensare alla disamina scandalosa dei fatti accaduti a Genova nel 2001: “Ne è morto solo uno (il no global Carlo Giuliani) ma potevano essere cento, i mandanti del massacro sono ancora in Parlamento” , oppure al tour intrapreso nel 2009 coi minatori di Santa Flora, dal titolo emblematico: “Canti di miniera, d’amore, vino e anarchia”. Lo stesso anno presentava al Festival di Sanremo un’altra canzone: “Meno male”, che irrideva al popolo italiano, salvato ironicamente dal refrain banale: “Meno male che c’è Carla Bruni”. Nel 2010, durante il concerto del Primo Maggio a Piazza San Giovanni a Roma, Simone Cristicchi si è volutamente ispirato a un canto anarchico: “Stornelli d’esilio”, allestendo successivamente uno spettacolo teatrale di denuncia della guerra in dialetto romanesco: “Li Romani in Russia”. Nella sua attività fortunata commercialmente come cantautore ha pure irriso con brani come: “Vorrei cantare come Biagio” del 2005, dove, confrontandosi con Antonacci ha cantato: “Mi vuole bene questo pubblico di nicchia, ma io mi sento piccolo come una lenticchia”. Il suo anticonformismo visionario ha lasciato traccia nel suo pensiero: “Non dobbiamo smettere di inseguire i sogni” sino ad arrivare ad affermazioni superbe: “Credo di aver ricevuto un dono: la capacità di trasmettere emozioni”. Cristicchi si è sempre mosso ambiguamente tra critica feroce alle istituzioni civili e religiose e sbeffeggiamento del senso comune della gente, come si può evincere dal testo: “Fabbricante di canzoni” del 2005: “Sono un professionista indipendente, il mio mestiere è quello di creare il gusto della gente, l’immediato soddisfacimento di ogni tua esigenza…”. Cantando si impara con Cristicchi a non sottovalutare l’egemonia culturale libertaria che lo ha sostenuto in testi anarchici e violenti e che ha sopravvalutato il suo presunto anticonformismo. Cantando si impara a snobbare gli insegnamenti della storia come maestra di vita, come si può desumere dal finale del brano di Cristicchi: “L’Italia di Piero” con la frase demente: “La storia ci insegna! Ma che ci insegna?”. L’ignoranza religiosa e i pregiudizi triviali del cantante romano non hanno mancato di suscitare, anche in ambito cattolico, una ferma presa di posizione nei suoi confronti ed in particolare di un suo brano: “Prete”,  in cui inveisce in malo modo: “La storia della Chiesa è seminata di violenza, di soprusi, la Santa Inquisizione è prepotenza…Prete! Io non ho voglia di ascoltarti, non hai diritto di insegnarmi niente! Sei bravo ad inventare e a raccontare favole per addomesticare le paure della gente”. Simone Cristicchi ha voluto condensare deliberatamente nel finale della canzone il suo stolto e inavveduto proposito: “La mia sola religione è vocazione per il dubbio: io non crederò a qualsiasi cosa dica un prete”.

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