La primavera slovacca




Viviamo proprio in tempi strani, non c’è che dire. Prendete l’informazione dei grandi giornali e della televisione. Se uno dovesse farsi un’idea del mondo intorno dando retta ai titoli e agli slogan che legge ogni giorno avrebbe serie difficoltà a comprenderlo. Per esempio: in questi mesi si è abusato a iosa della parola, di per sé un po’ romantica e alquanto ottimistica, ‘primavera’. Soprattutto con riferimento alle rivolte arabe che si sono susseguite sulla sponda meridionale del Mediterraneo. Così facendo, si voleva veicolare l’idea che quelle insurrezioni fossero buone e da supportare a prescindere: erano una sorta di incarnazione collettiva del bene contro il Male (rigorosamente con la M maiuscola) dei vecchi regimi. Poi, con l’evoluzione (o involuzione) della situazione in Egitto e in Siria, ad esempio, si è cominciato a pensare che forse non era proprio come ce la raccontavano. Ma pazienza, ormai l’idea era passata e la frittata era fatta. Per contro, laddove la parola ‘primavera’ si potrebbe usare non la si usa. Qualcuno ha sentito o letto qualcosa di quell’autentico risveglio di popolo che sta avvenendo in Slovacchia? Ovviamente nessuno, perché non è proprio politicamente corretto dirlo. Ma andiamo con ordine. Il piccolo Paese (appena sei milioni di abitanti) ai piedi dei Carpazi, noto per il gran numero di castelli tuttora presenti sul suo territorio e per i suoi tipici borghi medievali, sta festeggiando infatti in questi mesi i 1150 anni dall’arrivo dei Santi Cirillo e Metodio, gli evangelizzatori dei popoli slavi (e attuali co-patroni d’Europa con san Benedetto) sul suo territorio con processioni religiose straordinariamente partecipate e manifestazioni civico-culturali che non si vedevano da anni, i più vecchi dicono addirittura da prima della quarantennale dittatura comunista. Il che sarebbe già qualcosa dal punto di vista della ‘notizia’, ma il bello deve ancora venire. Già, perché dalle parti di Bratislava siccome sono cattolici (loro!) hanno pensato bene, per commemorare lo storico anniversario della cristianizzazione, di emettere una moneta da un euro raffigurante proprio i Santi Cirillo e Metodio con l’aureola e la croce. Bello no?Finalmente un richiamo storico incisivo, direte voi. Macchè: si poteva immaginare che dalle parti di Bruxelles mica potevano star zitti di fronte a cotanto sfoggio orgoglioso di tradizione culturale e spirituale insieme. E infatti solerte come non mai la Commissione Ue (guidata dalla solita Francia) ha subito intimato agli slovacchi di fare marcia indietro, non sia mai si offenda qualcuno, scherziamo. Davide contro Golia insomma. Avrebbe potuto finire qui a questo punto e invece  proprio allora si è arrivati al meglio del meglio: perché da Bratislava hanno riposto allegramente picche. Della serie: i nostri padri sono quelli, se a voi non vi sta bene, affari vostri. Dunque, muro contro muro da una parte e dall’altra. Morale della favola: alla fine la moneta commemorativa è passata e, per non far scoppiare una vera e propria crisi, é stata la Commissione ha fare marcia indietro.   

E non è ancora tutto perché dall’altra parte del Paese, a Košice, che quest’anno è capitale europea della cultura, è stata appena organizzata la prima marcia nazionale per il diritto alla vita. Appoggiata dalla conferenza episcopale locale e da numerosi gruppi pro-life mitteleuropei la marcia ha sfilato per le vie di Košice a fine settembre richiamando una moltitudine di gente da far gridare letteralmente al miracolo: oltre 60.000 presenze per le forze dell’ordine, quasi 80.000 per gli organizzatori. Che dire, chapeau ragazzi. C’è da rimanere esterrefatti. Se si considera che in Italia siamo arrivati alla terza edizione ma non abbiamo mai neanche sfiorato certe cifre c’è di che meditare. Perché ci rifiutiamo di credere che la cultura pro-life del nostro Paese, la culla della Cristianità e la sede del Vicario di Cristo, sia così tanto inferiore, numericamente parlando, a quella slovacca. Né la maggiore convinzione della conferenza episcopale locale o l’appoggio sostanzioso delle delegazioni polacche e ungheresi può spiegare del tutto un risultato del genere, comparativamente palando. Le differenze ovviamente vanno ricercate anche più in profondità, nell’identità genuina e spirituale dei rispettivi popoli che evidentemente da quelle parti tiene più che da noi. Torna in ogni caso vero che l’esperienza comunista sul Danubio ha ricompattato vigorosamente le generazioni attorno alla fede mentre da noi la persecuzione di massa non c’è mai stata e questo forse alla lunga (ma lo diceva già Papa Giovanni Paolo II) ci é costato molto. Nel senso che abbiamo finito per dare per scontate cose che invece non lo sono, dimenticando o addirittura scegliendo consapevolmente di abbandonare la testimonianza impegnata, missionaria e apostolica. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti, ahinoi. Con questo, beninteso, non vogliamo dire che la Slovacchia oggi è il Paradiso in terra, perché non lo è: ma solo che, così a occhio nudo, sembra offrire più motivi di consolazione e, per un cristiano serio, persino di orgoglio di tante nostre ‘imponenti e altisonanti realtà’. Sinceramente, se non l’avessimo visto, non ci avremmo mai creduto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *