La civiltà araba in Spagna secondo V. Mercante




 

Per entrare nel clima del libro “Lo splendore della civiltà araba nella Spagna delle tre religioni” (Edizioni Il Murice, Trieste 2013, pp. 119, euro 10,00), scritto da Vincenzo Mercante e presentato da Graziella Atzori venerdì 17 gennaio, è davvero emblematica la Prefazione che parla di una Mostra allestita a Parigi sulle “Mille e un Notte”. Questo libro ha avuto una straordinaria fortuna, ha contribuito a diffondere la conoscenza della raffinatissima civiltà araba, la sua arte, il suo modo di vivere e di essere. La sua diffusione in Europa ha condizionato la moda, il costume, la cultura e anche la letteratura che ha tratto dalle “Mille e una Notte” molti spunti e contenuti.

L’idea di scrivere il presente saggio è venuta all’autore proprio dalla magnificenza di questa mostra che è, come ho già detto, il modello di un incontro e “dell’incontro”. L’incontro è la base dell’evoluzione. Niente può crescere nell’isolamento e nella chiusura. Per uno di quei paradossi che appartengono all’esistenza e alla storia umana, perfino lo scontro genera, ad ampio raggio e su un piano elevato di riflessione, un avanzamento. Il confronto infatti consente alle parti coinvolte una chiarificazione delle proprie posizioni, una loro verifica, un loro affinamento.

Una metafora tratta dal mondo naturale può aiutarci a comprendere più a fondo quanto importante sia l’incontro-confronto tra religioni e culture nell’avanzamento del pensiero umano. Come i metalli, attraverso l’attrito, generano scintille di fuoco e luce, così l’impatto appassionato e vivace tra le intelligenze, le fedi, le credenze e i modi di interpretare il mondo, la vita e l’Oltre stesso della vita, genera quelle scintille intellettuali che permettono di spostare sempre più avanti l’orizzonte della conoscenza e della vita in tutti i suoi aspetti.

Senza questo fecondo e illuminante “attrito” saremmo rimasti all’età della pietra.

La storia raccontata con rigore storico e con il consueto brillante tocco letterario da Vincenzo Mercante, è un fecondo terreno di verifica di queste idee. Attraverso le tormentate vicende della Spagna dominata dagli Arabi e poi riconquistata dai cattolici nel 1492 con la presa di Granada, l’autore ci fa leggere in filigrana il paradosso di una storia che fa convivere luce e tenebra, bene e male, violenza e armonia, tolleranza e discriminazione.

Questa storia, fulgida e tenebrosa ad un tempo, fatta di guerre ma anche di raffinatezze intellettuali, di evoluzione culturale – notevole la capacità degli Arabi di saldare le teorie scientifiche alla realtà concreta, traducendo le loro speculazioni in sane pratiche di conduzione della vita e di relazione con la natura e le sue risorse — e di altissime avventure dello Spirito, è stata ricostruita, così come viene esposta nel testo, dalla bravissima Atzori dotata di grande capacità di sintesi e di una singolare intuizione nella lettura dei più intimi significati sottesi ai diversi capitoli del libro.

La Spagna della dominazione araba fu epoca di splendore, di convivenza pacifica. Le tre grande religioni monoteistiche vissero per un periodo l’una a fianco dell’altra conferendo alla Spagna un volto magnifico e glorioso. Il cosiddetto Patto di Omar, siglato nell’VIII secolo, è, pur con i suoi limiti, una magna carta dell’integrazione e del dialogo che per molti secoli consentì una fruttuosa e pacifica convivenza tra musulmani, ebrei e cristiani.

Le differenze logicamente sono molte e rimangono tuttora. Come scrive l’autore, era molto sentita – e lo è ancora oggi – dai mussulmani la propria pretesa esclusività dal punto di vista dello zelo e dell’intensità della loro fede rispetto ai cristiani e agli ebrei reputati invece troppo tiepidi. Questo è un problema vivo ancora oggi e che si può variamente interpretare: è vero che i mussulmani sono più legati alle loro tradizioni, fermi nei loro principi etici, nei loro riti, mentre il mondo cristiano si è profondamente trasformato e spesso rischia anche di perdere le proprie radici fondanti e la forza del proprio messaggio.

Ma è anche vero che questo attaccamento proprio dell’Islam, se da una parte è motivo di maggiore fedeltà, è anche focolaio di fondamentalismi, intolleranze e violenze, mentre il mondo cristiano ha da tempo purificato la propria memoria e liberato il proprio corso da tanti detriti del passato.

Anche in questo caso il confronto e lo scambio darebbe buonissimi frutti: l’ardore nella fede propria all’Islam, che permea ogni aspetto della vita, potrebbe ridare passione, fuoco e vitalità ad una fede cristiana spesso spenta e demotivata, relegata in spazi privati o all’ultimo posto. Mentre il processo di purificazione della nostra fede da certi residui teocratici e oscurantisti del passato potrebbe consentire all’Islam di uscire definitivamente, nelle sue sacche di tribale violenza e arroccamento sul mito della guerra di religione, da certa atavica brutalità del tutto contraria ad ogni vera religione che sia degna di questo nome.

Un libro come questo ci fa riflettere, ci fa conoscere fatti non sempre illustrati nei libri scolastici di storia e soprattutto spinge sempre avanti l’orizzonte della nostra conoscenza e della nostra ricerca della verità.

 

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