Il Sinodo sulla Famiglia ha condannato con chiarezza l'ideologia del Gender, già definita da Papa Francesco uno sbaglio della mente umana e una colonizzazione ideologica.

Il Sinodo sulla Famiglia si pronuncia con chiarezza sul Gender




Con la Relatio finalis, redatta a conclusione del recente Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia, la Chiesa è tornata a trattare della «teoria del gender» (o del «genere»), che già Papa Francesco aveva definito, in altre occasioni, «sbaglio della mente umana» e «colonizzazione ideologica».

E di «ideologia» parla anche questa Relatio, che al n. 8 recita:

«Una sfida culturale odierna di grande rilievo emerge da quell’ideologia del “gender” che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina».

Non si può negare la differenza reale tra i sessi

I Padri sinodali, dunque, ritengono che la «teoria del gender» sia una «ideologia» per quattro motivi principali:

1) Essa nega la differenza sessuale tra uomo e donna;

2) nega la reciprocità naturale tra uomo e donna;

3) svuota la base antropologica della famiglia;

4) induce educatori e legislatori a promuovere un’identità personale e un’intimità affettiva svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina.

Si tratta di motivazioni legate, innanzi tutto, ad un principio di evidenza o di realtà, secondo cui l’essenza dell’uomo e della donna non può essere annullata, solo per la miopia intellettuale congenita di chi diffonde le dottrine connesse al gender. Inoltre, secondo i Vescovi, emerge con chiarezza che all’equivoco teorico segue sempre una pericolosa applicazione pratica, per cui s’inducono i ragazzi e i cittadini a fondare la propria identità e i propri affetti sulla sabbia del relativismo, dopo aver cercato di annullare artificialmente la diversità biologica fra maschio e femmina.

La Relatio, al n. 8, trae la riflessione sul gender direttamente dagli insegnamenti del Santo Padre che, nell’Udienza generale del 15 aprile 2015, parlando della creazione dell’uomo e della donna, affermava: «La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza» maschile e femminile. E aggiungeva: «Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. […] La rimozione della differenza […] è il problema, non la soluzione».

Il Pontefice, dunque, individua il problema nella negazione della «differenza» specifica tra i sessi. E il problema sussiste per una motivazione di ordine teologico: «non solo l’uomo – diceva all’Udienza – preso a sé è immagine di Dio, non solo la donna presa a sé è immagine di Dio, ma anche l’uomo e la donna, come coppia, sono immagine di Dio». Eppure, questa verità non può essere raggiunta se non nella reciprocità, poiché – spiegava – «senza l’arricchimento reciproco in questa relazione – nel pensiero e nell’azione, negli affetti e nel lavoro, anche nella fede – i due non possono nemmeno capire fino in fondo che cosa significa essere uomo e donna».

C’è una nozione cristiana di gender

È, però, da chiarire che la vis ideologica del gender non è legata al vocabolo letterale: la Chiesa non ripudia, se correttamente inteso, il concetto di «genere», che è la traduzione italiana di «gender». La Segreteria di Stato Vaticano dichiarò, nel 1995, che la parola «genere» può essere accettata solo nel significato di «identità biologica-sessuale, maschile e femminile» ed escludendo, allo stesso tempo, «interpretazioni dubbie basate su concezioni molto diffuse, che sostengono che l’identità sessuale può adattarsi indefinitamente, per adeguarsi a nuove e diverse finalità».

Ancora più chiaro è il pronunciamento della Relatio che, al n. 58, ammette che vi sia un «ruolo sociale-culturale del sesso (gender)» accanto al «sesso biologico (sex)». Afferma, però, con estrema chiarezza, che i due ruoli si possono sì «distinguere», ma non «separare», come invece sostiene la teoria del gender. È vero, cioè, che l’identità di una persona si costruisce tanto sul dato biologico e anatomico, quanto su quello affettivo, sociale e culturale. L’evidenza, però, dimostra che la dimensione sociale della sessualità non si è mai trovata in contrasto con l’ambito biologico, pur nella sua autonomia, secondo l’insegnamento cattolico per cui le realtà temporali sono autonome, ma non indipendenti dall’unico fondamento in Dio.

È interessante, nella Relatio (sempre al n. 58), la riaffermazione della famiglia quale «spazio pedagogico primario», anche se non l’unico. Tanto più che «spesso vengono presentati modelli in contrasto con la visione cristiana della famiglia» e la «sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore autentico».

 

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