L’aborto e gli schiavi negri




“I negri, a norma delle leggi civili, non sono persone”. Questo stabilì la Corte Suprema degli Stati Uniti in una storica sentenza, il 6 marzo 1857. La Corte confermava così la legalità e la bontà della schiavitù. Ma cosa c’entra l’ aborto ?

Il “negro” non era a tutti gli effetti “persona” per l’ordinamento giuridico. L’Ottocento è stato il secolo del positivismo, e il positivismo nella sua veste giuridica afferma che non c’è “giustizia” prima dello Stato, né norma al di sopra di esso. La natura non avrebbe alcuna valenza normativa e quindi: cosa importa se sei “biologicamente” uomo? Da ciò non deriva che lo Stato ti debba trattare in un certo modo. E’ lo Stato che ti concede diritti. Dal primo fino all’ultimo. Compreso quello della vita. Tanto sostiene il positivismo giuridico.

Esso però è ancora più vivo che mai: lo è quando lo Stato pretende di decidere quali vite sarebbero “degne” di essere vissute; lo è quando decide (arbitrariamente, perché le regole cambiano da Stato a Stato) quando un essere umano dovrebbe essere considerato “persona” e quindi titolare di diritti, compreso il diritto alla vita. Da questo punto di vista la legislazione sull’aborto somiglia moltissimo a quella una volta vigente in America sulla schiavitù dei negri.

Gli stessi ragionamenti, gli stessi principi, le stesse giustificazioni e scuse entrano in gioco nell’uno o nell’altro caso. Riflettiamo sui seguenti parallelismi:

Sebbene possa avere un cuore e un cervello e possa essere biologicamente vita umana, il non nato non è una persona giuridica. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha da poco chiaramente espresso questo principio. / Sebbene possa avere un cuore e un cervello e possa essere biologicamente vita umana, lo schiavo non è una persona giuridica. La sentenza Dred Scott della Corte Suprema degli Stati Uniti è stata molto chiara in proposito.

Il bambino acquista personalità giuridica soltanto dopo la nascita. Prima non dobbiamo preoccuparcene perché non ha diritti. / Un negro acquista personalità giuridica soltanto quando viene lasciato libero. Prima di questo momento non dobbiamo preoccuparcene perché non gode di alcun diritto.

Se ritenete che l’aborto non sia giusto, nessuno vi costringe a sottoporvi ad esso. Non imponete però la vostra morale agli altri. / Se si ritiene che la schiavitù non sia giusta, nessuno vi costringe a essere proprietari di schiavi. Non imponete però la vostra morale agli altri.

La donna ha diritto di fare ciò che vuole con il suo corpo. / L’uomo ha diritto di fare ciò che vuole con le sue proprietà.

Non è l’aborto qualcosa di veramente caritatevole? Dopo tutto, ogni bambino ha diritto di essere voluto. Non è forse meglio non nascere che essere abbandonato solo e non amato in un mondo crudele? (detto da uno già nato) / Non è la schiavitù qualcosa di veramente caritatevole? Dopo tutto, ogni negro ha diritto di essere protetto. Non è forse meglio non essere mai lasciato libero piuttosto che trovarsi impreparato e indifeso in un mondo crudele? (detto da uno già libero).

Dura lex, sed lex: lo Stato in ogni caso decide, si potrebbe dire, e le sue leggi hanno forza per imporsi. Già, ma proprio qui sta il problema. Che lo Stato abbia la “forza” per imporre le sue decisione non è in dubbio, ma quale è la natura di questa forza? E’ essa al servizio del bene, è essa giusta oppure si identifica con la violenza organizzata? Se lo Stato non rispetta la legge naturale, direbbe S. Agostino, “cosa lo distingue da una grossa banda di briganti?”.

Se lo Stato pretende di slegarsi dal dato oggettivo, come quello dell’ “essere umano”, e pretende di concedere la “personalità” secondo le logiche socio-politiche del momento, allora le sue norme possono avere davvero qualsiasi contenuto. E se possono avere qualsiasi contenuto (come del resto ammette il positivismo giuridico coerente) qual è la ragione per la quale dovrebbero essere rispettate in coscienza? Dovremmo rispettare una norma per il solo fatto che viene posta dallo Stato? Ma allora anche (e soprattutto) questa prima norma mancherebbe di giustificazione razionale, visto che non può a sua volta trovare giustificazione razionale senza che tutto il sistema cada in un cortocircuito logico, una vera e propria tautologia. Questo presunto primo principio non sarebbe che una maschera, un modo per coprire con un manto di legalità e moralità la violenza politica.

Se questo fosse il caso, se non ci fosse quindi una legge naturale anteriore alla volontà statuale, sia il diritto che la morale sarebbero parole vuote di significato: rimarrebbe solo la violenza più o meno bene mascherata: abbastanza bene in uno Stato “democratico”, meno bene in uno Stato dichiaratamente totalitario.

Non rimane che esigere che lo Stato riconosca il valore normativo del reale, e della natura umana in particolare. Una legge che contraddicesse questa realtà andrebbe contro la giustizia naturale e quindi non sarebbe nemmeno vera legge, secondo l’intramontabile pensiero dell’Aquinate. Come le leggi e i giudici devono riconoscere tutto ciò che deriva dal fatto che i neri siano esseri umani, così devono riconoscere tutto ciò che deriva dal fatto che il concepito sia individuo appartenente alla specie umana.

L’assurdo principio che ha permesso alla Corte Suprema degli Stati Uniti di emettere nel lontano 1857 la sua storica sentenza, è lo stesso che ha permesso a tanti legislatori e Corti dei nostri giorni di decidere arbitrariamente, e in modo difforme gli uni dagli altri, in quale fase della gestazione l’essere umano diventerebbe “persona”. E’ lo stesso principio che ha permesso alla nostra Corte Costituzionale con sentenza n. 27 del 1975 di dichiarare: “non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve diventare”. E’ lo stesso principio che potrebbe portare lo Stato, in un futuro non troppo lontano e come auspicano alcuni noti bioeticisti, a considerare come “non ancora persona” un bambino già nato, ma non ancora “produttivo”, o non ancora capace di esercitare funzioni simboliche, e quindi di legalizzare (a certe condizioni, ovviamente) l’infanticidio, o l’aborto post-nascita. E’ un principio che porta alla barbarie e alla inciviltà. Noi ci schieriamo dalla parte della legge naturale. Non esiste altra scelta. Le leggi della logica sono ancora più implacabili delle leggi dello Stato.

di Alessandro Fiore

Fonte: http://www.notizieprovita.it

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