Fede cristiana, passione per la cultura e cura pastorale del suo popolo. Mons. Malnati rievoca la bella figura di don Jakomin attraverso i numerosi rapporti avuti con lui.

Fede cristiana e passione pastorale




La mia amicizia con don Jakomin risale al convegno ecclesiale “Cristiani a confronto”: con don Mario Cividin e don Dusan, scegliemmo l’artista per il manifesto diocesano. Da lì nacque la nostra collaborazione per la sensibilizzazione ecumenica anche nella parte della Diocesi di espressione slovena, con il coinvolgimento di don Kosmač, parroco di Rismanie.

Ci hanno legato come interesse ecclesiale due encicliche a lui e a me care. La Pacem in terris di Giovanni XXIII con una lunga amicizia con il card. Capovilla e la Populorum progressio di Papa Paolo VI, che egli incontrò a Gerusalemme, grazie alla sensibilità di mons. Macchi, Segretario di Montini, nel primo pellegrinaggio di un Pontefice Romano nella Terra di Gesù.

Fu vicino alle attività culturali dell’associazione Studium Fidei.

Con lui abbiamo sognato una collaborazione con la facoltà teologica di Lubiana per il nostro clero e laicato.

Con lui abbiamo fatto presente l’opportunità di prendere in esame la situazione pastorale dei fedeli di espressione slovena sparsi nelle tre diocesi del Friuli Venezia Giulia, chiedendo di pensare ad una soluzione che desse corpo significativo a quei fedeli, che, pur rimanendo legati alle varie diocesi, avessero un loro comune Ordinario, sia pur facente riferimento ai Vescovi nel cui territorio i fedeli appartengono. Era un progetto che non dispiaceva ad alcuni ambienti della Santa Sede.

Ci trovammo maggiormente impegnati insieme durante il processo diocesano del Servo di Dio mons. Ukmar. Offrì con generosità i documenti personali e i quaderni delle predicazioni del Servo di Dio, oltre ai suoi studi per la riforma del calendario, per il rispetto delle minoranze, per l’annullamento dei matrimoni, per una nuova riflessione sull’escatologia cristiana.

Semplici e significativi i nostri incontri nel comune luogo di Servola, dove ci si vedeva a pranzo. Gli argomenti trattati non erano mai banali o di “basso cortile”: si parlava della Chiesa, del laicato, delle comunicazioni, dell’arte e della vita spirituale.

Poi decise di farsi operare. Si era da qualche anno rimesso dalla frattura del femore che aveva ridotto la sua attività. Aspettava di farsi ricoverare dopo l’inaugurazione del murale artistico della “sua” Casa della cultura. Così fece.

Cercai di essergli discretamente vicino, sia all’ospedale che a pineta del Carso.

Giovedì, dopo il Consiglio presbiterale e il “pranzo povero” della mia parrocchia, volli andare a salutarlo. Arrivai dopo qualche minuto che era spirato.

Caro Dusan, molto hai dato alla tua gente e lo hai fatto con la tua personalità intrisa di cultura e di fede.

Grazie per la tua amicizia, leale e mai servile

 

 

Don Ettore

 

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