I nomi dei progetti sono ormai noti, o almeno l'informazione dei pochi giornali non allineati ideologicamente - in particolare Vita Nuova - ha fatto di tutto per diffonderli.

Il FVG: laboratorio permanente per l’agenda delle lobby LGBT?




Finalmente sembra che, dopo i genitori delle scuole friulane, anche le mamme e i papà di quelle triestine abbiano aperto gli occhi su quel che succede nelle aule dei loro figli, dalla scuola dell’infanzia alle superiori.
I nomi dei progetti sono ormai noti, o almeno l’informazione dei pochi giornali non allineati ideologicamente – in particolare Vita Nuova – ha fatto di tutto per diffonderli: “Gioco del rispetto” per le scuole dell’infanzia del comune, “Progetto porcospini” per le scuole primarie, “A scuola per conoscerci” e “Progetto Afrodite” per le scuole superiori.
Sono progetti che mirano a diffondere l’ideologia gender, cioè l’obbligo di considerare indifferente e soggetto a scelta personale e mutevole il sesso della persona, che promuovono l’accettazione e la diffusione di modelli di comportamento eticamente non condivisi dalle famiglie cattoliche o eticamente formate (uso di sostanze stupefacenti, promiscuità sessuale), che puntano a distuggere il primato educativo della famiglia per sostituirlo con un massiccio piano di interventi rieducativi dello Stato. Gli obiettivi veri sono abilmente nascosti dietro parole che devono mettere in guardia i genitori che hanno a cuore l’educazione etica e religiosa dei propri figli: contrasto all’omofobia e al bullismo omofobico, educazione alla salute e al benessere, educazione alle emozioni e simili.
Grazie alle particolari condizioni politiche, il Friuli Venezia Giulia, e Trieste in modo particolare, costituiscono una sorta di laboratorio permanente per l’agenda della lobby LGBT, che coordina le associazioni militanti di lesbiche, omosessuali, bisessuali e transessuali. Alcuni obiettivi dichiarati delle associazioni in questione sono: ottenere l’approvazione del ddl Cirinnà, in modo particolare per quel che riguarda l’adozione di bambini ottenuti in qualsiasi modo, sfruttare il mondo della scuola, dell’educazione e della sanità per rieducare i bambini e gli adolescenti secondo i modelli dell’ideologia gender e della promiscuità sessuale, condizionare il mondo dell’informazione e della comunicazione per eliminare le voci di dissenso e orientare a proprio favore l’opinione pubblica.
Purtroppo, la capillare diffusione di questa strategia rende difficile la reazione delle famiglie, alle prese con i mille, concreti, pressanti problemi della vita quotidiana; le istituzioni scolastiche non garantiscono trasparenza nella diffusione di informazioni relative ai progetti, non riconoscono neanche ai genitori la facoltà di autorizzare o meno la partecipazione alle “lezioni” di rieducazione.
La direzione scolastica regionale rifiuta di riconoscere ai genitori del Friuli Venezia Giulia il diritto di educare i propri figli nel rispetto dei valori etici, culturali e religiosi di ogni famiglia; sostiene, infatti, che questi progetti, una volta approvati dalla maggioranza dei docenti e dei genitori che fanno parte del Consiglio di Istituto delle scuole, diventano curricolari, cioè obbligatori per tutti: come la matematica e l’italiano! Genitori, insegnanti e studenti devono coordinare gli sforzi per resistere ad un attacco senza precedenti all’integrità della persona e alla libertà delle coscienze.
Ma, ancora una volta, Papa Francesco ci dà rinnovata energia per orientare le scelte educative e rifiutare dunque i progetti imposti nelle scuole triestine: “La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna…Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione” (dal testo integrale della Dichiarazione comune firmata all’Avana da Papa Francesco e il Patriarca Kirill, 20). Se questo è vero, ne discende a cascata che distuggere, destrutturare, minare alla radice la famiglia naturale non è accettabile per un cristiano: chi considera la mamma un concetto antropologico e il papà uno stereotipo culturale da eliminare non ha diritto di imporre la sua ideologia a tutti i bambini e adolescenti del Friuli Venezia Giulia.

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