Il Rosario di padre Pavlicek




Siamo ormai arrivati alla fine del mese di maggio, il mese mariano per eccellenza, dedicato da secoli alla devozione mariana e in particolar modo alla recita del Rosario, la ‘preghiera di Maria’. Quest’anno, poi, per gli amici mitteleuropei alla tradizionale commemorazione mariana se ne è aggiunta un’altra di carattere storico, ma indissolubilmente legata alla prima, ovvero i 50 anni dalla liberazione di Vienna. Rievochiamo brevemente i fatti per chi non li ricordasse. All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, con la spartizione dell’Europa in zone d’influenza contrapposte ripartite tra i vincitori del conflitto Vienna rischiò seriamente di finire nelle mani dei comunisti sovietici che avevano già provveduto a inviare i carri armati e un contingente di 50.000 uomini sul territorio austriaco (strategicamente fondamentale nello scacchiere geopolitico), capitale compresa. A nulla erano valsi i ripetuti e frenetici tavoli diplomatici e le mediazioni terze delle grandi potenze: il destino dell’ultimo impero cattolico (con un imperatore Carlo d’Asburgo, successivamente beatificato) diventato ormai una piccola nazione senza più prestigio, né difese alcune, sembrava decisamente segnato. Sembrava, appunto. Finché non arrivò (dal Cielo, è il caso di dire) un frate cappuccino a cambiare il corso degli eventi. Si chiamava Petrus Pavlicek (1902-1982), per tutti semplicemente padre Petrus. Non era quello che si dice un politico o uno studioso di cose militari: era solo un francescano fedele alla sua vocazione e sinceramente devoto della Madonna. Talmente devoto che era andato proprio a Mariazell, il santuario mariano nazionale, per inginocchiarsi davanti alla Vergine e chiedere la libertà e la pace per il suo Paese. Non sapremo mai che cosa accadde durante quell’orazione accorata e fervente, sappiamo ‘solo’ (si fa per dire) quello che accadde dopo come lo stesso padre Petrus lo rivelò: il religioso giurò di aver udito la voce della Vergine mentre era in preghiera e questa voce gli comandava di diffondere la preghiera del Rosario in tutto il Paese. Il popolo austriaco sarebbe dovuto tornare subito a recitarlo, ovunque e dappertutto: nelle famiglie, nelle chiese e nelle processioni. Solo allora l’Austria avrebbe avuto la pace. Lungi dall’esitare nell’interpretare quel segno con l’ermeneutica citrulla del chissà-che-vuol-dire-in-realtà-veramente, il cappuccino non se lo fece ripetere due volte e portando in giro una statua della Madonna di Fatima (la cui festa pure, come noto, ricorre nel mese di Maggio) attraversò tutto il Paese indicendo una Crociata ininterrotta di preghiera, la più grande mai realizzata da quelle parti. L’obiettivo dichiarato era che a qualsiasi ora del giorno e della notte da qualche parte ci sarebbe dovuto essere un gruppo (o più) di fedeli che avrebbero recitato il Rosario per la Nazione. Passarono così settimane e poi mesi e poi anni, mentre il movimento di popolo cresceva a vista d’occhio, progressivamente. E la Grazia alla fine non tardò arrivare: nel maggio (guardacaso) del 1955, infatti, per motivi mai del tutto compresi dagli osservatori politici i sovietici si piegarono liberamente a firmare un trattato di restituzione dei territori occupati lasciando di propria volontà (della serie: neanche nella fantascienza più sfrenata) Vienna. Il cancelliere austriaco, Julius Raab, stupefatto dalla singolare quanto impensabile successione degli eventi non potè che constatare: “La preghiera è stata l’arma e la forza dell’Austria”. Per chi non è austriaco oggi la cosa non avrà forse molto valore ma chi si reca tuttora nella Franziskanerkirche di Vienna trova ancora una statua della Madonna di Fatima con una lapide commemorativa (“Simbolo della libertà della nostra Patria”) che ricorda il prodigioso evento. D’altra parte, Suor Lucia lo aveva detto a chiare lettere: se la Vergine lo ha raccomandato vuol dire che non esiste problema al mondo che non possa essere risolto grazie al Rosario. Nessun problema significa, letteralmente, nessun problema: quindi nemmeno quelli dei popoli e delle Nazioni. La lezione per noi oggi è che quelle parole restano vere come lo erano ieri e se hanno risolto una crisi politica internazionale allora per ammissione esplicita degli stessi Capi di Governo possono realmente risolvere qualsiasi altra questione. Si dirà che forse oggi manca un padre Petrus o un simile seguito di popolo, a cominciare dall’Austria, ma la conversione dei cuori comincia quando si inizia a cambiare innanzitutto il proprio senza aspettare che cambi prima quello di quell’altro o di quell’altro ancora. Al resto penserà Dio, e se non ci credete, è scritto persino nel Vangelo: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e [il resto] vi sarà dato in aggiunta” (Mt 6,33).

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