Il circolo vizioso dell’emancipazione sessuale




Da decenni – da dopo il ’68 – si cerca di insegnare ai giovani e ormai ai giovanissimi, che l’unico modo di gestire positivamente la propria sessualità sia liberare l’uomo e la donna dai vincoli in cui morale (cristiana) ha stretto la società per secoli.

Sono circa quarant’anni che nei paesi occidentali “evoluti”, passando dalla teoria alla pratica, ormai è tutto un fiorire di liberatori “corsi di educazione sessuale” ad ogni livello. Purtroppo però non sono stati al passo con le aspettative!

Mai come oggi, complice mass media e tecnologia, si assiste ad una svendita così banale (per soldi o anche meno) di corpi e anche delle anime. Aumentano gli aborti, la prostituzione adolescenziale, la pornografia e cresce tutto quel mercato che lucra sul corpo e sul sesso. I giovani, liberati dai loro “tabù” sessuali, sono stati gettati nella quotidianità senza più barriere e difese.

Stanti gli scarsi risultati per rimediare all’errore, i guru dell’emancipazione sessuale, perseverano in esso proponendo più educazione sessuale e più libertà per tutti e trovando sponda in una pletora di tanti studi psicologici, spesso del tutto autoreferenziali, ormai fuori controllo. Costose ricerche (eh si, tutti devono campare!) la cui unica risultante è l’assioma secondo cui l’uomo è veramente felice se lasciato vivere nel modo in cui si sente effettivamente si essere e di divenire.

Secondo i nuovi “teologi” delle emozioni l’uomo, sin dal suo essere bambino, capisce chi è solo partendo dalla scoperta del proprio vero sesso, ovvero si identifica nel riconoscimento della propria sessualità. Da qui l’insistenza per l’educazione sessuale nelle scuole (spesso tecnicistica e svincolata da ogni morale e da ogni riferimento all’affettività) che complice i governi (illuminati) viene imposta.

Ci si riduce all’idea che l’uomo sia solo un animale un poco più intelligente di un istrice o di un labrador (con somma gioia di vegani e neo-vegani) e come un animale prima di tutto deve appagare i suoi istinti. Rimane un ultimo passo. A verniciare di verità l’assunto due universali passe-partout: il rispetto dei sentimenti e la lotta alla discriminazione.

Impossibile controbattere. La “frase tipo” oggi di moda: “questo è quello che sento e chi sei tu per potermi criticare”, toglie ogni spazio a qualsiasi modalità dialettica, perché la critica di un presunto stato esistenziale, di per sé già negativa, viene immediatamente considerata discriminante. L’escludere la possibilità di critica non lascerà spazio alcuno alla persona di riflettere sulla propria posizione e anche all’eventuale errore che in essa si potrebbe celare. È proprio grazie a questo assioma (“chi sei tu per giudicarmi”) che il relativismo può trionfare e la marcia di distruzione dell’umano, che passa anche attraverso tanti progetti di eduzione sessuale, continua indisturbata il suo percorso, creando un mondo dove si è dimenticato che certi desideri possono anche essere un’invenzione della società che, lautamente, ci guadagna sopra.

di Matteo Carletti

Fonte: http://www.libertaepersona.org

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