Chiamereste in casa vostra un trafficante di esseri umani? Fareste accomodare sul divano una persona che ha stipulato un contratto per comprare un bambino?

Inaccettabile San Remo. Rispediamolo al mittente




Condividiamo l‘articolo di Benedetta Frigerio pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana a proposito dell’indecenza del Festival di San Remo che pubblichiamo qui di seguito. Condividiamo anche le critiche e le manifestazioni di contestazione delle Sentinelle in Piedi.

Cosa c’entra la musica italiana con una sfilata di gente che si è comprata i figli affittando gli uteri da cui sono stati strappati? E cosa ci fa sul palco dell’Ariston Diletta Leotta, la giornalista diventata famosa non tanto per le sue performance professionali ma piuttosto per quelle pornografiche girate in rete a sua insaputa? E perché lanciare una campagna contro il bullismo, anziché concentrarsi sugli astri nascenti della canzone? Ma soprattutto come motivare il lancio di un film che giustifica il divorzio e l’egoismo degli adulti? Propaganda, propaganda, propaganda. Non serve la dietrologia, e c’è poco da essere fissati con il gender, per riconoscere che la riposta può essere solo questa. Perché ormai ciò che importa al palcoscenico della musica nostrana è tutto tranne che la musica, appunto. 

E’ evidente da qualche anno ormai che il Festival di Sanremo funge da acceleratore al potere che, mirando a fare dell’uomo una sua marionetta, culla l’edonismo istintivo e ribelle dal limite e dalla dipendenza dal suo Creatore. Ad accorgersi, alla vigilia di questa edizione, e ad opporsi ad un’asticella ormai superata da tempo, sono state le Sentinelle in Piedi (Sip) che sabato prossimo alle 15 veglieranno in protesta (in Corso Imperatrice), data la partecipazione in chiave promozionale di Ricky Martin (vive con un uomo che si illude di poter “sposare”, con dei bambini pagati profumatamente e strappati dal seno e dall’utero materni e ha annunciato di volerne altri così).

Ma ad aggiungersi alle star arcobaleno c’è anche il cantante Tiziano Ferro, che si è messo a promuove lo sfruttamento dei grembi femminili usando la tattica vittimista della discriminazione di chi non permette a un uomo come lui di farsi un figlio da solo (se la prenda con la natura, piuttosto). Insomma, dai nastrini arcobaleno dell’edizione 2016, sventolati da vip e cantanti prima dell’approvazione della legge sulle “unioni civili”, si passa allo spot delle adozioni e compravendite umane Lgbt. Poco importa se la pratica dell’utero in affitto sia illegale in Italia e quindi la sua pubblicizzazione punita dalla legge 40/2004 (reclusione fino a due anni e multa fino a 1 milione di euro), perché al potere individualista e omosessualista, che ha comprato anche i media, tutto è permesso.

Ricordando che l’anno scorso avevano sfilato sul palcoscenico anche Nicole Kidman ed Elton John (altre due icone dell’utero in affitto), oltre che Thomas Neuwirth, uomo vestito da donna che si definisce trans facendosi chiamare Conchita Wurst, le Sip hanno quindi giustamente domandato se voi «chiamereste in casa vostra un trafficante di esseri umani? Fareste accomodare sul divano una persona che ha stipulato un contratto per comprare un bambino? Sareste disposti a pagare per farvi un caffè con un uomo che ha commesso un reato e non solo non è pentito, ma si prepara a rifarlo?». Non è mancata la risposta del padrone di casa Carlo Conti (affiancato da Maria De Filippi reduce dal nuovo format Lgbt di Uomini e Donne) che ha risposto alle Sip che  il loro è «un refrain già sentito l’anno scorso con gli strali contro Elton John e Nicole Kidman. Ma il palco dell’Ariston è per tutti». 

Per tutti sì, meno che per quelli che non hanno voce giustamente o che non la sanno ancora usare. Come i neonati prodotti in laboratorio da sperma e ovociti di uomini e donne che magari non conosceranno mai e cresciuti dentro grembi a cui verranno violentemente sottratti. O come i figli del divorzio i cui dolori sono minimizzati dal film di Antonio Albanese “Mamma o Papà?”, che verrà presentato a Sanremo per raccontare come normale la vicenda di due genitori in lotta per non ottenere l’affido dei bambini e così farsi i fatti loro. Perché, diciamocelo, anche la campagna per il bullismo, che mira a normalizzare le pulsioni omoerotiche, a tutto servirà ma non a difendere i piccoli indifesi.

 “E’ accettabile tutto questo?”, domandano le Sip. Bisogna chiederselo, perché un giorno ce ne sarà chiesto conto: «Un giorno questi bambini ci chiederanno dove eravamo mentre loro, piccini, venivano strappati alla mamma e trattati come un oggetto. Quindi chiediamo agli italiani: sarete pronti a rispondere a questa domanda?».

2 risposte a “Inaccettabile San Remo. Rispediamolo al mittente”

  1. Alessandro ha detto:

    Tutto giusto ma spiace vedere che il PDF popolo della famiglia, è stato ignorato dall’articolo. Il suo presidente Adinolfi è stato il primo a denunciare ciò che riporta l’articolo. A San Remo ci sarà anche una manifestazione del PDF , che sposerà anche quella delle sentinelle. Uniti si combatte ,soli si perde.

  2. Massimo Zamarion ha detto:

    Sono ormai due e forse tre decenni che il cosiddetto Festival di Sanremo non c’entra più nulla neanche con la musica. E’ diventato un “happening” e un “happening” può essere privo di qualsiasi contenuto, o farsi contenitore di qualsiasi contenuto: è come una piazza virtuale alla quale tutti si sentono in dovere di accorrere per non essere tagliati fuori non si sa da che. La musica (si fa per dire “musica”) è diventata solo un contorno o un pretesto per consentire la sfilata in piazza di una manciata di vip. E’ interessante notare che quando il Festival era ancora un Festival il pensiero egemone di sinistra manifestava il massimo disprezzo per una baracconata giudicata commerciale e volgare, degna della capitalistica società incivile: mica che avesse tutti i torti (anzi) dal punto di vista artistico, solo che, appunto, non era un giudizio disinteressato ma il pregiudizio di una setta. Ma col tempo, smaltito (perché non più utile) l’odio ideologico contro questo villico divertimento (nello stesso modo in cui svanì quello contro Hollywood) il Festival è diventato un altro pezzo invitantissimo di Italia da conquistare e declinare alla propria maniera: di qui l’okkupazione del Festival per metterlo a servizio della propaganda.

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