Le vie del Cielo




Via via che la scienza, in tutte le sue branche, progredisce e amplia la propria conoscenza dell’universo e delle sue leggi, si dilata e si esaspera nello stesso tempo uno scenario di contrapposizioni paradossali: da una parte coloro che da questo progresso della scienza deducono che i metodi della ragione e i criteri dell’evidenza sperimentale siano in grado di spiegare le cause di ogni cosa; dall’altra coloro che, giustamente, vedono nella scienza un linguaggio che descrive i fenomeni come effetti di cause che la ragione in sé non può conoscere. Di qui le speculazioni al confine tra scienza e fede che proprio i progressi della scienza moderna rendono più feconde e accreditabili, vista l’ampia gamma di fenomeni che oggi gli strumenti di rilevazione scientifica mettono il luce in tutta la loro complessità e in tutte le loro sofisticatissime dinamiche e logiche di cui il caso non può essere assolutamente l’autore.
Una conferma di quest’ultima visione, che pretende uno sguardo profondo e spiritualmente aperto sui fenomeni osservati e studiati dalla scienza, ci è stata data dalla conferenza tenuta giovedì 18 gennaio 2018 dalla prof. Maria Luisa Princivalli presso lo Studium Fidei diretto da mons. Ettore Malnati, vicario per la cultura della diocesi di Trieste. Titolo della conferenza: “Da nuovi fenomeni una nuova astronomia”. La cronaca dell’incontro viene pubblicata sulla versione cartacea di Vita Nuova di venerdì 26 gennaio, ragione per cui accenniamo appena ai contenuti specifici dell’incontro, per dare invece spazio ad una riflessione di carattere più spirituale e speculativo, oltre che personale. La Princivalli ha illustrato due fenomeni astronomici che hanno cambiato il corso dell’astronomia: il primo è stato rilevato il 14 settembre 2015 e il secondo il 17 agosto 2017. Il 14 settembre 2015 dalla coalescenza (dal latino coalescere = unirsi insieme) di due buchi neri nella nube di Magellano, a 1,4 miliardi di anni luce da noi, si genera un’onda gravitazionale (increspatura dello spaziotempo). Nasce l’Astronomia gravitazionale. Il 17 agosto 2017 due stelle di neutroni nella Costellazione dell’Idra, alla distanza di 120 milioni di anni luce dalla nostra Terra, in rapida rotazione l’una intorno all’altra, si sono scontrate e fuse in un unico oggetto, generando, oltre ad un’onda gravitazionale, un’esplosione seguita da una intensissima emissione di raggi gamma. In pochi secondi è stata rilasciata tanta energia, quanta il nostro Sole produce in tutta la sua vita. Durante l’esplosione sono stati lanciati, alla velocità pari a 1/5 della velocità della luce (60000 km/sec), elementi pesanti, il cui decadimento dà origine a oro, platino, uranio. Nasce una nuova branca dell’Astronomia denominata: Astronomia Multi-Messaggero.
La potenza e il carattere unico e straordinario di questi due fenomeni ha rivoluzionato profondamente il mondo dell’astronomia. Innumerevoli le domande che ne sono seguite e infinite le possibili ipotesi sul loro significato. Ma ciò che colpisce, che si sia agnostici o credenti, è la sconvolgente potenza di questi due fenomeni e dei loro effetti. Per chi crede, nulla si sottrae alla sovrana e assoluta signoria di Dio: nel creato e nelle sue leggi rivelatrici di meccaniche mirabili e di logiche perfette si riflettono la gloria e la potenza infinita del Signore dell’universo. Ma a parte questa riflessione, ciò che più colpisce quando si studiano i fenomeni della vita e del cosmo è lo sconvolgente paradosso che vi si annida.
Certo che sia Dio a muovere le fila di tutta la realtà, visibile e invisibile, l’uomo si trova afferrato e ammutolito dall’apparente abisso tra questa potenza illimitata che viene da Dio e che il creato riflette, e il messaggio di umiltà, semplicità e piccolezza che ci viene da questo stesso Dio magnificamente trionfante nel suo governo prodigioso e inattaccabile dell’universo. Dà davvero le vertigini pensare che lo stesso Dio che ruota il cosmo con leggerezza sovrana e potenza assoluta sulle dita della sua mano, sia il Dio incarnato in un uomo nato in povertà, uomo in tutto fuorché nel peccato, soggetto alle stesse esigenze di quella piccola e fragile creatura che è l’uomo, capace di soffrire e di avere paura, di piangere e di morire, ma soprattutto di amare in un modo che scuote alle radici tutto il nostro essere.
Se la resurrezione brilla delle luci sfolgoranti della gloria e della potenza di Dio, il cammino terreno del Cristo, Verbo di Dio, è cosparso di pietre di inciampo e soprattutto da parole che richiamano il farsi piccoli, umili, semplici come bambini per arrivare a Dio. Un Dio che fa danzare le galassie con la facilità di un fanciullo che gioca e che dispiega nei fenomeni dell’universo una forza per noi inconcepibile — quante volte ci domandiamo come Dio può essere presente ovunque e governare l’universo intero con logiche per noi inconcepibili, inafferrabili alla nostra limitata intelligenza e incomparabili rispetto al ristrettissimo campo delle nostre possibilità e della nostra volontà? Rispetto a tutto ciò che Dio è e di cui è illimitatamente capace, che cosa siamo noi? Eppure egli ci ama e ci custodisce, come la chioccia i suoi pulcini. Come conciliare questo amore paterno e materno a un tempo, tenero e infinitamente compassionevole, per un essere limitato e spesso anche meschino nelle sue debolezze, con il Dio che ha creato un universo incommensurabile se lo paragoniamo al poco che possiamo appena intravederne? Possibile che si sia chinato proprio su di noi che non siamo altro che polvere rispetto all’universo intero e all’essere di Dio? Eppure ci ha voluti al centro del suo disegno fatto solo di amore e all’amore orientato, senza altri perché. Davanti alle forze violente e scatenate, come alle celesti meccaniche che muovono l’universo per volontà e opera di Dio, davvero ci sentiamo sul punto di scomparire. L’uomo di Nazareth in questa luce ci viene incontro carico di un enigma senza fondo, come di una luce e di un mistero insondabile in cui il re dell’universo viene per servire, il reggitore di tutte le cose scende a chinarsi su di noi per amarci di un amore che non siamo neanche in grado di comprendere tanto è fiammeggiante e sconfinato, un mistero in cui Colui che trionfa nei cieli cavalcando i cherubini si lascia catturare, ferire, umiliare, deridere e torturare da carnefici stolti e crudeli come il più debole e il più derelitto degli uomini.
Come possiamo comprendere il mistero di questo Dio che ha in mano la chiave di tutte le cose e che arrotola e srotola i cieli a piacimento — per dirla con i Salmi, che nella loro carnale e schietta immediatezza preludono alle più sofisticate conoscenze scientifiche —, e che nello stesso tempo si veste della nostra carne corruttibile e debolissima e ci porta in dono il suo amore con parole semplici che tutti possano comprendere?
L’evangelista Giovanni, il più speculativo e rivelatore del volto glorioso del Cristo, quando era ormai molto avanzato negli anni e prossimo a morire, non faceva che ripetere una sola frase: “Figlioletti miei, amatevi gli uni gli altri”. Questa frase è forse la sola che possiamo dire in risposta a tutte le domande che ci siamo fatti, senza mai dimenticare l’invocazione del salmista: “Che cos’è l’uomo, perché te ne curi?”. Il nostro impegno è anche quello di renderci degni di questa vigile e amorevole cura, senza mai troppo presumere di noi stessi né disperare della misericordia divina. Perché se è giusto che l’uomo con la sua intelligenza e il suo intuito cerchi di discostare le cortine del cielo per affondare lo sguardo nel miracolo di Dio, è altrettanto giusto che lasci velati gli oscuri e abissali misteri della sua sovranità che nessuna scienza può raggiungere, spiegare e violare. C’è un giorno per ogni cosa e noi siamo chiamati a vivere il nostro tempo terreno rispettando questo limite sacro, nell’attesa del Giorno in cui tutto sarà chiaro e rivelato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *