Nel libro: ”La fede ragionata” (Edizioni Cantagalli, Siena 2013), il Direttore del settimanale diocesano di Trieste, Stefano Fontana, ha raccolto due anni di editoriali di Vita Nuova, nei quali ad un attento sguardo ai fatti quotidiani ha accostato un punto di vista di più ampio respiro.

La fede ragionata




Nel libro: ”La fede ragionata” (Edizioni Cantagalli, Siena 2013), il Direttore del settimanale diocesano di Trieste, Stefano Fontana, ha raccolto due anni di editoriali di Vita Nuova, nei quali ad un attento sguardo ai fatti quotidiani ha accostato un punto di vista di più ampio respiro attraverso una lente di ingrandimento che ha messo in rilievo i principi filosofici e teologici che dovrebbero garantire una lettura universale e cattolica degli avvenimenti.

Con questi presupposti logici, come si evince dal titolo del volume stesso, l’Autore ha voluto presentare un’analisi degli accadimenti reali che ricomponesse l’equilibrio tra fede e ragione e che non prescindesse dalla luce della fede. Infatti il lume naturale della ragione, da qui una “fede ragionata”, abbisogna dei contenuti della fede in modo che i dati naturali possano venire assunti e integrati dal dono soprannaturale della fede.

Su questa solida ed al contempo delicata base (rapporto fede e ragione), Fontana ha posto le fondamenta del fare un giornale cattolico, come evidenziato nei primi quattro significativi editoriali. In essi l’Autore ha rilevato quanto l’essere chiamati (vocazione) ad una direzione di un giornale dovesse corrispondere una risposta (responsabilità) che tenesse conto della proposta integrata, con San Pietro, di “dar ragione della fede che è in noi” affinché la fede potesse divenire cultura e quindi potesse, con le parole del Beato Giovanni Paolo II, essere vissuta e pienamente accolta.

Con questa chiarezza di intenti, Fontana ha rimarcato da subito l’importanza della Chiesa per la salvezza dell’uomo, ricordandogli della sua vocazione eterna apertagli da Cristo.  Pertanto, come ha sottolineato il Direttore: “La vocazione naturale trova luce e pienezza in quella soprannaturale, alla quale è ordinata”. Se quindi la Chiesa non è qui per se stessa, ma per la salvezza del mondo, è necessario confutare quanti hanno voluto separare Cristo dalla Sua Sposa, dalla Sua Chiesa poiché, con le parole stesse di Fontana: “Quando si vuole liberare Cristo dalla Chiesa, si finisce per asservirlo ideologicamente ad altri padroni”. Quest’opera di servizio all’uomo, divenuta emblematica nel sacrificio di Cristo fino alla morte sulla Croce, ha posto la missione della Chiesa a servizio del mondo, caratterizzandone l’Amore specifico: “Amare il mondo non significa tollerare tutte le sue espressioni … La Chiesa non è amica dell’uomo quando lo lascia così com’è, ma quando gli annuncia Cristo”.

A questa nobile assunzione di responsabilità come cattolico, l’Autore ha ribadito l’essere cristiano in tutte le sfere del vissuto quotidiano, rilevando le conseguenze coerenti come, ad esempio, nell’essere padri di famiglia e genitori: “Amare (il figlio) comporta richiamarlo alla sua propria verità, ricordandogli la sua autentica vocazione ed aiutandolo ad essere più libero”.

Con questa proposta educativa, Fontana ha aperto il libro con un’acuta riflessione autobiografica, in cui quello che a volte si reputa come inutile (in merito ai risultati ottenuti) non corrisponde all’insignificante: “L’inutile non è ciò che non è servito a niente e che si butta via, è invece quello che resta dopo aver buttato via i nostri successi”. La misura dello sforzo educativo non sta quindi nel successo mondano dei figli o delle proprie aspettative, ma nell’esercizio del volere il bene dell’altro anche senza corrispondenza.

Il problema della verità e della libertà dell’uomo è stato posto da Fontana dinanzi alla coscienza rettamente intesa, soprattutto in merito alla riflessione del Beato Card. John Henry Newman, in quanto la coscienza non era l’elemento soggettivo che ci protegge dall’autorità, ma è la voce della verità dentro il soggetto stesso (secondo la riflessione di Newman). In forza di queste considerazioni, Stefano Fontana ha potuto così riflettere sull’importanza della centralità di Dio nella vita ordinaria e delle conseguenze che derivano dall’edificare una società come se Dio non ci fosse: “Se Dio è irrilevante nella vita pubblica, allora la società potrà essere plasmata secondo un’immagine priva di Dio”. Anche secondo le parole di Benedetto XVI – “Quando Dio viene eclissato, la nostra capacità di riconoscere l’ordine naturale, lo scopo e il bene comincia a svanire” – la presenza del cattolico come sale della terra acquisisce una fondamentale e irrinunciabile importanza.

Nel capitolo “Parole triestine”, l’Autore ha potuto evidenziare anche attraverso i fatti di cronaca locale, con le premesse teologiche e antropologiche indicate precedentemente, l’importanza del lavoro (“Il lavoro trova pieno significato nella partecipazione all’opera di Dio … La dignità del lavoro sta nella persona che lavora e nel fatto che in ogni lavoro, qualsiasi esso sia, è impegnata tutta la persona”), della politica come necessario impegno dei cattolici a servizio del bene comune (“Se sparissero i cattolici, in politica si perderebbe di vista il significato pubblico del cristianesimo”) e del ruolo della coscienza (“La nostra coscienza non smette di lottare per farsi largo tra le pastoie della consuetudini che vorrebbero smorzarla. Ha solo bisogno di essere aiutata da dentro e dall’alto”).

Come ha giustamente rilevato il Vescovo di Trieste Mons. Crepaldi nella prefazione al libro: “Si è cercato di fare un Settimanale di qualità, di formazione oltre che di informazione, di approfondimento culturale alla luce della fede cattolica” . La raccolta di editoriali ha il pregio di superare la cronaca estemporanea e inevitabilmente datata dei fatti commentati, in quanto ha saputo unire ad un taglio giornalistico avvincente un’analisi dei contenuti mai banale né tantomeno dipendente dalle categorie della secolarizzazione. Esemplare, in questo senso, mi è parsa la critica serrata alla cosiddetta “cultura della modernità” che, negando l’origine religiosa della cultura stessa, secondo le parole di Fontana: “Si è fondata proprio sulla negazione di Dio vista come emancipazione e libertà”. Sulla scorta di tale pretesa innaturale, come ha sottolineato il Direttore, si è perduto il concetto imprescindibile di “natura umana” secondo il progetto di Dio: “Non dovremmo prendere sotto gamba l’eclisse del concetto di natura – e di natura umana – nella nostra cultura … La natura non è solo un mucchio di cose materiali … ma esprime una grammatica, un senso ordinato e ci parla di come è costituita la realtà e come noi dobbiamo comportarci se vogliamo rispettarla e rispettarci”.

Nel capitolo successivo denominato “Controcanto italiano”, Stefano Fontana ha potuto, nell’appoggiarsi alle indagini sociologiche e statistiche, esaminare il problema dell’invecchiamento della popolazione e del decremento delle nascite, auspicando un ruolo rilevante della famiglia intesa come matrimonio tra un uomo e una donna, in contrapposizione alle folli disposizioni di un “Pisapia teologo”, il cui primo atto è stato quello di istituire in Milano un Registro delle unioni di fatto. Anche la liberalizzazione degli orari dei negozi, così come l’assunzione acritica di termini come “spread” o “spending review” sono stati sottoposti ad attenta valutazione per una difesa di una corretta economia reale e della salvaguardia, secondo le parole del Direttore di “Vita Nuova” del significato della festa: “La liberalizzazione degli orari dei negozi non mi convince, anzi, sono proprio contrario … abbiamo bisogno della domenica, del Natale … abbiamo bisogno di avvenimenti e non di semplici e sempre uguali avvenimenti”. Il pregio di questo libro, anche nei capitoli successivi “Controindicazioni cattoliche” e “Sulla traccia di Benedetto XVI” è quello infine di proporre una visione del mondo in cui allargare la ragione, considerando il fatto quotidiano alla luce della fede e sottraendolo quindi all’inevitabile destino di un giornale con una sola dimensione orizzontale: quello di essere dimenticato o gettato nel cestino.  

(Foto di Francesco La Bella)

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