In questa atroce solitudine, di cui solo il mondo adulto è colpevole, è da cercare la causa ed è innanzitutto su questo che bisogna lavorare, per riportare mamme e papà, tutori ed insegnanti, al vero ascolto ed accompagnamento dei bambini e dei giovani.

Trieste: la tragedia del neonato abbandonato e la solitudine educativa




La terribile tragedia della creatura morta in seguito all’abbandono da parte della giovanissima madre che l’aveva appena partorita è un dolore per ciascuno di noi, una ferita in ognuno a cui sta a cuore una vita.

Il dolore poi raddoppia pensando anche alla mamma di questa creatura, alla solitudine in cui evidentemente si è trovata ed al peso che macinerà la sua coscienza per il resto della sua vita.

Non ha nessun senso ergersi a forcaioli e pretendere una condanna penale esemplare, credo semplicemente che serva solo pregare per queste due anime, una in Cielo e l’altra in terra.

La prima Santa innocente, la seconda martire di quanto diversi movimenti, gruppi e persone vanno da tempo denunciando, ovvero vittima del precipizio nel quale è stata gettata la società con tutti i suoi valori.

A cosa serve la famiglia? A nulla, è un concetto antropologico superato, vetusto, medioevale; non servono una mamma ed un papà, uniti nel bene e nel male, uniti nei momenti belli ed anche in quelli delle incomprensioni; a nulla! Molto meglio invece la libertà di amarsi a piacimento, di poter aprire e chiudere l’amore a seconda dello stato d’animo del momento, di poter cambiare il proprio compagno o la propria compagna in qualsiasi momento.

A cosa serve la famiglia, quando un bambino non è vero che abbia bisogno di una mamma e di un papà? Cresce benissimo senza questi, cresce benissimo anche senza quelli che una cerchia di venusiani definiscono “punti di riferimento”, e chi sostiene il contrario è un bigotto medioevale che rinnega la realtà.

Per fortuna però non tutto è perduto, perché ci sono i paladini che ci salveranno, che guariranno il mondo e che elimineranno molti dei problemi che ci affliggono.

Non sia indotto chi mi sta leggendo a credere che voglia fare sprezzante ironia commentando una tragedia; purtroppo il mio intento è il contrario, ovvero evidenziare la tragica paradossalità di alcune prese di posizione che, non fossero riferite a fatti gravissimi, potrebbero nel loro cinismo sembrare persino comiche.

A commento della triste notizia in rete si leggono migliaia di interventi, molti dei quali meriterebbero più di un commento.

Personalmente mi ha molto colpito la delicatezza di un pensiero espresso su Facebook da Pierpaolo Roberti, che mi ha virtualmente fatto percepire l’abbraccio che idealmente ha dato a quella piccola povera creatura, facendo quello che ogni papà ed ogni mamma dovrebbero fare: coccolare i propri figli e farli sentire al sicuro.

A quella delicatezza ha fatto da contraltare un’altra persona, con un commento che riporto testuale: “educazione sessuale nelle scuole e in famiglia!!! Stop all’obiezione di coscienza per gli aborti, nelle farmacie per la vendita di preservativi e per la vendita della pillola del giorno dopo. La miglior risposta a queste tragedie nel 2017 in una città del nord est.”

Sì, avete letto bene: la miglior risposta!

La miglior risposta sarebbe un’educazione sessuale fatta nelle scuole, perché “il rispetto per la vita lo si insegna”.

Sarebbe tutto molto serio, non fosse che chi vorrebbe insegnare il rispetto per la vita sia un’esponente dell’Associazione “Certi diritti”, costola dei Radicali.

Seguendo il suo ragionamento, non fa una piega: se la ragazza avesse abortito, non ci sarebbe stato l’infanticidio.

Se ci fosse l’eutanasia, si avrebbero debellate tutte le malattie, così come il problema dei divorzi si potrebbe risolvere eliminando il matrimonio.

No, mi dispiace, ma non è proprio così e questo va sottolineato: non è insegnando l’uso del preservativo, regalando la pillola anticoncezionale o quella abortiva, oppure offrendo l’aborto che educo ed insegno il valore ed il rispetto per la vita.

Sarebbe interessante spiegasse questa persona quale sia per lei la differenza di una creatura abortita al quinto mese dalla stessa creatura lasciata morire subito dopo il parto.

Insegniamo piuttosto a rispettare il proprio corpo, cercando di far capire ai ragazzi che non è solo il sesso che ci fa crescere, che questo non è solo un piacevole gioco.

Ormai in quasi tutte le scuole di ogni ordine e grado si cerca di introdurre, con una scusa o con l’altra, progetti discutibili, che spaziano dal voler “insegnare” il rispetto nelle famiglie, il rapporto con i genitori, l’approccio alla vita sessuale, il sesso vero e proprio, la libertà di gestire il proprio corpo come si vuole, anche sbarazzandosi di una vita.

Perché non introdurre anche per le scuole l’obbligo della disponibilità di un curriculum per i cosiddetti “esperti” che vanno a parlare ai bambini e ragazzi?

Perché sinceramente credo non sia un dettaglio di poco conto sapere magari che chi vorrebbe insegnare il giusto rapporto in una famiglia sia uno che questo rapporto non ce l’ha; o chi vorrebbe insegnare come si educano i figli sia uno che figli non ha.

Questi non sono esperti, perché non hanno esperienza, non possono averla.

Lo dimostrano purtroppo anche queste tragedie, dove subito si pensa “ad educare” ma ci si guarda bene dal domandarsi come e perché una ragazzina sia arrivata fino a quel punto senza che nessuno, a casa o a scuola, in famiglia o tra le insegnanti, si sia mai accorto di nulla.

In questa atroce solitudine, di cui solo il mondo adulto è colpevole, è da cercare la causa ed è innanzitutto su questo che bisogna lavorare, per riportare mamme e papà, tutori ed insegnanti, al vero ascolto ed accompagnamento dei bambini e dei giovani.

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