Il «J’accuse!» di Padre Henri Boulad, gesuita egiziano




J’accuse! Padre Henri Boulad, gesuita egiziano esperto di islam, lancia un’infuocata filippica al mondo accademico musulmano e alle gerarchie ecclesiastiche cattoliche
Henri Boulad, 86 anni, dall’età di 19 anni membro della compagnia di Gesù. Una vita dedicata all’Egitto e alla sua ricca, vivace e numerosa comunità cristiana. In seguito ai recenti attentati contro i Copti ortodossi, ha deciso di uscire allo scoperto e pubblicare una lucida riflessione sul rapporto tra islam e violenza, intitolata J’accuse!
Un’analisi tanto profonda quanto inequivocabile che merita di essere letta, i cui contenuti sono stati approfonditi dallo stesso padre Boulad nel corso di una lunga intervista rilasciata a TV Libertés, in Francia, la settimana scorsa.
– TVL: padre Boulad, qual è la situazione dei cristiani in Egitto e qual è il loro ruolo in seno alla società?
HB: Su novanta milioni di abitanti, in Egitto vi sono dieci milioni di cristiani, duecentomila dei quali sono cattolici e il resto copti ortodossi. L’importanza morale e culturale della comunità cristiana è, al di là dei numeri, considerevole. Nel paese troviamo centosettanta scuole cattoliche private che rappresentano un’eccellenza assoluta, scuole che sono frequentate al 60% da studenti musulmani.
– TVL: dopo i recenti attentati contro la comunità cristiana lei ha pubblicato una dura riflessione volta a destare le coscienze. A chi è rivolto, in particolare, il suo J’accuse! ?
HB: io accuso l’apparato ideologico che favorisce il comunitarismo, il radicalismo e, di conseguenza, il terrorismo islamico. Io accuso l’islam, poiché l’ideologia islamica è la fonte primaria del terrorismo. Questa ideologia è costantemente e ufficialmente veicolata nelle scuole e nelle grandi università islamiche che formano gli imam. Essa è presente nelle fonti e nei testi fondamentali: il corano, gli hadith, la vita di Maometto etc., fonti che legittimano l’odio e la violenza dei musulmani verso i non-musulmani.
Se noi leggiamo questi testi, ci accorgiamo che coloro che chiamiamo “terroristi” sono in realtà coloro che mettono in pratica alla lettera i dettati coranici nonché l’esempio di Maometto stesso.
Io ho quindi deciso di denunciare le vere cause del pensiero estremista perché occorre avere il coraggio di dire che non si tratta di fonti islamiste ma di fonti islamiche in tutto e per tutto, io voglio denunciare ciò che l’islam è e ciò che l’islam insegna.
Occorre avere il coraggio e l’onestà intellettuale di riconoscere che il primo centro di radicalizzazione islamica del mondo intero è l’università al-Azhar del Cairo (dove papa Francesco si è recato di recente). Si tratta della più importante università sunnita ed è presentata in tutto l’occidente come un’istituzione moderata e tollerante, ma non è così!
Un esempio illuminante che dimostra quanto sia ingannevole pensare all’al-Azhar come ad un’istituzione moderata: di recente il presidente Al-Sisi ha a più riprese richiesto ufficialmente ed espressamente ai vertici dell’al-Azhar di sopprimere ogni insegnamento facente riferimento alle fonti islamiche che incitano all’odio e alla violenza contro ebrei e cristiani. Tali richieste sono sempre cadute nel vuoto. Perché questo? Perché odio e violenza sono parte integrante e insopprimibile delle fondamenta dell’islam e quindi non possono non fare parte dell’insegnamento ufficiale degli imam e, di conseguenza, della loro predicazione. Sono proprio gli imam formati ad al-Azhar che in molte, troppe, moschee d’Europa vanificano ogni speranza di integrazione alla società occidentale delle nuove generazioni di giovani musulmani.
L’università al-Azhar del Cairo è il primo destinatario del mio J’accuse! perché essa è il primo responsabile del radicalismo che si diffonde in tutto il mondo.
– TVL: se da un lato il mondo musulmano si radicalizza, dall’altro vi sono nuovi pensatori o filosofi impegnati nella diffusione di un islam più moderato che mette da parte le fonti inneggianti all’odio?
HB: è necessario distinguere l’islam dai musulmani. Una cosa è l’ideologia religiosa (e le istituzioni che la propagano), un’altra sono i c.d fedeli. Io ritengo che i musulmani siano le prime vittime dell’islam, del fascismo islamico. Molti di questi musulmani sono in realtà persone pacifiche.
Il fascismo islamico invece non lo è, e non può essere assolto. Ritengo più coerente assolvere i terroristi che spesso sono cresciuti o sono stati immersi, nutriti a forza, di ideologia islamica e non hanno fatto altro che metterla in pratica, non hanno fatto nulla di diverso da ciò che i testi sacri, corano in primis, chiedono loro di fare.
Non è semplice dare un giudizio sulle “masse” del mondo musulmano.
Certo, al suo interno vi sono i giovani, vi sono i liberal-progressisti, che non accettano il radicalismo imposto dal “clero” islamico, in essi c’è la voglia di rompere le catene dell’ortodossia e dell’ortoprassia islamica. Tuttavia, si tratta di istanze ancora troppo minoritarie e, cosa ancor più grave, senza rappresentanza politica.
La maggioranza dei musulmani non chiede riforme e nello stesso tempo professa e vive una fede edulcorata, soft, limitandosi a rispettare la preghiera, il ramadan e parte dell’ortoprassi riguardante l’abbigliamento femminile o le regole alimentari, niente di più. La stragrande maggioranza dei musulmani vive seguendo uno standard di regole sufficienti per essere accettati in seno alla umma, per mescolarsi alla comunità dei fedeli, senza preoccuparsi dell’islam ufficiale. Questo perché l’islam, il vero islam del corano, degli hadith, l’islam dell’al-Azhar è semplicemente invivibile per la gente normale. Invivibile perché non lascia vivere. L’uomo è fatto per vivere tranquillo non per fare la jihad o per odiare.
In Egitto, coloro che incitano e predicano il vero islam, gli interpreti dell’islam delle fonti ufficiali, sono i Fratelli musulmani, non certo dei moderati… messi fuori legge da Al-Sisi, ma presenti ovunque, dappertutto, per questo l’islam non riesce a “modernizzarsi” e fallisce ineluttabilmente il necessario giro di boa della pace, del rifiuto dell’odio.
– TVL: père Boulad, il vostro J’accuse! è rivolto anche alle gerarchie cattoliche, tanto francesi quanto vaticane. Perché?
HB: perché i vertici della Chiesa sono troppo compiacenti nei confronti dell’islam radicale! Dal 1965, dal concilio vaticano II, la Chiesa ha deciso di iniziare un cammino di dialogo con l’islam. Quali sono i risultati di questo mezzo secolo di dialogo? Che quei paesi che un tempo erano le roccaforti della cristianità sono pieni di moschee mentre il mondo musulmano non conosce altro che discriminazioni, minacce e persecuzioni ai danni dei cristiani! Uccisi, cacciati! Che bel dialogo…
Non mancano i testi, i congressi, le conferenze, i caffè insieme, le dichiarazioni congiunte con i musulmani… abbiamo visto il papa recentemente al Cairo. E poi? Risultati concreti? Zero assoluto.
Per questo motivo, sono convinto che il solo vero dialogo provvisto di senso sia quello costruito sulla verità e sulla ragione. A carte scoperte, sul tavolo, come ebbe il coraggio di fare papa Benedetto XVI. Il coraggio di mettere il dito nella piaga, sfidando il politicamente corretto, e di domandare ai musulmani: “cosa volete farne delle incitazioni alla violenza e all’odio presenti nei vostri testi sacri e nell’insegnamento che da essi derivate?”.
Le conseguenze del discorso di Ratisbona furono alquanto paradossali. Da un lato, in occidente il Papa è stato accusato di intolleranza, razzismo e quant’altro, mentre nei paesi islamici si bruciavano chiese e si ammazzano i preti!
È chiaro che ognuno, cristiani e musulmani si richiama ai propri testi sacri, un punto d’incontro non può che essere trovato che sui valori comuni, la pace, il rispetto reciproco, la ragione, e sul riconoscimento dei fatti storici. Ma siamo sicuri che l’islam sia pronto a questo passo? Guardando gli ultimi mille e cento anni di storia e ancor più gli ultimi cinquant’anni…direi di no.
– TVL: il papa attuale, papa Francesco, è come voi un gesuita, questa circostanza non vi aiuta a dialogare con lui, a capire la sua strategia o a cercare di elaborarne una più efficace?
HB: Qualche mese fa gli ho scritto una lettera: “padre santissimo e fratello carissimo – visto che siamo entrambi gesuiti – vi ammiro e vi stimo ma permettetemi di farvi notare due cose. Primo, l’islam con il quale dialogate e del quale parlate voi non lo conoscete! (visto che in Argentina la presenza musulmana è pressoché inesistente), poiché l’islam è quasi impossibile da capire finché non ci si è vissuti con, a fianco, dentro! non si può studiare sui libri, non basta!
Secondo: questa invasione dell’Europa da parte di migranti musulmani che benedite e incoraggiate, merita una riflessione più profonda”.
A questa mia lettera, il papa non ha mai risposto. So con certezza che il cardinal Schönborn gliel’ha consegnata personalmente. Allora ho deciso di tradurre la lettera in spagnolo e di fargliela consegnare da un amico, vescovo egiziano, in occasione della sua visita recente in Egitto, quindi l’ha ricevuta anche questa volta. E anche questa volta non mi ha risposto.
Ovunque, trovo persone che mi confermano che il papa risponde, o fa rispondere ai suoi segretari, anche ai biglietti di auguri di Natale.
Eppure a me, suo confratello, più anziano per giunta, della Compagnia di Gesù, che si rende disponibile a dialogare con lui su uno dei temi più scottanti della nostra epoca, niente, non risponde. Sono francamente sorpreso, e un po’ amareggiato.
A cura di Luca Costa
Fonte: http://www.culturacattolica.it

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