La vita difficile dei cristiani in Kosovo




Da qualche anno nei Balcani, nonostante un sostanziale disinteresse dei media, si stanno giocando le sorti dell’intera Europa. Forse è lontano il periodo delle pulizie etniche e dei bombardamenti (ricordate? mentre noi eravamo bambini che facevano i capricci per l’ovetto kinder, altri bambini erano sotto i bombardamenti, dall’altra parte dell’Adriatico), ma in quelle zone si soffre ancora. In particolare, la decisione demenziale, da parte di alcuni stati, di sostenere la secessione del Kosovo dalla Serbia ha aperto una crisi, soprattutto per le popolazioni cristiane, ormai schiacciate dalla pervasività musulmana.
A parlarne è stato, in un incontro a Lodi il già sottosegretario agli esteri Alfredo Mantica, assieme ai volontari del progetto “Una voce nel silenzio”, che si occupa di aiutare i cristiani perseguitati nel mondo e di portare avanti un’opera di divulgazione per rompere, appunto, il muro di silenzio eretto nel mondo occidentale riguardo la persecuzione su base etnica e religiosa di 150 milioni di persone. Il video dell’evento è presente sulla pagina facebook di Una Voce Nel Silenzio. UVNS ha aperto il progetto “Generazione Kosovo”, che si può sostenere.
In primo luogo, dobbiamo ricordare, come fatto da Mantica in un excursus storico (a proposito, nelle scuole queste cose si insegnano?), che la regione del Kosovo è una regione storicamente serba, che costituisce una delle culle del cristianesimo, li presente sin dal quarto secolo. Cattedrali e monasteri sono ancora tutti da vedere, protetti in molti casi dall’Unesco. Oggi però la popolazione cristiana è compressa in piccole enclave, tipicamente attorno ai luoghi sacri, circondate dalla popolazione musulmana albanese. I cristiani sono sostanzialmente imprigionati nelle loro zone, dove manca praticamente tutto. Peraltro il Kosovo stesso, essendo una costruzione artificiale, non ha un’economia e l’unico spostamento di capitale deriva da traffici illeciti. È inoltre nota e certificata una contiguità con il terrorismo islamico, dato che una parte consistente dei cosiddetti Foreign Fighter dell’Isis vengono proprio da quella regione.
L’operazione che ha portato all’autonomia del Kosovo è quindi stata una scommessa a perdere, ma a farne le spese sono i cristiani, contro i quali è in atto un vero e proprio genocidio culturale, ai danni della popolazione serba, alla quale è stata attribuita la responsabilità delle guerre degli anni ’90 e delle pulizie etniche in Bosnia, nonostante recentemente Milosevic sia stato assolto. Ciò però è bastato per giustificare la secessione.
Che dire? Il male si scatena sempre laddove la fede tra linfa e origini. Quello che un tempo fu bastione della cristianità è oggi stato abbattuto con un colpo di mano, le cui conseguenze deleterie si ripercuoteranno per i prossimi decenni. Storia non molto diversa da quella della Siria, terra da cui provennero ben sette papi durante i tempi originari, dove il male si è scatenato potente. Ma, come ricorda Mantica, nonostante tutto i cristiani stanno tornando a erigere le croci per la ricostruzione. C’è infatti ancora chi, dal Kosovo alla Siria, per la propria fede combatte ed è pronto a morire. Dal canto nostro, come europei non possiamo fare altro che vergognarci per le nostre apostasie.
di Francesco Filipazzi
Fonte: http://www.campariedemaistre.com

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