La Fede di Claudio Chieffo




“Tu non credere mai all’imperatore, anche se il suo nome è società, anche se si chiama onore, anche se il suo nome è popolo, anche se si chiama amore”.

 Tra i bei testi delle canzoni di Claudio Chieffo (1945-2007) questo appello rivolto al figlio Martino esprime la fede e l’abbandono al Padre del grande cantautore cattolico forlivese: “Credi solo in nostro Padre, che è venuto e che verrà a portare la giustizia contro la malvagità”. Come nella canzone: “Martino e l’imperatore” così anche nella Favola l’autore ricorda ai figli la presenza rassicurante di Dio nell’esistenza faticosa quotidiana: “Non avere paura figlio mio … non temere perché c’è Qualcuno con te”.

Chieffo ha testimoniato durante tutta la sua vita quale sia il vero Amore, quello a cui rivolgersi costantemente, anche nell’esperienza dell’amore umano: “Io vorrei volerti bene come ti ama Dio, con la stessa passione, con la stessa forza, con la stessa fedeltà che non ho io”. Nella Ballata dell’amore vero egli rappresenta mirabilmente il fragile amore umano che diventa grande se posto dinanzi a Dio: “Mentre l’amore mio è fragile come un fiore, ha sete della pioggia, muore se non c’è il sole”. Senza il Vero Sole (Cristo) anche l’amore umano è poca cosa, così come precarie sono le nostre facoltà dell’intelletto e della volontà senza la Grazia divina: “Ora son solo a ricordare che mi son perduto quando ho creduto in me: resta solo il rimpianto di un giorno sprecato e forse l’attesa di Te”.

Claudio Chieffo non ha mai rinunciato alla propria identità ed alla propria fede, anzi proponendola a tutti coloro, come all’amico Francesco Guccini, al quale ha dedicato una canzone spronandolo alla conversione: “Quando sentirai la Mia voce non cercare troppo lontano anche se il tuo passo è veloce, più veloce è la Mia mano. Non temere sentinella, non temere la notte; Io non sono il nemico, ma il giorno che viene”.

Di lui un altro cantautore famoso, Giorgio Gaber, ha detto: “Nelle canzoni di Chieffo c’è un’onestà, una pulizia, un amore naif che fa pensare. Siamo profondamente diversi, non solo per le sicurezze che lui ha e che io non ho, ma soprattutto perché nelle sue canzoni lui non fa mistero delle sue certezze”.

La strada maestra indicata da Chieffo, come nella canzone E’ bella la strada , è quella tracciata dal Signore e che l’uomo può riconoscere ed amare: “E’ bella la strada che porta a casa e dove ti aspettano già … è veramente grande Dio, è grande questa nostra vita”. Cantando si impara con Chieffo a rendersi consapevoli dei doni, primo fra tutti la vita, ricevuti; cantando si impara a gioirne senza tuttavia inorgoglirsi: “Io non sono degno di ciò che fai per me, Tu che ami tanto uno come me, vedi non ho nulla da donare a Te, ma se Tu lo vuoi prendi me”. Anche nella spassosa: “Avrei voluto essere una banda”, Chieffo ha ricordato con tenerezza l’illusorietà dei desideri che sembrano vanificati dai miseri progetti umani: “Volevo essere io tutto, dalla grancassa al clarinetto, la tromba il trombone e il sax tenore e, nello stesso tempo, il direttore” ma rivelati e redenti dietro ogni apparente fallimento umano da Colui che ha definitivamente vinto la morte: “Adesso suono sempre nella banda, col Direttore che la comanda, ma è una banda di grandi proporzioni, solo di trombe siamo due milioni!”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *