E’ verità sempre proclamata dalla Chiesa che in ogni epoca storica, per quanto difficile sia, Dio offra agli uomini tutto il necessario per salvarsi. In effetti, a seguire le mode del mondo e le sue maggioranze ondivaghe spesso rischiamo di dimenticarcelo. Prendiamo il caso dell’Austria. Ultimamente è salita alla ribalta (si fa per dire) delle cronache per un movimento di preti che, come direbbe mia nonna, e non solo mia nonna, vorrebbero la botte piena e la moglie ubriaca. Cioè, continuare a essere preti, perché è bello, ma con moglie e figli a carico, perché è bello anche questo. Per la verità, non è l’unica richiesta. Vorrebbero anche tante altre cosette. Alcune vecchie, altre nuove, ma tutte, sostanzialmente, accomunate dal conformismo relativista dei tempi che corrono. Eh già, mala tempora currunt, direbbe ancora e sempre mia nonna. E però, proprio in Austria, la culla dell’ultimo impero cattolico e del beato Carlo d’Asburgo come ricordavamo nell’ultima puntata di questi Controcanti, moriva qualche anno fa, Maria Simma. Descrivere chi è stata Maria Simma in due parole non è facile. Il rischio è quello di cedere al sensazionalismo irrazionale e al giornalismo da urlo (ma in realtà d’accatto) che certe volte albergano anche nel mondo cattolico. Per cui, se promettete di non alzarvi dalla sedia, ve lo diremo nel modo più pacato possibile: la signora Maria Simma, morta alla bellezza di 90 anni nel ridente paesino di Sonntag, settecento-dicesi-settecento abitanti (compresi i cani, i gatti e le galline, che c’erano per davvero), regione del Vorarlberg, quindi non molto lontano da qui, è stata una mistica, laica, che ha trascorso tutta la sua vita in estrema povertà, all’insegna letterale dei tre consigli evangelici, pur vivendo nel mondo come contadina, e testimoniando gli strani fatti che gli accadevano. E che cosa gli accadeva mai? La donna, cattolica devota ed obbediente, molto assidua ai sacramenti e assistita anche da un padre spirituale (il parroco di Sonntag), affermava di ricevere periodicamente delle visite dalle anime purganti, che si mostravano a lei chiedendole Messe di suffragio, sacrifici e digiuni affinché potessero giungere più rapidamente in Cielo, alla visione beatifica, nella gloria di Dio. Lei non conosceva queste persone. Quando però riferiva i dettagli della loro vita (che nessuno, ovviamente, se non i più stretti parenti, poteva conoscere) tutto combaciava. E molto di più: nel senso che spesso la donna riferiva fatti realmente avvenuti che nemmeno i parenti conoscevano. Continuando a chiedere suffragi. Sic et simpliciter. Siete ancora lì? Beh, se non siete caduti dalla sedia, buon segno, vuol dire che il vostro cattolicesimo tiene ancora.
In realtà, come noto, in sé ci sarebbe poco di cui sorprendersi: da Santa Caterina da Genova (quella del famoso “Trattato sul purgatorio”) a San Giovanni Bosco, a Santa Faustina Kowalska, a San Pio da Pietrelcina, la storia della Chiesa è piena di episodi del genere. Cioè di uomini e donne (il più delle volte consacrati, ma non solo) che hanno raccontato di queste esperienze. Di come cioè, conformemente a quanto recita il Catechismo e a quanto professiamo ogni Domenica nel Credo, dopo la morte ci attenda subito il giudizio e, a seconda dei casi, il Purgatorio, l’Inferno o il Paradiso. La prova provata è che diversi mistici, presenti e passati, hanno persino fatto esperienza tangibile di quello che il popolo di Dio proclama con la bocca. La santa più amata da Giovanni Paolo II (Santa Faustina Kowalska, appunto) è stata uno di questi. Nel suo celebre Diario della Divina Misericordia, tuttora uno dei libri più venduti al mondo della spiritualità cristiana, non mancano pagine che sembrano uscite da quelle più creative e fantasiose della Divina Commedia. Dove l’Inferno è proprio un inferno (perdonate il gioco di parole, ma tant’è) e il Purgatorio non è esattamente una passeggiata. Qui dobbiamo essere sinceri: la nostra sensibilità fa sempre più fatica di fronte a queste descrizioni dell’aldilà. Il silenzio catechetico che da decenni avvolge i Novissimi (stigmatizzato ultimamente anche da Benedetto XVI) è lì a dimostrarlo. Che ci sia una vita eterna nell’aldilà e che sia anzi quella la vera vita che ci attende, perché questa segnata dalla finitezza, dal dolore e dalla malattia non è che un’ombra, è qualcosa che si dice sempre di meno. In alcuni casi, forse, si ha persino paura di dirla. Perché potrebbe suscitare domande impegnative, scuotere o impressionare. Mentre si sa che l’undicesimo comandamento della civiltà postmoderna è proprio il contrario: ‘non impressionare’. Il progressivo oscuramento della morte dalla memoria pubblica delle nostre società è un effetto notevole, e altamente significativo, di questa convinzione diffusa. Non impressionare.
Dove vogliamo arrivare? vi chiederete voi. Da nessuna parte, è la risposta. Non vogliamo certo accostare Maria Simma a Santi già canonizzati o ritenere per questo ogni parola dei suoi scritti (oggetto peraltro di un vivace dibattito tra i teologi) come fosse il Vangelo. Perché il Vangelo già c’è e ne basta uno. Restiamo solo ai fatti. E guardando ai fatti, all’Austria di oggi e a una figura povera e umile come quella di Maria Simma, morta appena nel 2004, il contrasto non potrebbe essere più forte. Allora forse proprio questo è il messaggio da leggere in controluce. Scossa da una grande crisi di fede, l’Austria cattolica ha avuto comunque, per quasi un secolo, la testimonianza parlante, obiettivamente impressionante, tanto più per la sapienza dottrinale che manifestava di fronte ai dotti, di Maria Simma, quasi analfabeta per tutto il resto. Ma se anche non l’avesse avuta, prima ancora aveva pur sempre avuto quella, eccezionale, di Carlo d’Asburgo e della sua famiglia. Ecco, queste persone, diversissime per ceto e condizione, anzi che più diverse non si potrebbe, erano accomunate però dallo stesso Credo di sempre e hanno professato costantemente la fede nella “vita che verrà”, vivendo di conseguenza. Come dire: cari amici austriaci, con tutti i problemi della secolarizzazione e del relativismo, avete comunque sempre avuto i vostri testimoni e i vostri beati. Ora avete persino un Papa che parla la vostra stessa lingua. Quando andrete dall’altra parte, poi, non dite che non lo sapevate.
Lascia un commento