E' stato pubblicato il Rapporto 2016 dell'Associazione Meter di don Di Noto sulla pedofilia.

La pedofilia non è una malattia ma un crimine




Violenze sempre più raffinate, metodi di smercio sempre più sicuri e redditizi, aumento vertiginoso del materiale prodotto e condiviso sulla rete. Ma, soprattutto, boom di richieste di “prodotti” aventi per soggetti neonati tra zero e tre anni. È l’allarme lanciato da “Meter Onlus”, l’associazione nata ad Avola per volontà di don Fortunato Di Noto col fine di contrastare la pedofilia e la pedopornografia, anche quella online. Ogni anno l’associazione produce un Report per fare un quadro della situazione a livello globale, e quello relativo all’anno 2016 descrive un quadro decisamente allarmante.

 Internet, un buco nero

I dati sono decisamente spaventosi, e non lasciano spazio ad alcuna possibilità di miglioramento: «Milioni di immagini — si legge nel documento — (ne abbiamo contate quasi due, per la precisione 1.946.898 contro il milione e poco più del 2015) e tonnellate di gigabyte hanno continuato a rappresentare il dolore e le urla dei bambini da pochi giorni fino a 12 anni violentati e venduti un’infinità di volte da parte di abusatori che si mostrano ormai a viso scoperto, per nulla timorosi di essere perseguiti dalla legge di un qualche Paese». Questo perché Internet è diventato un luogo sempre più sicuro: abbandonati i social network (155 le segnalazioni tra Twitter, Facebook e Youtube e altri nel 2016, contro le oltre tremila nell’anno precedente) i pedofili hanno scelto forme più sofisticate di immersione, imparando a lasciare sempre meno tracce. Lo fanno utilizzando, ad esempio, dei Dropfile che consentono uno scambio di contenuti a tempo limitato, oppure sistemi crittografati (il più usato è la rete di comunicazione chiamata “Tor”) che rendono difficile la possibilità di identificare gli utenti.

Di Noto: serve approccio globale

«Purtroppo — è il commento di don Di Noto — il fatto stesso che i materiali siano individuati in Internet, su canali ad hoc, rende difficilissimo riconoscere sia le vittime che gli attori. Nel caso dei neonati, ad esempio, gli ambienti possono essere i più vari — talvolta sono addirittura ambienti ospedalieri — e accade pure che lo stesso ambiente ospiti in episodi differenti neonati diversi. È quindi complicato comprendere se dalle vittime sia possibile risalire ai familiari, ai tutori o a qualche mercato di neonati. Ad accrescere le difficoltà vi è il fatto che questi bambini sono piccolissimi, e non telefoneranno mai a nessuno per chiedere aiuto…». Cosa fare allora? «La più grande sfida, oggi, è riuscire almeno a individuare chi ha prodotto e chi ha immesso i materiali nella rete…», prosegue il sacerdote. «Già questo sarebbe un grande risultato. Ma bisogna lottare assieme, a livello globale, altrimenti ogni sforzo è vano. Il deep web è la dimostrazione che ormai la pedofilia è una tragedia mondiale sulla quale bisognerebbe intervenire globalmente. Serve dunque totale collaborazione tra le varie polizie, altrimenti le nostre segnalazioni cadono nel vuoto. Una collaborazione, di fatto, c’è: penso all’Europol, all’Interpol e ad altre forme di coordinamento europeo e internazionale tra forze dell’ordine, ma purtroppo non basta. Il fatto che esistano degli spazi web “liberi” in determinati Paesi, spesso caratterizzati da situazioni particolari come instabilità politica o assenza di leggi adeguate, spazi dove poter condividere materiale pedopornografico in sicurezza, la lascia dire lunga. Mettere d’accordo tutti non è facile, a partire dal concetto di base: siamo d’accordo tutti che la pedofilia è un crimine?».

Lo scandalo della violenza sui neonati

Tra i dati più sconvolgenti, come già detto, l’aumento esponenziale di materiali con neonati di età tra 0 e 3 anni: «È una tendenza — spiega don Fortunato — che rappresenta l’apice di una perversione criminale e sessuale con seri problemi. I neonati in questione vengono violentati, abusati, vessati anche ciclicamente, addirittura torturati. Purtroppo, più sono piccoli e più sono abusati. E anche richiesti: a tal punto che una sola foto può costare tra i 500 e i 1000 euro».

La pedofilia è un crimine

Ma ciò che è da sottolineare, è il concetto fortemente ribadito da don Fortunato e dall’associazione, anche nella presentazione del Rapporto (che riporta anche iniziative e altre azioni dell’associazione): «La pedofilia non è una malattia, ma un crimine (…). Costituisce una nuova forma di schiavitù che ha legami col traffico di esseri umani, la sottrazione, la schiavitù e l’orrore dello sfruttamento sessuale del minore. Riaffermiamo il dilagare senza sosta di questa realtà attuale e tragica, favorita dall’indifferenza di molti e da quella cultura economica che quantifica in denaro tutto ciò che è mercificabile (…). La rete dei trafficanti e dei pedofili si è ben inserita all’interno delle nostre stesse libertà».

 

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