Non ci sono più scuse. La Rete della pubblica amministrazione contro la discriminzione di genere è imbevuta di ideologia omosessualista e con la scusa del bullismo si insegnano cose improponibili. Il Comune disdica la sua adesione.

Il Comune di TS esca dalla RE.A.DY




La Re.a.dy è la Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni
Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Essa collega gli enti locali che vi aderiscono nella lotta alla discriminazione di genere. Il comune di Trieste ne fa parte. Se un  tempo potevano esserci dei dubbi su dove avrebbe portato questa Rete e si poteva ingenuamente credere che si trattasse solo di educare i ragazzi a non fare i bulli a scuola o ad insegnare loro che uomo e donna hanno la stessa dignità, ora quel tempo è finito. Si sa che la Re.a.dy è uno strumento operativo dell’ideologia gender con cui si vorrebbe insegnare ai nostri bambini e ragazzi che essere eterosessuali, omosessuali, bisessuali o transessuali è lo stesso. La lotta al bullismo è solo una scusa, lo scopo è cambiare i libri di testo, fare educazione sessuale per insegnare ad usare il preservativo già a 12 anni sia per uso etero che omo, mostrare film o rappresentazioni teatrali che impongono l’omosessualismo. Nel mirino c’è la complementarietà naturale tra uomo e donna e quanto ne consegue, a cominciare dalla procreazione e dalla famiglia.

Ripeto: se un tempo si poteva anche fingere una certa ingenuità, oggi non si può più. Su questa ideologia esistono ormai i libri di testo, i video, i copioni per le rappresentazioni teatrali, i film didattici. Esiste il testo ideologico della Strategia dell’UNAR e del Ministero per le pari opportunità, con i contestatissimi (anche da Vita Nuova) fascicoli per le scuole. Ma soprattutto ormai esistono le  prove.

Recentissimo il caso del Comune di Livorno che, ritenendo che parlare di unione tra un uomo e una donna «crei disagio ai bambini con diverse sensibilità», ha escluso un progetto di una associazione che nel suo statuto dice di promuovere la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Posizione ritenuta poco innovativa e discriminante.

In occasione della settimana contro il razzismo, l’UNAR ha proposto per le scuole una commedia dal titolo Vicini in cui si parla di un condominio che accoglie le coppie omosessuali ma non le famiglie con bambini.

I genitori si stanno mobilitando, come abbiamo chiesto anche noi nello scorso editoriale di Vita Nuova, perché anche in Friuli Venezia Giulia e a Trieste molte sono le iniziative che, sotto la dubbia etichetta della lotta alla discriminazione, vorrebbero imporre una nuova visione delle relazioni umane. Anche qui da noi molte iniziative di formazione dei docenti e attività con gli alunni sono affidate ad associazioni omosessuali e non vorremmo – ma ormai il dubbio si avvicina molto alla realtà – che questo fosse fatto senza interessare gli organismi scolastici competenti e, soprattutto, i genitori.

I consiglieri comunali di Trieste che hanno a cuore i nostri bambini e sentono il dovere di coscienza di fermare questa deriva, a qualsiasi parte politica appartengano, si mobilitino attorno ad una mozione perché il Comune disdica la propria appartenenza alla Re.a.dy. Con rispetto parlando, non vogliamo finire anche qui a Trieste come al Comune di Roma o a quello di Livorno.

Una risposta a “Il Comune di TS esca dalla RE.A.DY”

  1. Sara ha detto:

    C’è troppo rispetto umano per uscire RE.A.DY…Bisogna essere di idee aperte,il modo cambia! Non siamo mica nel Medio Evo! Però il Vangelo,che molti di loro ascoltano la domenica a Messa,ha 2000anni ed è sempre molto attuale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *