Non tanto per una qualche vertiginosa riflessione, non tanto per una chissà quale geniale intuizione. Non crede in Cristo perché non gli piacciono i cristiani. Come al Mahatma Gandhi.

Il fisico Carlo Rovelli non crede in Dio perché non gli piacciono i cristiani. Tutto qua.




Il fisico Carlo Rovelli ci fa sapere, sul Corriere della Sera del 25 novembre scorso, che non crede in Dio. Niente di nuovo. Le spiegazioni che fornisce sono quelle arcinote dell’ateismo o del deismo classico. Non gli «piacciono quelli che si comportano bene per paura di finire all’inferno», ma preferisce «quelli che si comportano bene perché amano comportarsi bene». Davvero nulla di nuovo: li preferiva già Immanuel Kant, con la sua morale del dovere per se stesso.

Rovelli non crede in Dio perché – spiega – «non mi piace consolarmi della morte pensando che Dio mi accoglierà». Preferisce «guardare in faccia la limitatezza della nostra vita e imparare a sorridere con affetto a sorella morte». Niente di nuovo. Gli aveva già risposto san Paolo: ma, se le cose stanno così, «mangiamo e beviamo, perché domani moriremo».

Al fisico poi non piace «chi si dedica al prossimo e coltiva la giustizia pensando in questo modo di piacere a Dio». Gli piace, invece, «chi si dedica al prossimo perché sente amore e compassione per le persone». Neppure qua c’è l’ombra di qualcosa d’inaudito. La filantropia era il piatto forte già degli stoici. Rielaborata dagli illuministi, divenne operativa nel secolo XIX: con il pretesto del senso umanitario, si volle detronizzare Dio e intronizzare l’uomo.

E inoltre a Rovelli non piacciono molte altre cose, sfacciatamente cattoliche, di cui stila l’ennesima lista formale. A lui non piace: «emozionarmi davanti alla natura perché Dio l’ha creata così bella», «chiudermi nel silenzio e pregare Dio», «ringraziare Dio», «sapere cosa è bene e cosa è male». Ancora niente di nuovo. Non gli piace, specialmente, «chi si rifugia nelle braccia di una religione quando è sperso, quando soffre».
Viceversa, a lui piace: «parlare alle piante, dare loro da bere se hanno sete, amare, guardare il cielo in silenzio». Cioè fare le stesse cose di chi crede in Dio.

Ma perché quest’elenco, tutto sommato noioso, di luoghi comuni, di cose che a lui piacciono e a lui non piacciono? Per giungere finalmente a rivelare il vero motivo per cui egli non crede in Dio. Non tanto per una qualche vertiginosa riflessione, non tanto per una chissà quale geniale intuizione. No, dichiara alla fine: non credo in Dio perché «vorrei essere simile alle persone che mi piacciono, e non a quelli che non mi piacciono». Non crede in Cristo, dunque, poiché non gli piacciono i cristiani. Come al Mahatma Gandhi.

3 risposte a “Il fisico Carlo Rovelli non crede in Dio perché non gli piacciono i cristiani. Tutto qua.”

  1. miro kosic ha detto:

    Chi non conosce la carezza del Nazareno poco, quasi per nulla, può conoscere l’uomo.

  2. Carlo Rovelli ha detto:

    Sono emozionato per il paragone con Gandhi, di cui vi ringrazio di cuore, ma che certamente non merito neanche di lontano. Gandhi è stato un grandissimo uomo, io sono piccolo piccolo. Ma non è vero che non mi piacciono i cristiani. Perché lo scrivete? Tutt’altro. Potrei fare una lista lunghissima di cristiani straordinari che ammiro profondamente, sia passati che presenti, che non amano le stesse cose che non amo io. Uno di loro mi ha scritto, con mia grande emozione, proprio due giorni fa. Rileggete il testo e fate attenzione: quello che dico è tutt’altro! Con amicizia. Carlo Rovelli

  3. Silvio Brachetta ha detto:

    Caro Rovelli, ma l’indice dei libri proibiti non significa che sono proibiti gli autori. Anzi, come fisico lei ha colto un’intuizione vera sul tempo, qualunque cosa pensi sulla verità.
    Questo è il dono che le fa Dio: è un dono grande, ancorato alle stesse colonne su cui poggia l’universo.
    Certo è solo un’intuizione, ma se prendesse solo in considerazione di cercare almeno di scambiare qualche parola con il Cristo, sono sicuro che dalle porte arcane del mondo ne giungeranno della altre.
    Buon Natale

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